Joe è con noi

Promiseland -

Fuori è l’alba, un’alba troppo tranquilla per comprendere il ciclone che è dentro di noi. Cerco un po’ di luce attraverso la tenda e, mentre penso alle parole giuste, un fragile raggio di sole illumina gli altissimi pini. Il silenzio è rotto solo dal gracchiare dei corvi. Tutti dormono. Io non so se sono realmente […]

Fuori è l’alba, un’alba troppo tranquilla per comprendere il ciclone che è dentro di noi. Cerco un po’ di luce attraverso la tenda e, mentre penso alle parole giuste, un fragile raggio di sole illumina gli altissimi pini.
Il silenzio è rotto solo dal gracchiare dei corvi.
Tutti dormono.

Io non so se sono realmente sveglio, oppure se tra un po’ mi accorgerò che questo è solo un lungo incubo… Poi rifletto e capisco che, invece, ho sognato, hovisto ed ho sognato. Ho visto un uomo insegnare ad altri “uomini” la giusta dignità per morire, ho udito le parole di un angelo che ha sorretto i nostri cuori, terrorizzati e ho gridato che mai(lo giuro) fermeremo la nostra battaglia. Ho sentito l’anima di Joe, di Joseph John Cannon attraversare le nostre anime ed ho capito che è finalmente libero, un uomo libero. Questo abbiamo gridato alle TV, questo abbiamo detto all’America, dopo la sua uccisione.

Cristo disse sulla croce: “Padre, perdona loro perchè non sanno quello che fanno!” E vi giuro che realmente non lo sanno! La freddezza, la lucidità con la quale organizzano, preparano ed eseguono una condanna a morte è raccapricciante. Nei nostri occhi si rifletteva chiaramente la follia di un popolo che amiamo ma che non vuole, e sottolineo non vuole, interrogare se stesso per capire e per cambiare.

Io e mia moglie eravamo già stati negli Stati Uniti per incontrare Joe ed altri due amici detenuti. Nel 96, durante il nostro viaggio di nozze e nel 97 per le vacanze estive. Quest’anno, quindi, dovendoci scontrare con la dura realtà della data di esecuzione di Joe, fissata per il 22 aprile, il “Comitato Paul Rougeau” che aveva il patrocinio legale di Joe ha deciso di finanziare proprio noi per un viaggio negli States,
così da “accompagnare” Joe durante questi durissimi momenti e fargli sentire tutto l’amore che tanta gente nutriva per lui.

E noi, più volte avevamo incontrato Joe in questi ultimi giorni ed eravamo stati profondamente colpiti dalla luce che traspariva dai suoi occhi e dalla fede che con quegli stessi occhi trasmetteva. La voce forte , chiara, pacata, il suo continuare a dirci che amava gli amici italiani e che aveva scelto noi quali testimoni dell’esecuzione poiché sapeva quanto gli fossimo vicini.

Mercoledì, per il suo ultimo incontro, ci ha chiesto che la conversazione fosse tranquilla e serena. Oh Dio, non so come, ma ci siamo riusciti. Ha consumato il suo ultimo pranzo ad Ellis insieme a noi, mangiando hot Dogs e brindando con Carlo con una busta di patatine. Lì, con lui, in questi cinque giorni, le persone più care, o quanto meno quelle di cui aveva bisogno: la madre e la sorella che pentite, dopo averlo abbandonato per vent’anni, hanno trascorso quegli ultimi giorni piangendo per lui (e lascio al lettore ogni giudizio);

Debbie, una donna di Cleveland che spesso andava a trovarlo e con la quale era stato “sposato in carcere” e che, pur non essendo una “nobildonna inglese”, ha dimostrato di nutrire ancora tanto amore per Joe, il suo amico di sempre Jim Daniels, pastore protestante, che lo ha accompagnato, tenendolo per mano, da Ellis ad Huntsville; il frate Walsh, che gli aveva regalato un microscopio rendendolo l’unico detenuto nei bracci texani a possedere uno strumento del genere. Infine lei, una donna dolce e meravigliosa che Joe non avrebbe potuto definire meglio che “Mum” (mamma): Jacqueline, una sensibile donna svizzera che tanto aveva fatto per Joe, regalandogli soprattutto tanto amore. Lei, in quei giorni con la morte negli occhi e l’amore per Joe nel cuore, porterà con sè per sempre nella sua terra. E, insieme con loro, i suoi amici detenuti che hanno pregato con noi per la sua salvezza.

Alle 16,30 all’Hospitality House (casa d’appoggio per le famiglie dei detenuti in visita) Joe ha telefonato per l’unica e l’ultima volta ed ha
voluto parlare con tutti, anche con Michela. Le ha detto: ” Non piangere, sii forte! Io ti amo.” Poi un responsabile della prigione “the wall” (la famigerata prigione di Huntsville dove vengono giustiziati i detenuti texani) ci ha preparati a quanto avremmo visto, spiegandoci le varie fasi di quest’assurdo, consentitemi di definirlo tale, omicidio legale.

