Sulla scia di altre città europee – tra le quali anche Edimburgo, la prima capitale del Vecchio Continente ad averlo fatto – il sindaco di Londra Sadiq Khan è esortato ad aderire al Plant-based Treaty, il trattato che invita individui e città a impegnarsi nella promozione di un sistema produttivo e alimentare a base vegetale che sia quindi più etico, sostenibile e futuribile. La richiesta è arrivata in questi giorni in una lettera aperta da parte del politico Zack Polanski, membro dei Verdi per l’Assemblea di Londra.
A spingere verso questa direzione, ancora una volta, è la consapevolezza del poco tempo a disposizione per invertire la rotta della crisi climatica e dell’importanza di uno shift dei consumi in chiave vegetale come passo fondamentale per riuscire nell’impresa. “I sistemi alimentari sono responsabili di un terzo di tutte le emissioni di gas serra causate dall’uomo a livello globale e di un terzo di tutta la deforestazione globale. A Londra, solo il 5% di tutto il cibo consumato è carne, eppure è responsabile del 27% delle emissioni domestiche totali” si legge nella lettera.
Un documento che sottolinea anche l’influenza di Khan su tali questioni, nonché la sua possibilità di agire per cambiare la direzione; tra i suggerimenti, anche quello di spingere le istituzioni a collaborazione con ProVeg UK, associazione che si occupa di diffondere consapevolezza sui benefici delle diete a base vegetale nel Regno Unito e con la quale sarebbe possibile portare avanti programmi incentrati sull’alimentazione vegetale non diversi da quello già in atto nelle scuole pubbliche, che porta a servire pasti gratuiti agli studenti.
Londra città vegan-friendly, ma non basta
Ormai da anni, quando si parla di città europee (e non solo) nelle quali la scelta plant-based sia fortemente supportata e dove sia facile trovare opzioni vegan nei locali pubblici, Londra non scende mai dal podio: solo recentemente, è risultata al primo posto nella top 30 delle città più veg-friendly d’Europa. Un primato non da poco, a cui si aggiungono diverse iniziative – come ad esempio le molteplici campagne di associazioni animaliste all’interno della metropolitana, per mostrare le aberrazioni del consumo di carne e derivati – che ne fanno una città molto attenta all’argomento.
Eppure, tutto questo non è sufficiente: è necessario che la presa di posizione, anche e soprattutto di una città come Londra, sia più decisa e concreta. Perché ormai è risaputo come la produzione di molti alimenti di origine animale sia tra le cause più significative di produzione ed emissione di gas serra, nonché di inquinamento, perdita di biodiversità e sfruttamento di risorse preziose come terra e acqua. Il Plant Based Treaty incita chiunque lo sottoscriva a impegnarsi su tre diversi fronti per risolvere il problema: abbandonare la produzione di carne o altri alimenti di origine animale (nessuna ulteriore deforestazione per allevamenti animali), reindirizzare (una decisa transizione dalla produzione alimentare di origine animale a quella vegetale) e ripristinare (gli ecosistemi, piantando alberi e recuperando interi paesaggi naturali).
Ad oggi, solo nel Regno Unito più di 240 consiglieri di quasi 60 comuni e città (tra le quali anche Norwich) hanno sottoscritto individualmente il PBT: rimane poco tempo ed è necessario che le capitali europee lancino un messaggio forte in questa direzione. Ci auguriamo solo che Londra, già ben indirizzata verso il cambiamento, possa essere a breve la prima di una lunga, lunghissima serie.
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