Non sembra ma è possibile. Con il trashware. Fare economia, anzi, commercio al tempo stesso ecosostenibile, equo e redditizio. Sempre più spesso gruppi di persone, in paricolare di ragazzi, si dedicano a questa attività. Il trashware tenta di colmare il divario informatico (lo scarto di informazioni esistente tra coloro che hanno accesso ai computer e a Internet e coloro che non lo hanno) attraverso il recupero, il ripristino, la ridistribuzione e il riutilizzo di computer e altri strumenti informatici dismessi.
Le sostanziali differenze che si creano grazie a al divario digitale coinvolgono tutte le sfere della vita sociale: dall’economia alla cultura, passando per il progresso delle relazioni tra popoli e la tutela della democrazia. Com’è logico supporre, il divario digitale colpisce in particolar modo la grande maggioranza della popolazione dei paesi del sud del mondo, per i quali l’assenza (o la scarsità) di materiale informatico s’aggiunge alle altre, gravissime mancanze. Ma anche da noi, nei paesi “avanzati”, ci sono categorie di persone quasi del tutto escluse dai beni e dalle conoscenze informatiche: anziani, poveri, migranti.
La fornitura di materiale informatico, corredato dall’ opportuna formazione necessaria per utilizzarlo, può contribuire a sanare, o almeno ad alleviare, i danni del divario digitale? Questa è sicuramente la speranza dei trashwaristi. Quello che fanno è semplice e geniale: sottraggono i computer (Pc) ancora validi alle discariche, li riqualificano usando software libero e li distribuiscono a categorie svantaggiate e a soggetti del terzo settore che non possono permettersi l’acquisto di un computer nuovo. I trashweristi combattono così la cosiddetta infopoverty, usando software libero e contribuendo alla salvaguardia ambientale.
I Pc diventano spazzatura in tempi troppo brevi (in media quattro anni per un privato, un anno e mezzo per un’azienda) rispetto a quella che potrebbe essere la loro vita effettiva. Nel 1999 sono stati gettati 40 milioni di computer, lo scorso anno qualcosa come 100 milioni di Pc sono finiti nelle discariche. Ancora oggi il 90 per cento di questi viene incenerito e recuperato senza un trattamento preventivo e senza che avvenga alcun tipo di smaltimento degli agenti inquinanti e dei metalli pesanti che contengono. I computer si tramutano così in vere e proprie bombe ecologiche. Il piombo provoca danni seri al sistema nervoso dell’uomo, il cadmio danni irreversibili ai reni ed al sistema osseo, il mercurio nuoce al cervello e al controllo visivo.
Il trashware è mosso da due energie convergenti: una è la sempre più pressante necessità di smaltire grandi quantità di computer, l’altra, meno ovvia ma altrettanto importante, è dare all’obsolescenza tecnologica il suo corso naturale, e non il frenetico ritmo artificialmente imposto negli ultimi anni. Macchine ancora perfettamente funzionanti vengono tagliate fuori da ogni utilizzo grazie agli accordi di produzione e vendita imposti agli utenti finali da chi controlla e pilota il mercato dell’hardware e del software. Vengono create ad arte piccole incompatibilità di strumenti e di formati e, sfruttando le posizioni dominanti di mercato, si costringono gli utenti, siano essi singoli, enti pubblici o aziende, ad aggiornare continuamente le proprie licenze, ad acquistare gli ultimi programmi e, inevitabilmente, a rinnovare i propri computer, abbandonando quelli in uso, anche se hanno sfruttato ben poca della loro vita utile.
La gestione dell’obsolescenza tecnologica ha un elevato impatto sociale e ambientale: si dismettono computer che hanno ancora un valore residuo, quando è ormai assodato che non e’ l’hardware a “invecchiare” bensi’ il software a farlo sembrare non più utile. Esiste un circolo vizioso tra software e hardware, per cui vengono rilasciati di continuo software inutilmente piu’ complessi che necessitano di hardware sempre piu’ potenti, quando invece i bisogni reali di un utente medio restano sempre gli stessi (prodotti per ufficio, navigazione e posta). I produttori di software e di hardware, ovviamente, hanno tutto l’interesse affinche’ cio’ si realizzi. Il software libero esce da questo assurdo inganno. Il trashware permette di utilizzare queste risorse senza sprechi: se c’è dell’hardware che non è ritenuto più produttivo dalle aziende, si valuta la possibilità di poterlo utilizzare con convenienza in altri contesti, da altri soggetti, e partendo da questi presupposti, si organizza il riutilizzo sfruttandone il valore economico e le potenzialità tecnologiche fino all’ultima goccia, in modo da minimizzare gli sprechi e l’impatto sull’ambiente e sulla società.
