Le mega-fattorie della California racchiudono migliaia di mucche da latte. Questi bovini non verranno nutriti mai con erba, producono un inquinamento superiore a quello di una metropoli e hanno come unico obiettivo il rendimento.
Questi impianti si trovano nella Central Valley, una vasta zona desertica ben lontana dai percorsi turistici, tra la Sierra Nevada e la costa. Oltre alle immense coltivazioni in questa zona ci sono anche le più grandi “latterie” del Pianeta. C’è una concentrazione tale di produttori di latte che la sola contea di Tulare conta 900.000 mucche, che producono ogni anno più di un miliardo di dollari di latte. L’inchiesta svolta da “The Ecologist” in collaborazione con la SPA (World Society for the Protection of Animals) mostra che malgrado ciò nella zona è in corso un conflitto tra piccoli allevatori e militanti contro le grandi multinazionali installate in loco.
Per chi non è abituato a simili spettacoli la scoperta di questo tipo di allevamenti è sorprendente: vaste stalle aperte, montagne di mangime, vere e proprie piscine con milioni di litri di liquami e centinaia di migliaia di mucche rassegnate. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione gli inviati partono alla scoperta di questo universo più simile ad una fabbrica a catena di montaggio che a una fattoria. Ci sono file e file di mucche barcollanti sotto il peso delle loro mammelle piene di latte in attesa di entrare in una delle sale per la mungitura meccanica. E’ un ciclo che non si ferma mai, si ripete invariato ogni giorno, per finire solo quando le mucche cominciano ad essere meno redditizie. Esse sono allora nuovamente inseminate o inviate al mattatoio; esaurite e sfinite, dopo solo pochi anni di vita in fabbrica. Le mucche di queste mega-fattorie non vedranno mai neanche un filo d’erba nella loro vita. Queste mucche trovano un temporaneo sollievo solo quando si riposano nel loro stallo polveroso tra una mungitura e l’altra. E anche lì le mucche non possono realmente riposarsi. Queste mucche, grandi produttrici di latte soffrono di un bilancio energetico negativo cronico, vuol dire che forniscono sottoforma di latte più energia di quella che ne ricavano dalla loro alimentazione, questo si traduce nell’esaurimento della loro salute fisica.
Le mucche Holstein sono la razza preferita in questi mega-allevamenti da latte, quello che salta agli occhi subito è il contrasto tra la corpulenza di questi animali e le loro mammelle enormi solcate dalle vene che dondolano sotto il ventre. Il loro latte è di qualità inferiore rispetto a quello delle altre razze e contiene più pus, ma questi animali d’allevamento compensano questo difetto di qualità con la quantità: sottomesse a tre mungiture al giorno e gonfiate di ormoni della crescita e di antibiotici per lottare contro le frequenti infezioni, queste mucche hanno raddoppiato la loro produzione di latte in solo quarant’anni.
Ma non ci sono solo gli animali che soffrono. Tom Frantz, insegnante ora in pensione, è cresciuto a Shafter, cittadina della contea di Tulare. “Fino al 1996 non c’erano fattorie del latte vicino a me, poi è arrivata la prima, seguita da molte altre” ci spiega. “Nell’arco di qualche anno siamo stati confrontati a dei problemi che non avevamo mai avuto prima… le scuole erano invase da nugoli di mosche che ci pungevano, ostruivano i rubinetti e obbligavano gli insegnanti ad appendere la carta moschicida in ogni classe. La nostra situazione cambiò, l’atmosfera della scuola cambiò. L’acqua è stata contaminata dai nitrati. A scuola ci eravamo sempre serviti dell’acqua dei pozzi, ma d’un tratto il tasso di concentrazione dei nitrati è raddoppiato, poi triplicato rendendo l’acqua non potabile.”
Queste fattorie giganti fanno arrivare anche una minaccia invisibile sulla Central Valley dove si accumulano oramai grandi quantità di gas che produce una spessa nebbia ed un forte inquinamento dell’atmosfera. Secondo l’ALA (American Lung Association, associazione americana del polmone) l’inquinamento creato dall’agricoltura industriale “rappresenta dei seri rischi sanitari per le persone più fragili. I bambini,gli adolescenti, i senior, le persone che soffrono d’asma, di malattie polmonari o cardiache croniche e i diabetici sono i più vulnerabili”.
