Negli oceani l’«errore» diventa orrore

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Ricorderete tutti, o quasi, lo spot televisivo che presentava un trancio di tonno talmente tenero da tagliarsi con un grissino. Al di là della validità commerciale del messaggio – alcuni sostenevano infatti che non si trattasse di autentico tonno – colpisce la leggerezza d’animo con cui lo stesso messaggio veniva divulgato. Quante persone, col pallino […]

Ricorderete tutti, o quasi, lo spot televisivo che presentava un trancio di tonno talmente tenero da tagliarsi con un grissino.
Al di là della validità commerciale del messaggio – alcuni sostenevano infatti che non si trattasse di autentico tonno – colpisce la leggerezza d’animo con cui lo stesso messaggio veniva divulgato. Quante persone, col pallino del piatto “sano”, avranno aperto “innocentemente” una scatoletta di tonno aggiungendola alla propria insalata? O come rinunciare ai gamberetti durante un aperitivo o al sempre più popolare sushi? E ancora, pare davvero irresponsabile non dare ascolto i medici quando ci dicono che “il pesce fa bene”.
In fondo son pesci: non urlando, non soffrono. Un bel cortocircuito dell’empatia.
E’ possibile che più di qualcuno, guardando il famigerato spot sopracitato, abbia pensato che quello non fosse cibo ma che fosse ciò che rimaneva di un povero pesce certamente contrario alla propria uccisione e parcellizzazione. Quando si è venuto a sapere che la pesca dei tonni causava la morte dei delfini, alcuni produttori, per tranquillizzare i propri consumatori, sono corsi ai ripari sfoggiando la propria sensibilità e il proprio senso di responsabilità, annunciando che la pesca del tonno non avrebbe più causato l’uccisione dei delfini grazie all’adesione al Programma Internazionale per la Conservazione dei Delfini che prescrive misure volte a limitare la mortalità accidentale dei delfini. Una bella garanzia! Conservazione dei delfini nei mari, conservazione dei tonni in frigorifero.
Pare assurdo vantarsi di difendere i delfini mentre si svolge un’attività comunque dannosa e completamente inutile. Perché svolgerla? Ricorda molto la tendenza a salvare donne e bambini quando si parla di guerra. Si potrebbero salvare anche gli uomini forse evitando di fare la guerra. Si potrebbero salvare tutti gli altri pesci e animali marini evitando la pesca.
Ciò che non viene detto è molto altro: le vittime di questa guerra non sono “solo” tonni, delfini, gamberetti. Esistono centinaia di specie, miliardi di esemplari non edibili che, durante la pesca di animali edibili, finiscono nelle infernali reti dei pescherecci, nelle fauci dei colossali produttori di pesce, nelle chilometriche scope oceaniche guidate da sonar e satelliti tecnologicamente (ma solo tecnologicamente) avanzati. I sistemi di pesca sono diabolici e i pesci non hanno scampo. Il numero dei pescatori è drasticamente diminuito nell’ultimo quarto di secolo per lasciare spazio a pescherecci che hanno tutta l’aria di inesorabili navi da guerra.
Le reti vengono dipanate per centinaia di chilometri e, quando vengono issate, contengono tonnellate di morte. Gli animali uccisi “per errore” sono le cosiddette prede accessorie ossia quelle prede che finiscono inevitabilmente nelle reti e che vengono ributtate in mare, morte o agonizzanti, perché non di interesse alimentare. Vorrei evitare di dilungarmi ma ritengo che sia necessario citare alcune delle centoquarantacinque specie che vengono uccise durante la pesca, per citare uno degli innumerevoli esempi, dei tonni: mante, diavoli di mare, razze maculate, squali dal muso lungo, pesci martello, spinaroli, murene, pesci pilota, tirsiti, cavallucci marini, cernie, pesci serra, ombrine, ricciole, pagri, barracuda, pesci palla, tartarughe, albatri, gabbiani, mugnaiacci, berte dell’Atlantico, balenottere, delfini (nonostante il Programma Internazionale per la Conservazione dei Delfini), megattere, orche, focene, capodogli, stenelle, tursiopi e moltissime altre. Specie di cui la maggior parte di noi non conosce neppure il nome, specie mai sentite nominare prima d’ora. Queste specie vengono catturate per “errore” durante un’attività completamente sbagliata e dannosa: un vero orrore.
Se le scatolette dovessero contenere tutti i caduti di questa enorme guerra silenziosa dovrebbero essere gigantesche. Se dovessero recare l’indicazione di quanti animali sono morti, forse i consumatori comincerebbero a fare qualche riflessione e a ravvedersi pensando che non uccidono “solo” una volta ma più e più volte. Un annuncio sopra il banco frigo che reciti: per questo chilo di gamberetti sono stati uccisi e ributtati in acqua altri ventiquattro chili di altri animali marini. Se così dovesse essere, le borse della spese peserebbero quintali.
La pesca è un’attività umana devastante e in pochi lo sanno. L’oceano è enorme, le risorse sono inesauribili: questo è il pensiero irresponsabile che alberga nella maggior parte delle persone. E, cosa ancora più vergognosa è che questa attività sia sussidiata. Molti paesi finanziano questa indecenza, sostengono economicamente questa sistematica uccisione di massa e questo scellerato sfruttamento degli oceani. Tutti tacciono e ordinano pesce per sentirsi leggeri. Il fatto è che il ritmo di pesca attuale porterà all’estinzione della maggior parte delle specie e a danni irreversibili nel giro di una cinquantina d’anni. Ma come si fa a rinunciare all’insalata col tonno? Questo sfizio – troppo spesso scambiato per necessità – vale ben lo sterminio degli oceani!
I produttori mettono a tacere il vociare di malcontento assicurando che mentre pescano non ammazzano delfini. Non è l’uomo a decidere qual è l’animale la cui vita va rispettata. Non possiamo decidere a chi dare valore e a chi no, magari in funzione della nostra bella faccia o della nostra pancia. E non possiamo star muti come i pesci. Loro lo fanno per natura, noi per malafede.
Francesca Fugazzi
www.crueltyfreewebradio.org
Nota: le informazioni sulla specie delle prede accessorie sono tratte da “Se niente importa, perché mangiamo animali” di Jonathan Safran Foer edito da Guanda, Parma, 2010, pagg. 57-58
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News Inserita da Daria Mazzali
Redazione Promiseland.it

