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Seguire un’alimentazione plant-based può ridurre il rischio di Parkinson

Una nuova ricerca basata sulle abitudini di consumo di 126.000 in relazione al Parkinson, dimostra come una dieta plant-based ricca in verdure, noci e té possa ridurre il rischio dal 25% di insorgenza della malattia di Parkinson.

Un nuovo studio apparso sulla rivista scientifica Movement Disorders, giornale ufficiale della International Parkinson and Movement Disorders Society, ha rivelato che seguire un’alimentazione plant-based sana e bilanciata aiuta a ridurre le probabilità di sviluppare la malattia di Parkinson, specialmente in soggetti più anziani e quindi più esposti ai rischi ad essa collegati. In particolare, sono tre i gruppi alimentari a base vegetale più indicati per abbassare le probabilità di contrarre il Parkinson.

Noci, verdure e té gli alimenti plant-based per tenere il Parkinson lontano

Stando ai dati raccolti nello studio presentato dai ricercatori Anna Tresserra-Rimbau PhD, Alysha S. Thompson MSc, Nicola Bondonno PhD, Amy Jennings PhD, Tilman Kühn PhD, Aedín Cassidy PhD della Queen’s University di Belfast, assumere una quantità elevata di alimenti a base vegetale, in special modo verdure, noci e tè, contribuisce a ridurre drasticamente il rischio di sviluppare la malattia di Parkinson.

“Risultati importanti, soprattutto per aiutare a perfezionare e informare i messaggi di salute pubblica che prendono in considerazione le diete a base vegetale: queste prove dimostrano che un semplice cambiamento della propria dieta ha il potenziale per ridurre le probabilità di contrarre malattie come il Parkinson”, hanno affermato gli autori commentando lo studio. “L’identificazione di fattori di rischio modificabili ad esso legati, come dieta e stile di vita, può aprire nuove strade per la prevenzione primaria”. 

Lo studio nel dettaglio

I dati dello studio sono stati attinti dalla Biobank del Regno Unito, un ulteriore studio a lungo termine che analizza e monitora dati per scoprire il ruolo della genetica e dell’ambiente circostante nell’insorgenza di malattie come il Parkinson. I ricercati dell’Università britannica hanno avuto l’opportunità di analizzare i dati di quasi 126.283 partecipanti raccolti nell’arco di quasi 12 anni di monitoraggio. Tra questi soggetti, 577 hanno ricevuto una diagnosi di malattia di Parkinson.

I ricercatori hanno applicato il questionario dietetico Oxford WebQ per valutare la frequenza e la quantità di consumo nei partecipanti allo studio di 200 prodotti alimentari e 30 bevande consumate nell’arco di 24 ore, distinguendo tra alimenti vegetali sani (cereali integrali, frutta, verdura, noci e alternative proteiche) e alimenti vegetali non salutari (succhi di frutta, dolci e dessert). Gli alimenti di origine animale sono stati classificati separatamente.

I risultati della ricerca della Queen’s University di Belfast

Le diete plant-based possibili sono state classificate in base a 17 gruppi alimentari in un indice generale, tra cui uno base vegetale (PDI), un indice di dieta salutare a base vegetale (hPDI) e un indice di dieta a base vegetale non salutare (uPDI). A ciascun indice è stato assegnato un punteggio: gli indici PDI e hPDI avevano punteggi più più alti, a indicare diete ricche di alimenti a base vegetale, mentre punteggi uPDI più alti indicavano diete a base vegetale meno sane.

I partecipanti che avevano ottenuto punteggi elevati negli indici di dieta a base vegetale salutare avevano un rischio ridotto di Parkinson, mentre al contrario, chi registrava punteggi più alti nella dieta plant-based non salutare dimostrava un rischio più alto del 38% di Parkinson. Un’analisi supplementare aggiustata per fattori genetici ha rivelato poi che i soggetti hPDI con punteggi più alti avevano un rischio di Parkinson inferiore del 25%. Parlando di alimenti specifici, quelli con il più alto apporto di verdure avevano un rischio di Parkinson ridotto del 28%, mentre quelli che consumavano più noci hanno ridotto il rischio del 31%. Nel frattempo, le persone che consumavano la massima quantità di tè hanno ridotto il rischio di contrarre la malattia del 25%. 

“Il nostro nuovo studio rafforza la consapevolezza relativa ai benefici per la salute derivanti dall’adesione a modelli dietetici sani a base vegetale”, hanno concluso gli autori a margine dello studio.


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