Continua a interessare la cronaca del nostro Paese la vicenda dell’orso JJ4, divenuta tristemente famosa per aver aggredito e ucciso un uomo e per essere ora nel mirino delle istituzioni, in particolare nella persona del presidente della Regione autonoma del Trentino Alto-Adige Maurizio Fugatti. Tra accuse, rimpalli di responsabilità e ordinanze di abbattimento – per fortuna cadute finora nel vuoto – la vicenda continua a smuovere l’opinione pubblica.
Facendo una ricerca sul web, quello che salta subito all’occhio è uno schieramento forte e netto dalla parte dell’orso: non solo le associazioni animaliste ma anche politici, intere testate giornalistiche e giornalisti, esperti e personalità di spicco prendono le parti dell’animale, la cui unica colpa è quella di essersi comportato secondo la sua natura. C’è chi, a chiare lettere, ha accusato a più riprese Fugatti di aver “dichiarato guerra” agli orsi del Trentino e di aver usato le ordinanze di abbattimento (molteplici, nel corso degli ultimi anni, per orsi considerati “aggressivi) come veri e propri strumenti di vendetta. Insensata, vuota, spietata, aggiungeremmo noi.
Dal canto nostro, è ovviamente un bene che quasi l’intero Paese veda in questa vicenda e in altre simili un attacco ad armi impari nei confronti di una specie che deve la sua proliferazione su un territorio all’essere umano e alle sue decisioni arbitrarie, costretta a vivere in un habitat inevitabilmente contaminato dalla presenza umana. Un’ingiustizia assolutamente imperdonabile, a cui si deve mettere fine a tutti i costi. Eppure, se di ingiustizie stiamo parlando, è forse bene puntare i riflettori su quella che ci consente di schierarci dalla parte di Jj4, mentre addentiamo un panino al prosciutto, un vero controsenso: perché la questione degli orsi in Trentino ci indigna, ma la morte di miliardi di animali nei macelli di tutto il mondo no?
La distorsione del pensiero come base del sentire comune
Come abbiamo avuto modo di ribadire più volte, tutto si riduce alla distorsione del pensiero (arbitraria, anacronistica, senza fondamento scientifico) che ci porta a categorizzare gli animali come “da reddito” e “da affezione”, riservando ai primi una breve vita di sofferenza e privazione negli allevamenti, e ai secondi protezione e cura.
Che senso ha indignarsi per la condanna a morte di un singolo esemplare di orso, quando le nostre abitudini quotidiane ci portano a finanziare direttamente e indirettamente la sofferenza e l’uccisione di oltre 80 miliardi di animali ogni anno? Stime al ribasso, come diciamo sempre, dal momento che in questo numero enorme non rientrano i pesci e tutti gli esemplari (tanti) che muoiono negli allevamenti o durante i trasporti prima di arrivare al macello.
Crediamo che ciò si risveglia nelle coscienze della maggior parte delle persone quando si ha a che fare con vicende come quella dell’orsa del Trentino JJ4, sia l’emblema del problema che la nostra specie ha sviluppato con tutte le altre: partendo da un’idea di supremazia del tutto infondata è nata la convinzione di poter disporre a piacimento della vita e dei corpi di altri animali, arrivando alla categorizzazione dell’importanza delle altre specie in base alla loro utilità per l’essere umano. Un’aberrazione senza senso, che eppure è alla base del nostro modo di rapportarci alla realtà.
Non c’è nessuna motivazione valida per cui si possa considerare “giusto” mangiare una bistecca, ma non disporre l’abbattimento di un animale che vive in natura; non c’è alcuna differenza, dal punto di vista morale o scientifico, tra la sofferenza di un orso e quella di un maiale; non c’è nessuno al mondo che possa decidere che la vita di un orso, di un cane o di un gatto valga di più di quella di un vitello, di un pollo o di un maiale.
Mettiamo da parte l’ipocrisia e smettiamo di puntare il dito contro ciò che ci disturba solo perché lontano dalle categorie di “giusto” e “sbagliato” su cui si basa la nostra società e cominciamo a guardare alla bistecca che portiamo in tavola come a un’aberrazione a cui mettere fine con lo stesso fervore con cui ci schieriamo (giustamente) dalla parte degli orsi del Trentino.
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