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Fanno rumore le inchieste di “indovina chi viene a cena” a cura della giornalista Sabrina Giannini e “Sapiens” a cura del divulgatore scientifico Mario Tozzi. L’occhio di indagine di entrambe le trasmissioni mette a fuoco l’industria alimentare identificandone i punti deboli, le contraddizioni, l’impatto e il costo della produzione di alimenti a base animale. Insorgono le Associazioni di categoria.
I contenuti delle inchieste
Della trasmissione “Indovina chi viene a cena” due sono le puntate oggetto del malcontento delle associazioni che rappresentano l’industria della carne e del latte: “Il virus è un boomerang” andata in onda il 29 Marzo 2020 e “Cosa mangeremo?” andata in onda il 5 Aprile 2020. Nella prima si è indagato il tema dello spillover ovvero del passaggio del Coronavirus dall’animale all’uomo. È vero che si ipotizzava che sarebbe successo in un mercato di animali (esotici e selvatici) venduti e mangiati in Brasile o in Cina? E se davvero era prevedibile, perché i governi di tutto il mondo non hanno fatto niente per prevenirlo? Sabrina Giannini, partendo da dati fattuali legati alla nascita del focolaio, ha dato spazio alle cause del salto di specie riconosciute dalla comunità scientifica.
In “Cosa mangeremo?” invece si è parlato diffusamente di allevamenti intensivi e di quanto il pianeta sia affamato di carne. Passando in rassegna la filiera della carne di pollo, del latte e del salmone geneticamente modificato, l’inchiesta di Sabrina Giannini tocca anche aspetti meno conosciuti della produzione. La globalizzazione del made in Italy è un esempio di come anche alcuni dei prodotti più apprezzati, vengano in realtà da molto lontano, da luoghi colpiti dal disboscamento e dai roghi della Foresta Amazzonica. Sulla scia di questa linea di indagine, l’inchiesta ha approfondito l’impatto ambientale della produzione animal-based.
Sinossi e tematiche principali delle due puntate di “Indovina chi viene a cena”:
Il virus è un boomerang
- Virus: come avviene il salto da animale a uomo
- Coronavirus: come nasce il focolaio
- Virus: salto di specie in aumento a causa dell’uomo
- Allevamenti intensivi: come prevenire le malattie
Cosa mangeremo?
- Le manipolazioni genetiche degli allevamenti intensivi
- Frisona: la vacca che produce più latte e vive di meno
- Gli allevamenti impattano sull’ambiente
Nella puntata del 28 Marzo 2020 di “Sapiens – un solo pianeta” dal titolo “I divoratori del pianeta”, Mario Tozzi parte nella sua indagine da un numero: sono 7,5 i miliardi di bocche da sfamare e l’impatto della produzione intensiva di cibo risulta essere insostenibile. Il consumo di carne ha superato il limite critico del Pianeta portando a deforestazione, inquinamento, danni alle riserve idrogeologiche e ai terreni, perdita di interi habitat naturali che da sempre sono elemento fondamentale del nostro ecosistema. Tozzi indaga l’impatto che il cibo ha avuto sull’evoluzione dell’uomo, denuncia le conseguenze negative della produzione di cibo realizzata in modo intensivo e affronta il tema dello spreco alimentare chiedendosi cosa ci sia di etico nel continuare senza porsi quesiti che includano un’idea di cambiamento.
Sinossi e tematiche principali della puntata: Sapiens, un solo pianeta – I divoratori del pianeta
- Il cibo economico non è salutare e impatta sull’ambiente
- Il progresso ha cambiato la nostra dieta
- Cucinare ci rende umani?
- La fine del mondo selvaggio
- Dall’agricoltura alle città: il peso alimentare si è invertito
- La Storia è nei denti
- Stati Uniti: la nazione del mais
- M6nths: storia di un maialino
- Allevamenti intensivi: danni su animali e ambiente
- L’energia del cibo cotto
- Idroponico spagnolo
- Un mare senza pesci
- Evitare gli sprechi
- The carnage di Simon Amstell
- Il dilemma dell’onnivoro
La reazione del mondo zootecnico: la lettera delle associazioni di categoria
Le associazioni del mondo zootecnico italiano Assica, Unaitalia, Assocarni, Assalzoo, Assolatte e Carni Sostenibili hanno redatto una lettera congiunta diretta al direttore di Rai3, al ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova e al presidente Rai Marcello Foa per esprimere il loro disappunto nel merito dei contenuti approfonditi nelle trasmissioni.