Non è per caso se le contee agricole come Tulare o Bakersfield hanno i tassi di ozono e di particelle fini nell’atmosfera tra i più elevati degli Stati Uniti d’America, superando spesso anche quelli di città molto inquinate come Los Angeles più a sud. Uno studio medico pubblicato nel 2004 ha rivelato che in questa contea un bambino su quattro soffre di asma. “Le fattorie giganti costano care ai nostri polmoni” osserva Tom.
Teresa DeAnda è madre di sette bambini e delegata a tempo pieno della sezione della Central Valley del movimento Californians for Pesticide Reform (I Californiani per una riforma dell’uso dei pesticidi). Riconosce ella stessa di essere diventata militante senza volerlo: “Non sapevo neanche cosa questa parola significava quando ho cominciato a fare questo lavoro” ci spiega. “Mi sono sempre interessata al problema dell’inquinamento dell’aria e sapevo che la qualità della nostra aria stava peggiorando. Ho capito che non avrebbe fatto che peggiorare leggendo sul giornale che volevano installare una fattoria da latte con 5.000 mucche, nella contea vicina di Kings. Ero talmente arrabbiata che mi sono detta che avrei dovuto rendermi sul posto.
Aiutata dal Council for Race Poverty and the Environnement (Comitato per la diversità delle razze e per l’ambiente) Teresa cominciò a studiare a tempo pieno il problema dei pesticidi e della qualità dell’aria, lottando contro l’inquinamento a nome delle popolazioni ispaniche, e silenziose, che vivono nelle vicinanze. La sua indignazione crebbe mano a mano che studiava la questione. “Esistono degli studi che mostrano perché le industrie inquinanti si installano in certe regioni. In realtà queste industrie cercano la vicinanza delle comunità ispaniche di colore, povere e cattoliche. E’ così esasperante! I giganti del settore caseario fino a che le autorità sanitarie non se ne accorgono, poi fanno i bagagli e si spostano altrove, dove nessuno si lamenta.”
Lungo la strada Teresa saluta diversi gruppi di lavoratori immigrati che stanno imballando silenziosamente grappoli di uva vendemmiata. A qualche chilometro dalla città i frutteti lasciano il posto ai campi di cereali e di alfa alfa, destinati all’alimentazione delle mucche delle fattorie giganti. Abbiamo appuntamento con Jorge, un lavoratore salvadoregno che conosce bene l’impatto dei pesticidi utilizzati per il foraggio del bestiame. Teresa mi spiega che Jorge è un’eccezione qui. Normalmente la gente non osa parlare perché “…potrebbero perdere il lavoro e la casa… hanno paura”.
Anche Jorge ha paura, parla ma senza mostrarsi alla telecamera e si spiega rapidamente: “Avevo delle mucche, sono morte tutte. Avevo dei canarini, sono morti tutti. Avevo delle capre, ma le ho vendute tutte perché anche quelle stavano per morire: avevano dei problemi intestinali e i loro piccoli morivano pure.” Jorge ci mostra la sua piccola proprietà. Gli resta qualche cavallo ma la sua scuderia è quasi vuota. L’erba spunta attraverso lo strato di polvere, ci mostra cosa resta del suo frutteto: dei semplici tronchi nudi con qualche rara foglia rinsecchita alle estremità dei rami. “Quando mi sono installato qui avevo una buona situazione e vivevo bene. L’uso dei pesticidi ha avuto delle conseguenze terribili: i bambini si sono ammalati, gli animali muoiono e io stesso sono malato” ci spiega.
Non tutte le fattorie da latte della California funzionano per forza così. Paul Bianci si occupa di una piccola mandria di mucche Jersey che trascorrono quasi tutto l’anno nei pascoli delle colline al nord della California. Per il suo aspetto e le sue dimensioni la fattoria di Paul sembra una fattoria inglese ed è probabilmente un buon esempio di quello che una mega-fattoria potrebbe rappresentare per degli allevatori britannici se ne installassero in Europa. “Non si può lottare, semplicemente… spingono tutti i piccoli produttori verso la disoccupazione” ci spiega. Sentiamo le stesse lamentele da altri piccoli allevatori. L’economia su grande scala impedisce ogni concorrenza con le mega-fattorie, le cui mandrie possono essere molte centinaia di volte più grandi che quelle dei piccoli allevatori, facendo così crollare i prezzi e obbligando le famiglie a chiudere l’attività.
