Dalla Nuova Zelanda arriva una mossa veemente, necessaria, coraggiosa: la Premier Jacinda Arden ha annunciato che dal 2025 gli allevatori del Paese oceanico potrebbero esser costretti a pagare una tassa in base alle emissioni di metano generate dagli allevamenti animali. Un’iniziativa che ha subito generato scalpore, ma che per Arden rappresenta uno dei modi più efficaci e veloci per diminuire le emissioni di metano e – si spera – disincentivare la produzione massiva di carne.
Quello degli allevamenti è un problema molto sentito in Nuova Zelanda. Un Paese poco meno grande dell’Italia dove vivono solo 5,1 milioni di persone a fronte di, incredibile ma vero, 37 milioni di animali da carne (mucche e pecore in primis). Il sistema di tasse proposto dal governo dovrebbe basarsi sulla quantità di animali presenti in allevamento e sulla possibilità di pagare sì delle tasse per le emissioni, ma di poterle evitare compensandole con azioni sostenibili, tra cui la messa a dimora di alberi o investimenti in produzioni che abbassino le emissioni.
Un primo passo, per la Premier Arden, per abbassare del 10% le emissioni entro il 2030. Ma gli allevatori sono già sul piede di guerra, sostenendo che la nuova misura sarebbe un salasso per l’industria della carne neozelandese, punto fermo dell’export del Paese. Ma il governo non sembra volersi fermare, anzi: Arden e colleghi stanno discutendo da molto tempo sulla possibilità di inserire una tassazione anche sui prodotti di origine animale, alzando le aliquote per contemplare, nel prezzo finale, anche i costi ambientali derivanti dalla produzione di ciò che si acquista.
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