pellicce max mara

Grande mobilitazione globale contro l’uso di pellicce: il caso Max Mara

Associazioni animaliste lanciano un appello internazionale a Max Mara per adottare una politica fur-free in vista delle settimane della moda mondiali.

Con l’avvicinarsi delle settimane della moda di New York, Londra, Milano e Parigi, è stata avviata una campagna senza precedenti per sollecitare il gruppo di moda Max Mara a rinunciare all’uso di pellicce nelle sue collezioni. Questo movimento è sostenuto da organizzazioni animaliste internazionali, tra cui Humane Society International (HSI), Humane Society of the United States (HSUS) e i membri della Fur Free Alliance (FFA), che operano in oltre 35 paesi.

L’appello si estende a tutti i brand del Max Mara Fashion Group, come Marina Rinaldi e Sportmax, con l’intento di persuadere l’azienda a cessare l’utilizzo di pellicce animali, simboli di crudeltà e anacronismi in una società moderna e consapevole. L’iniziativa vede il coinvolgimento attivo dei sostenitori attraverso diverse forme di comunicazione diretta con il marchio, dalla posta elettronica ai social media, per promuovere un cambiamento etico nella moda.

max mara shop window
Fonte della foto: Wikipedia

La situazione attuale di Max Mara

Max Mara, con oltre 2.500 negozi in 105 paesi, continua a utilizzare pellicce di volpe, cane procione, e visone nelle sue collezioni.

Nell’offerta si trovano polsini in pelliccia di volpe, cappucci bordati in visone e in pelliccia di volpe, guanti di visone, un parka con dettagli in pelliccia di volpe, e un accessorio per borse in pelliccia di cane procione. Le etichette dei prodotti svelano che l’azienda si approvvigiona di pelliccia di visone dalla Cina e di pellicce di volpe e cane procione dalla Finlandia.

L’utilizzo di pelliccia posiziona il gruppo Max Mara in netto contrasto in netto contrasto con la tendenza fur-free adottata da competitor come Dolce & Gabbana, Saint Laurent, Valentino, Gucci, Versace, Alexander McQueen, Balenciaga e Jimmy Choo, oltre ai marchi storicamente contrari come Hugo Boss, Armani, Tommy Hilfiger, Stella McCartney e Vivienne Westwood.

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credit immagine: Essere Animali

La questione etica e ambientale

Il Max Mara Fashion Group fa affidamento su pratiche di allevamento che costringono visoni, volpi e cani procione a vivere in condizioni estremamente anguste e prive di stimoli, negando loro ogni possibilità di seguire i propri istinti naturali. Questi animali, destinati alla produzione di pellicce, subiscono metodi di uccisione atroci come l’elettrocuzione o l’asfissia con gas prima di essere privati della loro pelle.

La produzione di pellicce non solo è crudele, ma porta con sé gravi conseguenze ambientali e rischi per la salute pubblica. Studi indipendenti effettuati da Foodsteps, su commissione di HSI, hanno evidenziato come la pelliccia sia uno dei materiali con l’impatto più negativo sul riscaldamento globale, con emissioni di gas serra per unità di peso nettamente superiori rispetto a quelle del cotone o del poliestere. Un chilogrammo di pelliccia di visone, ad esempio, ha un’impronta carbonica 31 volte maggiore rispetto al cotone e 25 volte rispetto al poliestere. Oltre a ciò, gli allevamenti di pelliccia sono hotspot per la trasmissione di malattie zoonotiche, inclusi il COVID-19 e l’influenza aviaria, con numerose epidemie confermate in Europa e Nord America negli ultimi tempi.

In un momento storico in cui esistono alternative di alta qualità e sostenibili, come il KOBA® Fur Free Fur, che si avvale di materiali vegetali e riciclati, la persistenza di tali pratiche da parte di Max Mara appare ancor più ingiustificabile. La recente indagine condotta sotto copertura, la più estesa mai realizzata sugli allevamenti di pellicce in sei paesi dell’Unione Europea, inclusa la Finlandia, fonte delle pellicce di volpe e cane procione di Max Mara, ha rivelato condizioni di vita degradanti per gli animali. Gli investigatori hanno documentato scene di disperazione, con animali che mostravano comportamenti di stress estremo come il cannibalismo e l’automutilazione, e hanno trovato esemplari feriti, malati o addirittura morti, molti dei quali con parti del corpo mancanti, infezioni oculari gravi o ferite infestate da parassiti.

La campagna fur-free contro il Max Mara Fashion Group rappresenta un momento cruciale nella lotta per una moda più etica e sostenibile. Con il sostegno globale e l’aumento della consapevolezza, si spera in un futuro in cui la bellezza della moda non sia macchiata dalla sofferenza animale o dall’impatto ambientale negativo.

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