new york fumo

Solo se New York viene avvolta dal fumo ci accorgiamo del climate change?

Definito un "evento senza precedenti", la pericolosa coltre di fumo che avvolge New York da giorni è in realtà un monito da non ignorare: se non cambiamo le cose, il climate change renderà sempre più probabili e devastanti fenomeni come gli incendi canadesi che hanno dato vita a questa coltre di fumo e cenere pericolosissima. Che altri indizi ci servono per cambiare rotta?

Negli ultimi giorni stanno facendo il giro del mondo le immagini di una New York dall’atmosfera spettrale, avvolta da una coltre di fumo e cenere dal colore giallognolo che può ricordare ai più scene di film post-apocalittici. Peccato che per i newyorkesi – e in realtà tutti noi – quel fumo non nasce da un effetto speciale, anzi: è la prova lampante del fatto che il climate change non sia un problema delle generazione future, ma urgente, quotidiano, tutto nostro. Se in Canada si registrano tra i più gravi incendi della sua storia, a subirne le conseguenze non sono solo gli animali e la flora arsa dalle fiamme, ma le vite di milioni di persone che purtroppo cominciano a toccare con mano i danni che stiamo ancora continuando a causare al nostro Pianeta. Ma andiamo con ordine.

“State al chiuso”: fumo e allerta qualità dell’aria a New York per gli incendi canadesi

Da parecchie ore ormai New York è avvolta da una coltre di fumo e cenere dal colore giallo-arancione. Un fenomeno che ha subito fatto scattare un’allerta per la pessima qualità dell’aria in città, dove l’indice Aqi che la misura ha raggiunto quota 342, un livello ritenuto altamente “pericoloso” per tutti i residenti e che ha regalato alla Grande Mela il poco invidiabile record di città più inquinata del mondo.

Il fumo che avvolge i grattacieli e la Statua della Libertà arriva però da lontano, dalle foreste canadesi del Quebec, dell’Ontario, della British Columbia e dell’Alberta, arse da diverse settimane da quello che è stato nominato il Donnie Creek Fire. “State al chiuso o indossate le mascherine all’aperto”, ha chiesto ai suoi cittadini il sindaco di New York Eric Adams, bollando il peggioramento della qualità dell’aria come qualcosa di straordinario. New York non è certo l’unica città americana a subire le conseguenze di questi incendi devastanti. L’allerta si è presto espansa a numerosissimi Stati della Costa Est e del Midwest americano, tra cui Connecticut, Massachusetts, Rhode Island, Illinois, Wisconsin e Minnesota.

“Un evento senza precedenti”: sì, ma per quanto ancora?

Inutile dire che a pagare il prezzo più alto sia proprio il Canada, dove intere metropoli come Toronto o Montréal sono letteralmente avvolte da fumo da giorni, con la situazione che non si appresta a migliorare, anzi. I servizi meteorologici americani e canadesi prevedono un peggioramento della situazione nei prossimi giorni. Da qui la necessità di preservare anziani, bambini, donne incinte, mentre gli ospedali già registrano record di richieste di assistenza per casi di intossicazione.

Ma se il sindaco della Grande Mela Eric Adams ha definito un “evento senza precedenti” quello a cui stanno assistendo oltreoceano, viene da chiedersi per quanto ancora potremo appellarci alla casualità, al fenomeno straordinario per parlare di fenomeni che con grande chiarezza e linearità si legano al climate change e al riscaldamento globale. Non è un caso se il Canada va a fuoco da inizio maggio, grazie a caldo fuori stagione e una siccità record, elementi che hanno cominciato a generare condizioni favorevoli alla proliferazione di incendi in Alberta e poi in tanti altri stati canadesi. Se è corretto dire che ogni singolo incendio non può essere collegato ai cambiamenti climatici, è altresì vero che la scienza parla ormai di condizioni e fattori umani che li stanno rendendo altamente più probabili, più devastanti e più problematici da risolvere. Caldo e siccità sono vere e proprie micce che aumentano le possibilità di un incendio altrimenti controllabile in qualcosa di estremo e distruttivo, come sta avvenendo in questi giorni in Canada.

Se non guardiamo in faccia la realtà, il nostro futuro sarà fosco come il cielo di New York

Robert Scheller, professore di silvicoltura presso la North Carolina State University, ha dichiarato alla BBC: “Il segnale del cambiamento climatico è molto forte. Stiamo vedendo non solo un’area bruciata più vasta del solito, ma anche incendi più gravi”. Non è un caso se la primavera canadese quest’anno sia stata più calda e secca del solito, con alcune zone dell’Alberta – da dove gli incendi si sono propagati – ad essere in situazione di siccità addirittura dal 2020.

Insomma, la connessione tra un evento fuori controllo come gli incendi canadesi e il climate change è lì, evidente per tutti: eppure si continua a trattare questi fenomeni con un misto di stupore e meraviglia, come se la Natura si fosse svegliata per fare uno scherzo improvviso che fra due, tre settimane passerà, permettendoci di tornare a vivere la nostra vita facendo business as usual. La verità però è molto più a tinte fosche di così: il nostro futuro rischia di essere nebbioso e pericoloso come il cielo newyorkese di questi giorni, se non ci rendiamo conto che questo è un avvertimento a cambiare le cose finché siamo ancora in tempo: e questo significa anche mettere in discussione le proprie abitudini alimentari, su cui ormai la scienza parla chiaro da tempo indicando la connessione tra alimenti di origine animale (carne in primis) e riscaldamento globale. Vale davvero la pena non respirare per continuare a portare in tavola bistecche e hamburger? Noi pensiamo proprio di no.


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