Tutto ciò accadeva alle 17.00. Dopo, come una carovana lenta e silenziosa, abbiamo raggiunto un edificio di fronte alla prigione. Entrati in una grande stanza di attesa fredda e rumorosa che assurdamente, altro non era se non lacamera di ricreazione per le guardie, con i distributori di bibite e patatine, un secondo responsabile ci ha nuovamente spiegato l’orribile sequenza, chiarendoci, attentamente, cosa avremmo potuto e dovuto fare e cosa no ! poi ci hanno perquisito (una vera perquisizione) dividendoci per
sesso. Dopo venti minuti ancora d’attesa, ci hanno condotto all’interno della prigione “the wall” passando attraverso un nugolo di televisioni e giornalisti. Le nostre anime gridavano in silenzio.

Erano le 17.45.

Poi, un’interminabile ed inspiegabile attesa, protrattasi sino alle 18.30, aveva riacceso le nostre speranze (abbiamo in seguito saputo, che un ultimo tentativo dell’avvocato aveva rallentato la procedura). Ho chiesto a Dio che per Joe tutto finisse presto. Abbiamo sperato in una miracolosa grazia.

All’esterno le TV si affannavano a cercare questa o quell’immagine
migliore…

Ma alle 19.00 ci hanno condotto, lungo un corridoio, alla death room…la speranza si è spenta.

Un vetro davanti a noi e dall’altro lato un grande uomo, Joe, Joe Cannon.

Ci ha guardato ed ha sorriso. Con lui c’erano il cappellano della prigione ed un funzionario. Pietrificati, abbiamo ascoltato le sue ultime parole.

Ha detto che ci amava ed ha chiesto scusa alla famiglia della vittima.

La stanzetta azzurra, tre metri per due ed al centro…la croce, con le
sembianze di un lettino. Di fronte, io in ginocchio, Michela che bagnava il vetro con le lacrime, il reverendo Daniels che ripeteva “grazie, Dio”, il frate immobile, la sorella…Dietro di noi il funzionario, due guardie e tre giornalisti che trascrivevano minuziosamente le parole di Joe che terminavano con: “Sono pronto”.
Poi, all’improvviso “l’inconveniente” (così lo hanno definito).

Hanno chiuso le tendine e ci hanno condotto in un corridoio.

A ciò ha fatto seguito una straziante ed angosciante attesa e noi, sicuri che quella fosse la procedura finale, abbiamo creduto che Joe fosse morto e che a noi non fosse permesso assistere oltre, a quel macabro spettacolo. Invece, l’inconveniente.

Ci hanno detto che ha Joe era “scoppiata” la vena in cui era stato infilato l’ago e, quindi, stavano ripetendo la procedura per UCCIDERLO una seconda volta. Non so quante lacrime hanno bagnato quel corridoio, ma tante che una guardia è corsa fuori (chissà spinto da quale forza) per portarci qualcosa con cui asciugare quelle lacrime. Poi, siamo rientrati e Joe era lì, vivo. Oh mio Dio! Ha avuto ancora la forza per chiedere perdono e per dirci quanto amasse ognuno di noi. Poi ha respirato profondamente per tre volte e alcune lacrime hanno bagnato i suoi occhi: gli occhi di un uomo, gli occhi di un angelo, gli occhi di un eroe. La sostanza salina aveva fatto il suo effetto ma Joe ancora lucido e, non so come, forte e pieno di fede in Dio.

Ha detto per la seconda volta: ” ok”. Serenamente e colmo di amore ma, siamo certi, con la paura nel cuore ha socchiuso i suoi occhi, e noi con lui, lentamente ha rallentato il respiro, e noi con lui… fino a quando la sua anima è volata via, vicino alle nostre e noi abbiamo gridato: “Free! Joe is free. Libero, Joe è libero!”.

Il medico legale è entrato nella stanzetta per controllare l’avvenuto
decesso, i boia avevano fatto bene il loro “lavoro”.

Ore 19:28 ora americana.

Dopo 20 anni di ” non vita” nel braccio della morte era diventato un uomo, un angelo, un eroe. Aveva imparato a leggere, a scrivere, studiava la Bibbia, amava la geografia e l’archeologia, amava il mondo, amava la VITA.

Ed ora che avrebbe “di diritto” meritato di diventare un uomo libero, gli Stati Uniti d’America lo hanno ucciso. Lo hanno INGIUSTIZIATO! Noi capiamo e sappiamo il dolore delle famiglie delle vittime, il dolore di SINGOLI CITTADINI, ma uno STATO non può uccidere chi ha ucciso per insegnare che uccidere è sbagliato.

Oggi prenderemo, finalmente, la sua mano fra le nostre, durante la veglia per il funerale e…non ho più parole.
Ma so che questo è ancora un ennesimo inizio, ancora un brutale passo in avanti che porterà all’abolizione della pena di morte, perché noi tutti non ci fermeremo, anche perché lo ha chiesto Joe.

Tutto il resto è cronaca, tutto il resto è il mondo intorno a noi che
conosciamo bene, tutto il resto è ciascuno di noi, una goccia nell’oceano, ma tutti insieme un oceano!

E’ ormai giorno e il canto degli uccellini ha sostituito quello dei corvi,

JOE E’ CON NOI!

di Giancarlo Liguori e Michela Mancini
www.coalit.org

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