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3 commenti su “Negli oceani l’«errore» diventa orrore”

  • Barbara Primo

    dice:

    Nel film “We feed the World” parlano anche della pesca e fanno “vedere” quello che succede come descritto in questo articolo, ma in immagini. Le persone sono influenzate con i mass-media a non vedere l’orrore che comporta il consumo di animali per nutrirsi, mettono la razionalità nelle immondizie pur di continuare a impigrirsi nei loro atteggiamenti sbagliati.
    La cosa che mi fa cadere le braccia é che i babbani pensano di seguire una corretta alimentazione, soprattutto se mangiano poca-niente carne-ma-solo-pesce-che-fa-bene, e in realtà hanno una povertà gustativa nei loro piatti desolante. Questo lo dico non per fare la bella detentrice della verità assoluta, ma perché quando mangio a casa loro e quindi mi ritrovo relegata alla pasta all’olio o al pomodoro più insalata mi accorgo della bassa qualità degli ingredienti che comprano e della poca fantasia che ci mettono nel cucinare. La pasta con alghe-aglio-prezzemolo fatta con cura, con buoni ingredienti e una pasta super-lusso di un buon pastificio bio in automatico ti da un risultato migliore della loro pasta al tonno o alle vongole fatta con la pasta corrente (scadente?) e tanta sofferenza. Se invece di spendere i soldi nel pesce investissero sulla qualità dei prodotti di base mangerebbero meglio tutti e ci sarebbe meno crudeltà gratuita! Be veg go green.

  • Mimì

    dice:

    Ho visto vari servizi televisivi riguardo questo discorso.. Uno proprio qualche tempo fa se non erro al programma di rai tre report.. Che parlava proprio dei tonni, della morte di altre specie nella cattura di questi ultimi e come la provenienza dei tonni a marchio italiano in realtà non fossero nemmeno italiani. Ho visto anche altri reportage inerenti alla mattanza dei tonni, che continua ad essere svolta nonostante l’orrore, in un servizio, anche quì se non ricordo male, di geo&geo. Insomma che dire, si ripete il mio pensiero ma con piacere lo riscrivo e lo divulgo, la gente è sempre più ignorante.. Ignora che dietro una scatoletta di tonno si nasconde tanta morte e crudeltà, ignora il fatto che come dice Barbara i loro piatti sono davvero scadenti nella qualità e nella fantasia, acquistano questi prodotti perchè solo fortemente pubblicizzati e trasmessi come i migliori in commercio, quando poi dietro ogni azienda e multinazionale si nasconde oltre che l’orrore, lo schifo e la scarsa qualità che utilizzano nel produrre i loro prodotti.
    Credono di mangiare bene e sano, quando invece non leggono nemmeno le etichette dei prodotti che acquistano, non conoscono gli ingredienti, ma solo per il fatto che quello è un marchio noto, affiabbiano allo stesso “il contrassegno della qualità”. Le persone non si informano..
    e questo vorrei urlare..
    PRIMA DI ACQUISTARE, QUALSIASI SIA LA VOSTRA SCELTA ALIMENTARE, INFORMATEVIIIIIIIIIII SUL PRODOTTO CHE STATE COMPRANDO E SULL’AZIENDA O MULTINAZIONALE CHE LO PRODUCE,,,,
    PER FAVOREEEEEEEEEE!!!!!

  • GaZupp

    dice:

    Io so che non tutti siamo uguali, sono divenatata vegan da poco ma è come se lo fossi sempre stata.
    Ho repulsione per tutto quello che fino a 6 mesi fa era cibo, non riesco a vivere più come prima, a vivere assieme a persone che si nutrono di animali e derivati da questi.
    Questa è una premessa, io non riesco a capire, mi domando come sia possibile prendere coscienza degli orrori della macellazione, della pesca, degli allevamenti intensivi, di come arrivino sulle tavole il latte e le uova per continuare a nutrirsene.
    Giuro io non capisco se sono anormale io oppure gli altri, se il mondo si è talmente assuefatto alla violenza e al sopruso da considerare fanatici se non alieni tutti quelli che lo vedono per quello che è.
    Mi sono svegliata tardi ma mi sono svegliata, perchè a tutte le persone alle quali mostro questi orrori perfettamente documentati non accade quello che è accaduto a me ?
    Perchè non smettono di essere complici di quest’assurdità inumana ?
    Ogni vita è “sacra” e lo dico da non credente, può sembrare una contraddizione ma tendo ad usare ancora termini come “mio Dio” solo perchè ho smesso di credere da quando ho aperto gli occhi sullo sterminio sistematico delle forme viventi di questo pianeta.
    Provo una profonda amarezza, un dolore fisico per la sofferenza degli animali, forse sono la giusta punizione per quello che sono stata ma continuo a chiedermi PERCHE’ il resto del mondo vede e tace, vede e continua a commettere atrocità inaccettabili.
    Vivere socialmente è diventato difficile, non resisto all’odore della carne, del pesce, di tutto quello che miliardi di persone mangiano quotidianamente mi danno il voltastomaco e mi allontano sempre di più..
    Diventerò un’asociale ma per lo meno a posto con la coscienza.

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