Albert Strauss, responsabile di una latteria biologica prospera, è all’origine di un sistema alternativo che mira a creare una filiera del latte più ecologica in California. “Perdiamo 55 fattorie casearie all’anno e nel corso degli ultimi quarant’anni il numero delle imprese è passato da 120 a 23 solo nel nostro distretto. E’ alquanto drastico. Le mega-fattorie si allontanano sempre più dall’agricoltura responsabile e possono farlo perché sono in posizione dominante: esse rappresentano le principali strutture agricole degli Stati Uniti e quando la maggior parte della filiera casearia è controllata dai giganti esse hanno molto più potere politico.
Guarda l’articolo in lingua originale e versione integrale QUI.
Dal libro di David Ciolli, Quinto non uccidere:
Una mostruosità del nostro secolo è stata la costituzione degli allevamenti intensivi e lo sviluppo di una complessa disciplina di tortura che si chiama zootecnia. Il lager zootecnico non solo ha rimosso qualsiasi senso di responsabilità umana nei confronti degli animali domestici, ma ha fatto di più: ha volutamente ignorato le loro caratteristiche di esseri senzienti. Questa attività è letteralmente un crimine legalizzato.
(Roberto Marchesini, zooantropolo italiano)
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Renata Balducci
dice:Le parole non basterebbero a descrivere la sensazione che si prova leggendo questo articolo…
Barbara Primo
dice:Infatti, a mio avviso, non siamo noi vegani che dovremmo leggere questi articoli (se non per conoscenza dei fatti!) ma le persone che non ci credono che succedono queste cose. Ebbene si: non serve andare al cinema per vedere i film dell’orrore! 😥
Cì
dice:Tutti gli onnivori italiani dovrebbero considerare che questa è la direzione in cui va il mercato e che se non inizieranno a fare almeno consumo critico – perchè è pura utopia pensare che tutti diventeranno vegan – capiterà presto anche in ITalia.
Barbara Primo
dice:Infatti Cì! Anche perché molti di quei prodotti sono venduti anche qui: non ci si deve illudere che vengano prodotti e venduti solo “laggiù”… Basti pensare alla carne argentina così diffusa anche da noi: sono lo stesso tipo di fattoria-industria! 🙁
Romina
dice:Inviate email a Erin Brockovich
http://www.brockovich.com/workcontact.html
deb-bee
dice:Io però spezzerei una lancia in favore degli allevamenti del mio paese (Svizzera). Io compro formaggio direttamente all’alpeggio, dove le mucche vengono sicuramente sfruttate (2 mungiture al giorno), ma sono libere di pascolare per i monti tutto il santo giorno brucando erba e fiori; non ho mai visto niente che si avvicini neanche lontanamente alle foto di questo articolo. Quindi non smetterò certo di consumare latticini svizzeri solo perché in USA sono degli sfruttatori senza scrupoli. Certo é importante essere informati, quindi ben vengano questi articoli, ma non mi faranno certo cambiare le mie abitudini.
