Pesce vegetale: un’alternativa destinata a diventare la nuova normalità

Le alternative vegetali al pesce stanno catalizzando molto interesse, come nuovo trend vegan: un mercato ancora ridotto se paragonato a quello della carne vegetale, ma che si sta espandendo velocemente e che promette di raggiungere in poco tempo cifre importanti in termini di valore e sell-out.

Mentre la carne vegetale è un prodotto sempre più noto e la sua presenza sul mercato è ormai consolidata da qualche anno, un discorso diverso va fatto per il pesce vegetale, la cui produzione è avviata e attira l’attenzione di consumatori e produttori, ma risulta ancora in una fase iniziale. Parliamo però di un trend in forte espansione, che vede piccole start up ma anche grandi multinazionali impegnate nella creazione di alternative vegetali ai prodotti ittici. Il motivo è legato sia al crescente interesse per l’alimentazione vegetariana e vegana – che ovviamente escludono il consumo di pesce – ma anche alla consapevolezza da parte dei consumatori dell’impatto ambientale che la pesca ha sugli ecosistemi marini, e della necessità di ridurre il consumo dei prodotti ittici.

Così, anche per i prodotti ittici i consumatori (vegani e non) cercano alternative vegetali, e le aziende sono impegnate a rispondere a questa domanda in forte crescita. Secondo il Good Food Institute (GFI), il mercato del pesce vegetale rappresenta oggi una piccola frazione del mercato delle alternative ai prodotti animali, con un valore di circa 10 milioni di dollari all’anno negli Stati Uniti – il più grande mercato per questi prodotti finora – rispetto a circa 1 miliardo di dollari per le altre alternative plant-based.

La varietà di alimenti alternativi disponibili è ancora ridotta rispetto alla gamma di prodotti ittici presenti sul mercato. Anche se gli esperti già da qualche tempo dichiarano che i frutti di mare vegan potrebbero essere la tendenza alimentare del prossimo futuro, per ora si tratta di prodotti ancora in fase di sperimentazione. Alcune aziende hanno scelto di focalizzare la propria attenzione – e i propri investimenti – sulla produzione di alternative alle specie più popolari, partendo dal tonno: un esempio su tutti è rappresentato da Nestlé, la più grande multinazionale alimentare al mondo, che ha da poco lanciato un’alternativa vegetale al tonno, per ora solo sul mercato svizzero. Poi c’è Impossible Foods, famosa a livello globale per i suoi Impossible Burger alternativi alla carne, che ha scelto di espandere la produzione anche al pesce vegan: si chiama Impossible Fish ed è “pesce” 100% vegetale, ancora in fase di lavorazione ma con potenzialità di mercato enormi. Come i famosi burger dell’azienda, anche il nuovo prodotto conterrà l’eme, una molecola che contribuisce a dare sapore di carne agli Impossible Burgers; il team di ricerca ha sviluppato un brodo a base vegetale che richiama il sapore delle acciughe e che potrebbe essere la base per molte preparazioni. Molte sono le aziende che stanno scendendo in campo con la loro alternativa vegetale al pesce.

Pesce vegetale: non solo tonno e salmone

Sebbene alcune grandi aziende abbiano scelto di concentrarsi sulla produzione di alternative al tonno e al salmone perché si tratta delle specie attualmente più consumate, non mancano aziende che invece puntino alla produzione di gamberetti, caviale, capesante, calamari, granchi e filetti di pesce totalmente cruelty-free. Gli ingredienti più comuni in questi prodotti sono soia, alghe, lievito, legumi, vari oli vegetali e amidi. Secondo Forbes, l’industria della carne a base vegetale vale più di 900 milioni di dollari e l’anno scorso ha registrato un aumento delle vendite del 18%. Secondo una ricerca di mercato della Plant-Based Foods Association, il 79% dei Millenials consuma già carne di origine vegetale e i produttori di pesce a base vegetale si aspettano la stessa popolarità per questi prodotti.

Anche se questo mercato sta crescendo più lentamente rispetto a quello della carne vegetale – a causa probabilmente della maggiore difficoltà di replicare gusto e consistenza dei prodotti ittici – gli esperti concordano nell’affermare che il “pesce” vegetale sarà la prossima tendenza nel mercato delle proteine plant-based. Un’innovazione sicuramente gradita a vegetariani e vegani, ma anche al consumatore flexitarian, che consuma sporadicamente alimenti di origine animale e che può trovare in questo nuovo mercato alternative interessanti. Allo stesso modo, questi prodotti trovano nei soggetti allergici ai prodotti ittici e nelle donne in gravidanza un target di riferimento piuttosto nutrito.

Nuove frontiere: il momento del pesce in vitro

Mentre le startup di tutto il mondo lavorano per creare versioni coltivate in laboratorio di manzo, pollo o maiale, alcune stanno innovando la tecnologia legata alla produzione di pesce in vitro, tra cui BlueNalu con sede a San Diego. L’azienda ha ricevuto un finanziamento di circa 60 milioni di dollari (il più grande finanziamento mai registrato nel settore globale dei prodotti ittici cell-based) per mettere a punto una produzione di pesce in coltivato su larga scala che permetterebbe in prima battuta, di mettere sul mercato 8160 tollellate di pesce senza sfruttamento animale. Si tratta di un settore emergente che, nonostante sia destinato a consolidarsi, dovrà superare molti step prima che i prodotti coltivati possano essere immessi sul mercato, compresa l’approvazione da un punto di vista normativo. In questo momento l’unico paese al mondo che consente la vendita di carne coltivata in laboratorio è Singapore, che ha approvato la vendita di pollo coltivato alla fine dell’anno scorso ma presto, queste referenze arriveranno sul mercato globale.

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La pesca, e soprattutto la pesca intensiva e illegale, sta distruggendo i mari a una velocità inimmaginabile con conseguenze devastanti su tutto il sistema terra. Non è possibile parlare di pesca sostenibile. I mari non sono solo l’habitat di migliaia di specie animali e vegetali, ma sono essenziali anche per la nostra sopravvivenza: assorbono circa un terzo delle emissioni di gas inquinanti create dall’uomo e circa la metà della fornitura di ossigeno del pianeta proviene dal mare, che svolge anche un ruolo  fondamentale nella regolazione delle temperature globali, dei modelli meteorologici e del clima. La distruzione degli ecosistemi acquatici porta dunque con sé un pericolo per la sopravvivenza di tutte le specie, oltre ad avere un risvolto etico che non possiamo più ignorare.

La specie umana è stata in grado di distruggere in pochi decenni il 29% delle specie ittiche “commerciali”; uccidiamo 650 mila animali marini ogni anno tra balene, delfini e foche, massacrando 73 milioni di squali all’anno (ben 30 mila ogni ora) per la loro carne o “per errore”. Il dramma della cattura accessoria rivela dei numeri davvero preoccupanti: l 60% del pescato entra nelle filiere e il 40% viene considerato “pescato accessorio”, i pesci non necessari a fini commerciali vengono restituiti al mare già morti. Sono destinate a questo trattamento tutte le specie minacciate dalle reti dei pescherecci: squali, tartarughe marine, foche, uccelli marini, delfini.

Il documentario ha avuto un forte impatto nel dibattito pubblico e ha scatenato una riflessione collettiva riguardo la necessità di cambiare rotta e smettere di sfruttare i mari ormai al collasso.

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