Si chiude ufficialmente oggi, dopo quasi due settimane di colloqui e incontri, la Cop27 – il vertice annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici: l’ennesima occasione per fare il punto della situazione e mettere in atto azioni concrete per rispettare gli accordi di Parigi del 2015. Questi ultimi, lo ricordiamo, prevedono di limitare il riscaldamento globale a un massimo di 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali, entro la fine del secolo. Eppure, nonostante le premesse fossero migliori rispetto agli anni scorsi – e per la prima volta si è parlato della connessione tra climate change e agricoltura animale – la Conferenza è stata un altro buco nell’acqua.
Sì, perché anche se le evidenze scientifiche puntano il dito contro gli allevamenti intensivi come una delle cause principali del riscaldamento globale, nessun Paese si è impegnato concretamente per la loro riduzione. Sembra impossibile, ma né la volontà di mettere un freno all’espansione degli allevamenti intensivi, né la riduzione dell’uso dei combustibili fossili – i maggiori responsabili della crisi climatica che stiamo vivendo – sono apparsi tra le dichiarazioni dei 26 vertici sul clima conclusi finora a Sharm El-Sheick. Al massimo si è arrivati a parlare di una “gestione” degli allevamenti, che può senza dubbio voler dire tutto e niente.
Eppure, la richiesta di un’azione concreta su alimentazione e ambiente è arrivata anche dall’esterno. Con una lettera aperta ai leader mondiali – firmata da oltre 200 esponenti del mondo scientifico e non solo e promossa dall’associazione CIWF – si chiede, tra le altre cose, la riduzione dell’eccessiva “dipendenza del nostro sistema alimentare globale dalle proteine animali” per una produzione più etica e sostenibile. “Il settore zootecnico – si legge – produce più gas serra di tutti gli aerei, i treni e le auto del mondo messi insieme. Senza un intervento urgente, l’agricoltura intensiva minaccia a nostra stessa sopravvivenza.”
Cop27: il bilancio è l’ennesimo buco nell’acqua
Ma cosa ha avuto da dire l’Italia alla COP27? Il nostro Paese ha dato prova di una negligenza inaccettabile: non solo il neo Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha debuttato alla Conferenza con una magra figura, dando prova di una assoluta non conoscenza dell’inglese, ma il nostro Paese non ha avuto praticamente nulla da dire rispetto all’emergenza climatica e alle azioni da mettere in atto per contrastarla. Anzi: il piano del Governo Meloni sul mantenimento dello status quo per quanto riguarda la produzione alimentare – e la tutela del Made in Italy – è stato chiaro fin dalla campagna elettorale.
Un nulla di fatto, quindi, che lascia ovviamente con l’amaro in bocca ma che in qualche modo non arriva inaspettato. Basti pensare che Coca-Cola, da sempre nel mirino degli ambientalisti per le sue politiche tutt’altro che green e per essere il più grande produttore di plastica al mondo, è stata scelta come sponsor dell’evento. Una decisione inconcepibile, che però ha rappresentato l’emblema della situazione che stiamo vivendo: la crisi climatica si aggrava, ma il profitto è e rimarrà l’obiettivo trainante di qualsiasi decisione. Greta Thunberg si è espressa a chiare lettere sull’argomento, parlando della Cop27 come di “ambientalismo di facciata” e decidendo di non partecipare a quella che, a suo dire, sarebbe stata l’ennesima occasione sprecata.
Impossibile darle torto, anche perché – in barba alle evidenze scientifiche più aggiornate e ai dati prodotti dalle stesse Nazioni Unite, che vogliono il passaggio a un’alimentazione vegetale la chiave per combattere la crisi – alla Cop27 a farla da padrone è stato un catering ricchissimo di carne e derivati animali, con pochissime opzioni vegetali. In più, come già in passato in occasioni del genere, i vari leader mondiali hanno scelto di spostarsi a bordo di jet privati, tra i mezzi più inquinanti in assoluto: in tutto se ne sarebbero usati ben 400. Alla luce di tutto questo ha davvero senso, dunque, stupirsi per l’ennesimo nulla di fatto?
È grave, molto grave, che chi ha il potere di “salvarci” continui a girarsi dall’altra parte. Ma una cosa è certa: tutti pagheremo le conseguenze di questo menefreghismo, nessuno escluso.
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