La Cina verso l’abolizione del consumo di cani e gatti: il commento della dottoressa Paola Cane

Seguendo l'esempio di Shenzhen, la prima città cinese ad aver vietato ufficialmente la vendita e il consumo della carne di cane e gatto, anche le altre città del paese potrebbero dire addio definitivamente a questo mercato, che in tutta l'Asia porta ogni anni all'uccisione di 30 milioni i cani per la loro carne.

 

Stop definitivo al consumo di carne di cane e di gatto in Cina? La notizia arriva dopo il divieto dello scorso febbraio di consumare carne di animali selvatici (pratica sospettata della diffusione del Coronavirus) e dopo che Shenzhen è diventata la prima città cinese a vietare la vendita e il consumo della carne di cane e gatto, con una legge che entrerà in vigore dal prossimo maggio. In queste ore il Ministero cinese dell’Agricoltura e degli Affari rurali ha escluso per la prima volta cani e gatti dall’elenco delle specie animali considerate commestibili a livello nazionale. La decisione arriva in una bozza di documento – che rimarrà fino all’8 maggio nella fase di “consultazione aperta” al pubblico per suggerimenti e migliorie – nella quale viene dichiarato apertamente che i cani sono animali “da compagnia” e non “bestiame”, in quella che rappresenta una svolta maturata sull’onda della pandemia da Covid-19.

Nel documento compare un elenco di 13 animali considerati “bestiame” – e dei quali, quindi, è consentita la macellazione – come suini, mucche, galline e tacchini e 18 tipi di “animali speciali” come cervi, volpi e renne dei quali è consentito l’allevamento a scopi alimentari. Si tratta di un elenco “dinamico”, che potrebbe subire variazioni per includere altri animali, ma dal quale sono esclusi cani e gatti, che da sempre fanno parte delle tradizioni alimentari delle popolazioni locali.

Con il progresso della civiltà umana e con la crescente preferenza del pubblico per la protezione degli animali, i cani si sono evoluti da “bestiame” ad animali da compagnia. In genere non sono più considerati bestiame nel resto del mondo e anche la Cina dovrebbe adeguarsi, smettendo di gestirli come bestiame e pollame”.

Un evento senza precedenti dal momento che, secondo gli esperti, questa è la prima volta in assoluto che il governo cinese si spinge a classificare i cani come animali “da compagnia”. Riconoscere il legame speciale che i cani hanno con l’uomo è considerato il primo passo essenziale verso l’eliminazione del consumo e del commercio della loro carne. Da questo momento e seguendo l’esempio di Shenzhen, le altre città del paese potrebbero infatti vietare permanentemente il consumo di cani e gatti.

I numeri del consumo di carne di cane in Cina

È importante sottolineare che, secondo quanto riportato dall’associazione animalista Humane Society International, il consumo di carne di cane e gatto in Cina è una tradizione ormai portata avanti da un numero sempre più ridotto di persone, tanto che solo il 20% della popolazione dichiara di mangiarla raramente. La maggior parte dei cittadini cinesi (64%), invece, vorrebbe vedere la fine del festival di Yulin, più della metà (51,7%) ritiene che il commercio di carne di cane dovrebbe essere completamente vietato e la maggioranza (69,5%) non ha mai mangiato carne di cane. Nonostante ciò, i numeri rimangono comunque impressionanti: sono 30 milioni i cani che ogni anno vengono uccisi in tutta l’Asia per la loro carne, mentre si stima che siano 10 milioni i cani che annualmente vengono uccisi in Cina per il commercio di carne.

Oltre all’importantissima questione etica, il consumo di carne di cane e di gatto è legata anche a importanti questioni che riguardando la salute pubblica, dal momento che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) avverte che il commercio di questi animali e della loro carne contribuisce a diffonde la rabbia e aumenta il rischio di propagazione del colera. Non bisogna inoltre dimenticare che lo scoppio della pandemia da Coronavirus è stato collegato anche all’attività di un cosiddetto “wet market” a Wuhan, capitale della provincia di Hubei nella Cina centrale, dove una vasta gamma di animali selvatici veniva venduta come carne, inclusi serpenti, istrici e procioni: anche se si attende ancora una conferma definitiva, gli esperti hanno ipotizzato che potrebbe essere stato un pipistrello o un pangolino ad aver originariamente trasmesso il virus all’uomo.

La parola alla dottoressa Paola Cane

Qual è la situazione dal punto di vista della sicurezza alimentare? Quali cambiamenti comporta questa decisione rispetto a un tema così importante? Lo abbiamo chiesto alla Dott.ssa Paola Cane, consulente aziendale, esperta di compliance attività produttive e commerciali, che segue numerosi marchi nell’ambito Biologico e Vegan per i quali ha curato le strategie di posizionamento e la compliance alla normative di settore, pubblicando numerosi interventi su riviste di settore

È un passo importantissimo, sotto molti profili: culturali, sociali, politici e sanitari. È interessante notare come  la sicurezza alimentare (che comprende anche anche le norme sull’allevamento e il consumo di prodotti di origine animale) abbia subito storicamente le evoluzioni più significative a seguito di insorgenze di gravi zoonosi. La nascita della sicurezza alimentare modernamente intesa risale infatti ai primi anni ’90 ed è legata, in Europa, all’insorgenza della BSE (la mucca pazza), e negli Stati Uniti a seguito del focolaio di E. Coli scaturito nella catena di fast food Jack in the Box (1992) legato al consumo di hamburger surgelati contaminati che causò oltre 700 vittime, quasi tutti bambini.

Come in passato in Europa e Usa, anche oggi in Cina istituzioni ed opinione pubblica hanno compreso che è necessario un radicale cambiamento delle abitudini alimentari per garantire la tutela della salute pubblica. Si tratta di un ottimo segnale, che auspico non resti isolato e che, se seguito da ulteriori provvedimenti coerenti,  permetterà di costruire un sistema rispettoso degli animali, anche selvatici, della loro integrità e del loro benessere, utilizzati in Cina non solo a scopo alimentare, ma anche in relazione alla medicina tradizionale Cinese.


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