Barbara Primo
dice:Ciao Deb-bee, la Svizzera è un Paese che mi è sempre piaciuto per il rigore che hanno nel fare le cose, la cura e la precisione, infatti è famosa per questo!!! Per quanto riguarda il formaggio anch’io ho buoni ricordi di quando, da piccola, andavamo in malga a prendere i prodotti fatti con latte di mucche libere al pascolo, e questo è corretto se si guarda il fine ultimo, cioè la qualità degli alimenti. Non penso che in Svizzera si astengano, però, dall’inseminazione artificiale delle mucche, voglio dire che una mucca dopo circa un anno smette di produrre latte per il suo vitellino, quindi per farla continuare a produrne forzatamente le si farà partorire un altro vitello… e siamo già a due vitelli macellati… 🙁 Ovviamente se una persona non è vegetariana il discorso etico probabilmente non lo prende in considerazione e sicuramente le mucche al pascolo vivono in maniera più naturale di quelle negli USA. 🙂
Quello che vorrei essere sicura che i lettori hanno chiaro è che i prodotti che si trovano sugli scaffali dei supermercati NON provengono dalle mucche svizzere, anche se hanno il praticello sulla confezione!!! 😯
Cì
dice:vero verissimo, la globalizzazione è un gran problema su questo fronte. Come la penetrazione delle multinazionali. Per cui se non volete smettere di consumare alimenti di origine animali informatevi molto bene e fate consumo critico. Anche perchè di certo non sono sani alimenti pieni di antibiotici, ormoni ecc ecc. E se volete approfondire c’è una bella inchiesta giornalistica molto seria fatta da un famoso scrittore “Se niente importa” di J.S. Foer. Lettura che darà punti di vista e informazioni a chi vuole fare sapere davvero cosa ha nel piatto. ciao
Cecilia
dice:Si Barbara, non ci crederai, ma in Svizzera ci sono ancora alpeggi col toro libero che può fare come vuole; qui per fortuna c’è ancora una certa sensibilità che altrove è sparita
Barbara Primo
dice:Non contesto quello che non conosco, dico solo che la visione bucolica che cercano di far passare in televisione delle mucche felici (come quelle che vedi tu in Svizzera) NON è la realtà che permette di riempire gli scaffali dei vari supermercati italiani di latte e derivati… Realtà, quella svizzera, che potrebbe convenire di più a un vegetariano, perché comunque quando una mucca da latte diventa meno produttiva, o alla fine del suo ciclo di vita, finirà in bistecche… così come i suoi cuccioli, a meno che in Svizzera non sia proibita la vendita di carne di vitello… ma non credo… 🙁
Romina
dice:Ma non si fa prima a bere latte di soia?
frankie
dice:ahahahha esatto !!! o di riso ???
io sono stata in vacanza in germania ( lo so, è un po’ strano come posto di vacanze il mio titolare mi fa : ma non puoi andare a riccione come tutti ????), beh, a parte questo in germania , cioè dove sono stata io nel baden wurttenberg si vedono veramente le mucche in libertà nelle fattorie piccoline , sono dolcissime…e la tentazione di dire che stanno bene ci sarebbe, e probabilmente poi non stanno così male fino a quando non vengono macellate perchè improduttive, oppure inseminate etc…
ecco devo chiedere a tutti voi un consiglio: il mio moroso e tutti i miei amici mi dicono che mi sbaglio di grosso, che la mucca farebbe il latte lo stesso, etc, io so che non è vero ma non sono bravissima a far valere le mie teorie , manco di un supporto scientifico..mi consigliereste per favore un libro, ma anche articolo, video etc, che possa confutare questa tesi in modo scientifco e imparziale ?
Barbara Primo
dice:Ciao Frankie, qui:
http://it.wikipedia.org/wiki/Bos_taurus
devi scendere fino a “Allevamento”
Il terzo commento qui fa capire che le mucche “per essere economicamente sostenibili” devono essere ingravidate ogni 24-26 mesi e tra l’altro è utile come sito perché è un forum di allevatori, si scambiano i “trucchetti” per fare meglio 😥 quindi voglio dire che scrivono delle cose che non sono dette animalisti ma da gente del mestiere:
http://www.forumdiagraria.org/bovini-f15/vacchie-di-razza-frisona-t17219.html
Questo promette bene:
“Il momento ottimale per fecondare le vacche dopo il parto è essenziale per ridurre la media dei giorni aperti (cioè il periodo in cui la bovina rimane vuota) ed il relativo interparto. Un programma riproduttivo efficiente aumenta la resa economica dell’allevamento, poiché massimizza il periodo in cui le bovine si trovano nella fase più produttiva della lattazione.”
http://www.mondolatte.it/index.php/il-babcock-institute/69-le-strategie-per-una-riproduzione-di-successo
Per sapere tutto sulla fecondazione (artificiale e non) ma che non parla del latte:
http://www.itabrignoli.it/Download/riproduzione.pdf
Ho fatto una ricerca google con la parole “latte vacca inseminazione”