Perché un vegano non usa la LANA?

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Spesso ci si chiede cosa ci sia di male nella lana. E’ comune credere che come le mucche producono latte per donarlo con gioia all’uomo, così le pecore sono ricoperte da un folto mantello di lana affinché gli esseri umani possano goderne. Ma non è assolutamente così. L’uomo dovrebbe abbandonare questo atteggiamento cinicamente antropocentrista. Gli esseri […]

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Spesso ci si chiede cosa ci sia di male nella lana.
E’ comune credere che come le mucche producono latte per donarlo con gioia all’uomo, così le pecore sono ricoperte da un folto mantello di lana affinché gli esseri umani possano goderne.
Ma non è assolutamente così.
L’uomo dovrebbe abbandonare questo atteggiamento cinicamente antropocentrista.
Gli esseri animali non sono stati creati perché gli esseri umani li potessero sfruttare, così come i neri non esistono per essere usati dai bianchi, né le donne dagli uomini.
L’uso della lana può sembrare una scelta innocua, ma i grandi numeri della produzione industriale lasciano intendere che può esserlo difficilmente.
La tosatura delle pecore è una pratica molto antica e magari, prima del grande incremento della popolazione umana e quindi della domanda di prodotti in lana, si poteva anche pensare che gli allevatori avessero abbastanza tempo da dedicare a questa pratica senza arrecare sofferenza agli animali.
Oggi la tosatura delle pecore è quasi totalmente automatizzata, ed essendo legata alle misure standard delle macchine, non rispetta la varietà della natura, e quando la pecora è “fuori misura”, le lame, che in pochi minuti hanno il compito di tagliare tutta la lana, tagliano anche la carne. Questo metodo, inoltre, essendo programmato, può portare d’estate a colpi di calore anche mortali, mentre in caso di abbassamento della temperatura, gli ovini corrono il rischio di morire per l’esposizione al freddo eccessivo.
La lana, oggi, proviene quasi tutta da allevamenti che contano milioni di capi, situati in Sud America o in Australia, di pecore selezionate ed allevate per possedere velli sempre più folti (una particolare specie di pecore, le pecore merino, sono state selezionate in modo da avere una pelle molto rugosa e di essere, quindi, in grado di produrre un maggior quantitativo di lana); qui gli animali, oltre alla tosatura, subiscono innumerevoli maltrattamenti: i maschi vengono castrati con l’elastico, e a tutti gli ovini viene tagliata la coda o praticato il cosiddetto mulesing.
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Per ovviare al problema delle mosche che depositano le loro uova nella pelle delle pecore e le cui larve penetrano nella carne, e per evitare, soprattutto, che la pecora sporchi il suo “prezioso vello” con gli escrementi, gli allevatori attuano questa operazione, il mulesing, che consiste nel bloccare l’animale a testa in giù con delle barre di metallo e tagliarne lembi di carne viva dall’area perianale, inclusa la coda, lasciando così i tessuti vivi e sanguinanti. Questo intervento viene fatto per mezzo di un coltello e senza alcun tipo di anestetico e di disinfettante. Alcuni animali, che non sopportano tale tortura, ne muoiono, ma nel contesto dei grandi “numeri” (tali sono considerati gli animali dagli allevatori) la cosa risulta ininfluente, visto che questo trattamento risulta, comunque, il più economico.
Indossare lana significa, quindi, indossare violenza e morte.
Ma indossare lana non è necessario. La lana può essere sostituita da tessuti, altrettanto caldi e morbidi, come il pile, il velluto, la microfibra, la ciniglia, il caldocotone, il cotone felpato, l’acrilico, la spugna di cotone; in particolare, nella trama del cotone invernale (caldocotone) si trovano microscopiche camere d’aria che isolano perfettamente dal freddo.
Oltre ai materiali citati ve ne sono numerosi altri senza crudeltà, vegetali o sintetici, come, ad esempio, il lino, la viscosa, l’acrilico, la canapa, il fustagno, il goretex, il nylon, il poliestere, il thinsulate, il polarguard, il fibrefill e la cordura. Sono materiali di alta qualità, l’impatto ambientale dei quali, durante il ciclo produttivo, è comunque minore rispetto alla produzione di prodotti con derivati animali, legati agli allevamenti (già di per sé molto dannosi per l’ambiente) e trattati con prodotti chimici. Rinunciare a vestirsi con la morte e la sofferenza degli animali non significa, quindi, sottovalutare i problemi ecologici, ma sicuramente il contrario.
Se, inoltre, si desidera produrre da soli, a proprio gusto, maglie, maglioni, guanti, calze, berretti, sciarpe e molto altro ancora, si trova in commercio una lana acrilica, prodotta con plastica riciclata, calda, morbida e dalle mille tinte e colori!
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Ricordiamoci che non siamo i padroni del mondo, e che solo con il rispetto per tutti gli esseri viventi possiamo ritenerci esseri davvero evoluti !!!
www.assovegan.it
[email protected]
www.veganok.com
https://www.youtube.com/watch?v=M5Ge5raSOfU
Filmato della Peta su allevamenti/tosatura/trasporti/macellazioni delle pecore:
http://www.petatv.com/tvpopup/Prefs.asp?video=save_the_sheep 

 
 

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Un commento “Perché un vegano non usa la LANA?”

  • Lucia

    dice:

    I materiali, da voi citati, (a parte il cotone, la lana acrilica e alcuni filati come il poliestere e il nylon) dove si trovano? Mi interessano i filati per i lavori a maglia. Grazie

I commenti sono chiusi.