Quando si racconta alle altre persone della propria scelta vegan, spesso ci si trova a concordare che evitare lo sfruttamento e la sofferenza animale in ogni ambito della propria vita sia un’azione lodevole e rispettabile. Non appena ci si sposta sull’argomento alimentazione, però, è facile che il discorso incontri una brusca frenata al motto di: “Ok, è giusto essere vegano. Ma a me piace troppo il gusto della carne, del pesce o del formaggio. Non posso rinunciarci”. Lungi da noi imporre una scelta sulle altre persone, ma un tipo di obiezione di questo tipo chiama una risposta che – speriamo – sappia suscitare una riflessione profonda sul mangiare carne: “Il nostro piacere personale vale più della vita di un animale?”.
Il nostro piacere personale non può essere una scusa per terminare una vita
Ascoltare un’obiezione di questo tipo potrebbe sconfortare anche il più paziente dei vegani, perché sembra che si tratti di un’ammissione neanche troppo velata del fatto che i desideri di soddisfare i propri piaceri abbiano più peso delle sofferenze e della vita di altri esseri senzienti.
Il discorso è molto semplice: un pasto umano dura in genere dai 15 ai 30 minuti. La morte di un animale – a prescindere che serva per ricavare una fetta di prosciutto, un filetto di salmone o un piatto di pasta alle vongole – è invece qualcosa di eterno e irrimediabile. Già per questo motivo, un piacere effimero come il mangiare carne – ma il discorso vale anche per i derivati animali – non può rappresentare una scusa che regge per giustificare il consumo di prodotti animali.
Ma quanti ci hanno mai pensato veramente?
C’è da ammettere, però, che è meno facile che chi segue un’alimentazione onnivora si sia posto un quesito di simile entità. Siamo però sicuri che, di fronte alla possibilità di porre su una bilancia il proprio desiderio personale e la vita di un altro individuo, tantissimi darebbero più peso alla seconda, almeno a livello teorico.
Tantissimi, non tutti magari. Chi si appella al fatto che sia inevitabile per noi assolvere un bisogno forte e ancestrale come il consumo di prodotti animali, ignora però che vivere all’interno di una società con codici di comportamento etici condivisi significhi pur sempre adattare le proprie azioni affinché siano socialmente desiderabili e quantomeno accettabili.
Siamo in grado di stabilire, oggi, che rinunciare a carne e derivati sia più facile di quanto si pensi, specie in un periodo storico che mette a nostra disposizione una pletora di alternative vegetali che ricordano, per gusto e sapore, proprio i prodotti di origine animale (e che queste cambino in accordo con i tempi e i costumi in continua evoluzione).
Se anche questo non basta, e c’è ancora chi è convinto che il proprio piacere sia una ragione utile per continuare a uccidere animali per il consumo umano (anche quando la scienza ha stabilito che non sia necessario), proponiamo una riflessione provocatoria. Con questa giustificazione si potrebbe allora fare ridimensionare e accettare qualsiasi comportamento – anche riprovevole – portato avanti da un individuo in nome del piacere personale. Ci sogneremmo mai di fare spallucce davanti a un omicidio perché a chi ne è accusato non è dispiaciuto compierlo? Noi crediamo proprio di no.
La realtà è che questi sono tempi in cui tutte le nostre scelte sono cruciali per garantire al Pianeta e alla nostra stessa specie un futuro: se quella legata al benessere animale è una battaglia a cui si arriva con un processo complesso e personale, crediamo che almeno per autoconservazione sia imperativo dire basta al consumo di carne e derivati animali. Vale la pena scherzare col fuoco e col nostro futuro solo perché pensiamo di non essere in grado di vivere senza un hamburger nel piatto?
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