Si legge nella lettera:
“Se guardiamo solo alla programmazione della scorsa settimana, rinveniamo almeno due trasmissioni che additano il sistema zootecnico come maggiore responsabile dell’inquinamento terrestre, che stigmatizzano l’allevamento facendo intendere che il cattivo allevatore non sia l’eccezione, ma la regola, fino ad arrivare a suggerire pericolose ed insensate associazioni fra coronavirus e produzione e consumo di carne, mai dimostrate. […] “Abbiamo il fondato timore che l’autrice, proseguendo nel suo errato sillogismo iniziale, continuerà a indurre i telespettatori nel convincimento scientificamente scorretto che pandemia da Coronavirus e allevamenti convenzionali siano in qualche modo collegati.”
E infine:
“Saturare i telespettatori con informazioni imprecise, frammentate e non contestualizzate, suggerendo la presunta pericolosità del sistema alimentare o l’esclusione di un cibo a prescindere dalle reali necessità di ciascuno, non solo è sbagliato, ma è pericoloso perché minaccia la salute.”
La replica di Sabrina Giannini e Mario Tozzi
Non tardano ad arrivare le repliche. In una dichiarazione rilasciata al magazine “Il Salvagente” Sabrina Giannini dice:
“Un po’ me lo aspettavo, sono abituata. Questa è la dimostrazione che non hanno argomenti e se li inventano diffamando chi si appoggia fonti ufficiali come Unep (dell’Oms) e Ipcc (il gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite)”. E precisa: “Nella mia trasmissione non è mai stata collegata l’attuale pandemia da coronavirus al consumo di carne (se non quella di pipistrello)”
Non tardano ad arrivare nemmeno le parole di Mario Tozzi (riportate da “Il Salvagente”):
“Come avrei potuto mettere in relazione il coronavirus e gli allevamenti italiani? Quella puntata è stata registrata nel 2019 quando il coronavirus ancora non c’era. Se invece ci si riferisce ai dati sull’inquinamento, di cui però la lettera non fa cenno, i numeri sono quelli dell’Ispra, c’è poco da dire.”
Il nostro contributo al dibattito.
Partiamo dal binomio allevamento-impatto ambientale:
Nella lettera congiunta delle Associazioni del mondo zootecnico italiano di cui abbiamo parlato, si parla dell’intenzione delle trasmissioni di “screditare i produttori italiani di alimenti di origine animale.”
E prosegue:
“Tali trasmissioni, spesso animate dalla personalistica volontà di propagandare un modello di vita alternativo a quello comunemente diffuso, producono un enorme danno a carico dei principali settori del Made in Italy e dei consumatori.”
Ma è proprio così? Si tratta di propaganda senza fondamento? Di personalistica volontà di creare il caos? Come Osservatorio, impegnato attivamente nella ricerca di studi e fonti autorevoli ed esaustive, crediamo fermamente che i dati siano l’unica base su cui improntare un dibattito aperto e trasparente. Divulgare i danni di un sistema alimentare basato sulle proteine animali non significa screditare un settore ma fornire elementi di riflessione affinché sia possibile (lato produzione e consumo), operare scelte e cambiamenti coscienti e consapevoli.
Come anche il divulgatore scientifico Mario Tozzi ha commentato, esistono studi effettuati da Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) su territorio italiano che forniscono evidenze inequivocabili nel merito dell’impatto degli allevamenti sull’ambiente e sulla salubrità dell’aria.
Tralasciando nel corso di questo articolo le numerose fonti che trattano il problema dell’impatto ambientale dell’allevamento, concentriamoci sui dati Ispra citati anche dal divulgatore Mario Tozzi.
L’Ispra ha studiato l’impatto del particolato primario e secondario ottenendo questo risultato: il 50% dello smog è dovuto a riscaldamento e allevamenti intensivi.
Il particolato è l’insieme delle sostanze sospese nell’aria che hanno una dimensione fino a 100 micrometri e che sono considerate gli agenti inquinanti più impattanti specialmente nelle aree urbane. Il particolato 2,5 (particelle di dimensioni inferiori a 2,5 micrometri) è quello più dannoso. L’Ispra ha preso in esame particolato primario e secondario insieme. Il primario è quello direttamente emesso dalle fonti di inquinamento (ad esempio dai tubi di scappamento delle auto): il 59% è dovuto al riscaldamento, il 18% alle auto, il 15% all’industria, mentre il contributo degli allevamenti intensivi è dell’1,7%. Il dato legato agli allevamenti però sale a quota 15% se si considera il pm secondario dovuto alla combinazione di ammoniaca con altre componenti.
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Inoltre si rileva un trend in particolare: negli ultimi anni è diminuito l’inquinamento dovuto all’utilizzo di moto, auto, al trasporto su strada, quello legato ad agricoltura, industria e impianti di produzione energetica. Aumenta invece la quota legata al riscaldamento e al settore allevamenti (dal 10,2% al 15,1% appunto in sedici anni).