Perché il trashware inteso come riutilizzo dell’hardware dismesso possa riuscire a prosperare è assolutamente necessario che sui computer recuperati sia installato software libero. Il software non-libero ha infatti diversi tipi di incompatibilità con la natura stessa del progetto. Incompatibilità soprattutto economiche, poiché l’acquisto delle licenze sarebbe troppo oneroso per le associazioni di volontariato e per le popolazioni dei paesi impoveriti ai quali si intende destinare i computer recuperati. Installando software libero inoltre non si diventa lo strumento commerciale di nessuna delle grandi aziende, che sarebbero ben felici di avere degli ottimi agenti commerciali che diffondono e insegnano gratis i loro prodotti alle associazioni italiane e a vari popoli nel mondo. È infine spesso difficile reperire versioni di qualunque software non-libero in grado di funzionare in modo corretto sui computer recuperati e, anche qualora ciò fosse possibile, risulterebbe spesso inutile poiché i prodotti nuovi e aggiornati spesso non hanno caratteristiche accettabili di retrocompatibilità ma anzi contribuiscono in modo determinante all’obsolescenza tecnica e all’esclusione sociale. Il software libero poi, grazie alla natura aperta del codice che viene fornito, propone un modello cooperativo basato sulla condivisione delle conoscenze. Inoltre affinché il trashware possa essere economicamente vantaggioso e socialmente utile la sua realizzazione non può assolutamente prescindere dall’avvio di una collaborazione molto stretta tra amministrazioni, aziende e volontariato che sia in grado di portare avanti il recupero con successo.
Binario etico è una Onlus che si occupa di trashware e da due anni collabora con Ingegneria senza frontiere. Grazie ai finanziamenti ottenuti vincendo due bandi, uno della Provincia di Roma (politiche giovanili) e uno dell’Unione europea (programma gioventu’), e attraverso un lavoro volontario, raccoglie, riqualifica e redistribuisce Pc a soggetti della periferia romana: biblioteche di quartiere, associazioni culturali, Onlus, Centri di aggregazione giovanile. Ha all’attivo un progetto in Kosovo. Partecipa all’incubatore di imprese sociali InVerso del comune di Roma e, al più presto, dovrebbe tramutarsi in cooperativa.
Abbiamo incontrato Davide Lamanna di Binario etico.
Binario Etico è un’iniziativa di Altreconomia legata al movimento Trashware (*1*). La nostra idea è di fare impresa sociale partendo dai principi e dalle pratiche del Trashware (*1*). In pratica, ci proponiamo di gestire l’obsolescenza tecnologica a vantaggio degli esclusi dalla società dell’informazione. Quello che viene gettato via troppo prestoa causa del consumismo informatico, diventa così una strumento per combattere il divario digitale.
Per noi Trashware vuol dire promuovere una logica di riuso e non di spreco. Di fronte al disastro ambientale provocato dall’enorme mole di Pc che ogni anno vengono dismessi (parliamo di centinaia di migliaia di computer), noi lavoriamo per allungare la vita ai computer attraverso una gestione più efficiente del software. I Pc vengono dismessi troppo rapidamente (in media 2-3 anni) in obbedienza a logiche di mercato che finiscono per svantaggiare gli utenti finali. Abbiamo verificato che a rendere obsoleto l’hardware è in realtà il software che viene usato, spesso non ottimizzato e inutilmente sofisticato per gli utenti comuni. Questi, nella maggior parte dei casi, avrebbero semplici programmi di scrittura, calcolo, navigazione in Internet e grafica. Invece la continua rincorsa tra hardware e software, fomentata dalle grandi multinazionali dell’informatica, costringe all’acquisto di macchine sempre più potenti con le quali si svolgono praticamente le stesse funzioni di dieci anni fa. Il Software Libero (*2*), invece, in virtù della natura aperta del codice sorgente, consente ampi margini di ottimizzazione. Lavorandoci un po’ sopra, una macchina vecchia può arrivare ad avere prestazioni paragonabili a quelle di ultima generazione per determinati tipi di applicazioni.In particolare, noi abbiamo scelto la distribuzione GNU/Linux Debian (*3*), sia per ragioni tecniche (è indubbiamente la più modulare e tra le più performanti) che politiche (si tratta di un progetto non commerciale basato su un contratto sociale con l’utente).
Il progetto prende le mosse dall’esperienza di Ingegneria senza frontiere (*4*), di cui molti dei soci fanno parte. In Isf abbiamo realizzato nel 2002 un progetto di cooperazione in Kosovo, nella regione di Drenitza, una delle più colpite dal conflitto. L’istituto tecnico Anton Cetta di Skenderaj ci ha chiesto aiuto per l’allestimento di un laboratorio di informatica, che doveva servire da supporto all’insegnamento di Informatica. Dopo alcuni sopralluoghi, abbiamo raccolto 12 Pc dismessi da un’azienda, ci abbiamo installato sopra Linux e alcuni applicativi Open Source per la didattica. Li abbiamo portati nella scuola, abbiamo realizzato una rete locale e tenuto un mese di corsi di informatica di base per gli studenti e per i docenti.Al nostro ritorno, abbiamo coinvolto il Dipartimento di Informatica e Sistemistica (*5*) de La Sapienza insieme al quale abbiamo condotto una ricerca sulle possibilità di ottimizzazione delle risorse computazionali tramite distribuzione del calcolo su più nodi, proprio pensando che in un laborarorio di informatica sono in genere presenti più computer che possono cooperare mettendo in comune le risorse a disposizione, anche se scarse. Allo stesso tempo siamo entrati a far parte della comunità Trashware (*1*), che proprio in quel momento stava nascendo e abbiamo verificato che in tutta Italia stavano nascendo esperienze simili. Allora c’è venuto in mente che forse avremmo potuto costituire un gruppo specifico a Roma che si occupasse di Trashware e che potesse fare impresa sociale. E così è nata Binario Etico.