Covid-19: cosa sappiamo sullo spillover e sulla correlazione con i pipistrelli?
Concludiamo con alcune delucidazioni sull’origine di Covid-19, ancora oggetto di studio. Nella lettera congiunta delle Associazioni del mondo zootecnico italiano infatti, si accusa la giornalista Sabrina Giannini di aver correlato il consumo di carne al coronavirus attuale. La giornalista però, ricostruendo la vicenda all’interno dell’inchiesta, non lo ha mai dichiarato.
Facciamo chiarezza sulle fonti disponibili nel merito della tematica.
Un dato su tutti: il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute deriva da animali; in particolare il 60% delle malattie emergenti viene trasmesso da animali selvatici. Nell’inchiesta di “Indovina chi viene a cena” non si fa esplicito riferimento al fatto che l’attuale pandemia sia correlata al consumo di carne in generale. Si parla delle origini del virus e alla ipotetica correlazione al consumo di carne di animali selvatici (come quella di pipistrello). La questione dello spillover infatti è controversa e non c’è ancora un’opinione unanime sul tema.
Forniamo di seguito, alcune specifiche tratte dallo studio più completo pubblicato sino ad ora da Nature:
The proximal origin of SARS-CoV-2
In un paragrafo dedicato si dice: “Dal momento che molti dei primi casi di COVID-19 sono stati collegati al mercato huanano di Wuhan, è possibile che in questo luogo fosse presente una fonte animale. Data la somiglianza di SARS-CoV-2 con coronavirus SARS-CoV che hanno avuto origine dai pipistrelli, è probabile che i pipistrelli fungano da ospiti serbatoio (reservoir)”.
Questo significa che è possibile che i pipistrelli possano essere stati il ponte tra il virus e l’uomo. Il percorso evolutivo che conduce fino alla pandemia di questi mesi è proprio ciò che si approfondisce anche nelle inchieste citate lasciando quindi nessun dubbio sulla veridicità delle affermazioni.
Anche sui canali ufficiali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si ribadisce quanto pubblicato da Nature. Nella sezione dedicata alle Faq sul Covid-19 all’interno del sito dell’OMS si ribadisce:
In questa fase, non è possibile determinare con precisione il modo in cui gli esseri umani in Cina siano stati inizialmente infettati da SARS-CoV-2. Tuttavia, tutte le prove disponibili suggeriscono che SARS-CoV-2 abbia un’origine animale naturale e non si tratti un virus manipolato o costruito. Molto probabilmente il reservoir (ospite serbatoio) del virus SARS-CoV-2 è il pipistrello. Probabilmente l’ospite serbatoio del SARS-CoV, il virus che ha causato l’epidemia di SARS nel 2003 era un pipistrello. Il salto di specie è avvenuto poi attraverso altri animali (zibetto o un animale selvatico allevato) arrivando agli umani e diffondendosi. Allo stesso modo, si pensa che SARS-CoV-2 si sia trasmesso attraverso un salto di specie che coinvolge un ospite serbatoio. Questo ospite intermedio potrebbe essere un animale selvatico o un animale addomesticato per ora non identificato con assoluta certezza.
L’essere umano è vittima assoluta del contagio o c’è una responsabilità legata all’attività umana?
Le principali epidemie che hanno colpito l’uomo (Ebola, Sars, Mers, influenza aviaria o suina) sono di origine animale: sono delle zoonosi. La loro diffusione è stata facilitata da due fattori in particolare:
- La riduzione delle barriere naturali (come le foreste) che per secoli hanno arginato i danni potenziali legati ad ipotetici contagi. La deforestazione finalizzata alla creazione di spazi per l’allevamento, alla produzione di legname o all’avanzata delle aree urbane in spazi naturali è una delle cause principali del contatto tra virus legati ad animali selvatici e uomo.
- Come se non bastasse l’essere umano ha contribuito ad aggravare la situazione attraverso l’attività di cattura di specie animali selvatiche per farne cibo o per la realizzazione di prodotti. All’origine del probabile contagio iniziale c’è una pratica, la vendita di fauna selvatica, che dovrebbe essere vietata su scala mondiale per motivi etici e di salute pubblica. Sembra ormai essere un dato certo che l’origine del Covid-19 sia da ricercare nel mercato di animali vivi di Wuhan, uno dei molti«wet market» asiatici in cui la fauna selvatica viene esposta viva e poi macellata direttamente sul posto. In questo modo si genera uno spargimento di sangue che favorisce la trasmissione del virus da specie a specie.
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