Siamo strutturati in gruppi operativi che si occupano di gestire i contatti con chi dismette hardware (aziende, enti, studi di architettura) e con chi li riceverà per capire quali sono le loro esigenze in fatto di informatica. Un gruppo tecnico si occupa di riqualificare l’hardware e ottimizzarlo usando Software Libero. Quindi si procede alla consegna e alla formazione in loco.
Abbiamo fatto domanda per entrare nell’incubatore di imprese sociali InVerso, del comune di Roma. Ci vorremmo costituire come cooperativa e lavorare per la fornitura di hardware e di servizi informatici. Siamo stati recentemente ammessi al Tavolo dell’Altreconomia, che sta lavorando alla costituzione del consorzio Città dell’Altreconomia (*6*), iniziativa che dovrebbe partire nella primavera del 2006 e che vedrà le realtà di Altreconomia presenti a Roma lavorare insieme negli spazi dell’ex-mattatoio ad un progetto di promozione di un’ economia diversa e concreta.
Ci rivolgiamo al terzo settore, all’associazionismo, al mondo del non-profit, al volontariato e in generale a tutti coloro che condividono i nostri principi e le nostre modalità operative e lottano per dare vita ad alternative possibili. Inoltre, vorremmo contribuire a colmare il divario digitale che tiene esclusi dalla società dell’informazione le realtà più svantaggiate: migranti, ex-detenuti e in generale chi non può permettersi un computer e una formazione informatica di base. Vorremmo in futuro ripetere esperienze di cooperazione internazionale, anche se siamo convinti che il Sud del Mondo sia anche la periferia di Roma. C’è molto da fare anche dalle nostre parti!
Analogamente a quanto avviene con il commercio equo e la finanza etica, ci proponiamo di offrire strumenti informatici a condizioni vantaggiose a quanti non possono permettersi di rivolgersi al mondo del profit o semplicemente vogliano supportare il software libero e la nostra iniziativa non-profit. Il processo di costruzione dal basso di un sistema socioeconomico in grado di rispondere meglio alle esigenze di tutti passa necessariamente attraverso la creazione di reti che possano dare voce e forza allo sviluppo locale nella sua tensione verso scenari globali. In questo sforzo, l’informatica rappresenta uno strumento potenzialmente molto utile, che rivela però i problemi di accessibilità, tanto economici quanto tecnici, caratteristici di un settore che trae una propulsione straordinaria proprio dalle logiche di mercato che si è chiamati a rimpiazzare. Per questa ragione il Software Libero (*2*) è ormai univocamente riconosciuto come lo strumento principe di cui dotarsi. L’esperienza del Trashware (*1*) può fornire all’esigenza di fare rete la necessaria attrezzatura hardware come base di sviluppo.
Oltre all’hardware, offriamo progettazione di siti web, formazione e applicazioni web avanzate, quali mappe Web/GIS, sistemi di gestione di contenuti e strumenti per fare rete.
Ci siamo aggiudicati un finanziamento dell’Unione europea che ci è servito per cominciare. Contiamo di rispondere ad altri bandi, ma la nostra sfida è di diventare al più presto economicamente sostenibili e dunque fare a meno dei finanziamenti pubblici. Se avremo abbastanza clienti, contiamo entro il 2006 di raggiungere questo obiettivo. Bisogna vedere se riusciremo a destare abbastanza interesse in quanti si battono per una società migliore e
sono disposti a passare al Software Libero (*2*). Paradossalmente, il terzo settore è ricco di spinte politiche verso Linux, ma povero di esempi concreti di passaggio a sistemi aperti e liberi.
Chiunque abbia un computer funzionante da dismettere può scriverci a:
[email protected].
Chi invece volesse un computer o un servizio può richiederlo a:
[email protected].
Per collaborare con il gruppo tecnico:
[email protected].
Collegamenti ipertestuali:
*1* http://trashware.linux.it/wiki/TrashWiki
*2* http://www.gnu.org
*3* http://www.debian.org
*4* http://www.isf-roma.org
*5* http://www.dis.uniroma1.it
*6* http://www.autopromozionesociale.it/…/autohtml
————————–
Testo di Riccardo Desideri
Tratto da: www.carta.org
Per discutere questo articolo: forum di promiseland dedicato al commercio etico
Inserito da: Daniele Lentini

Scegli i prodotti certificati VEGANOK e sostieni così la libera informazione!

Solo con la partecipazione di tutti potremo fare la differenza per la salvaguardia del pianeta.