peste suina Pavia

Peste suina: nel pavese abbattimenti crudeli, coinvolti anche i santuari

Torna la peste suina a Pavia e nella provincia: individuati finora 7 focolai della malattia - che non è pericolosa per l'essere umano - e disposto l'abbattimento di migliaia di animali, anche nei santuari della zona.

Torna l’allarme peste suina in Lombardia, dopo che il primo caso della zona del pavese è stato documentato lo scorso giugno: la zona colpita rimane la provincia di Pavia, dove in queste ore le autorità hanno disposto l’abbattimento di migliaia di animali non solo negli allevamenti della zona – dove sono rinchiusi circa 4 milioni di individui – ma anche in alcuni santuari destinati al recupero dei maiali scampati agli allevamenti e ai macelli.

Il primissimo focolaio della malattia – che, lo ricordiamo, non è pericolosa per l’essere umano ma ha un alto tasso di mortalità tra i maiali e i cinghiali – è stato individuato in Italia nel 2022, e ad oggi i nuovi focolai identificati nel pavese sarebbero addirittura sette. Un allarme che ha comportato l’intervento dell’Unione Europea che, per evitare il diffondersi della malattia, ha già disposto l’abbattimento di quasi 12 mila maiali, con la prospettiva aberrante che questo sia solo l’inizio. La peste suina africana, infatti, si diffonde in maniera rapidissima e con conseguenze devastanti per gli animali coinvolti.

Non certo una novità, visto che è ormai conclamato come gli allevamenti – di qualsiasi tipo, ma soprattutto intensivi – siano il luogo perfetto per la proliferazione di virus e malattie potenzialmente letali anche per l’essere umano (anche se, come abbiamo detto, non è questo il caso). Cosa fare, quindi, per salvare gli allevamenti (e non gli animali, beninteso) di questa zona, che da soli rappresentano la metà della produzione di carne suina italiana? Chiaramente la soluzione è ricorrere agli abbattimenti degli animali, anche se hanno la sfortuna di essere imprigionati negli stessi allevamenti di altri individui contagiati, pur non essendo infetti.

L’indagine shock di Essere Animali

Chiaramente, la situazione non è passata inosservata e ha visto l’intervento di diverse associazioni animaliste: in particolare, Essere Animali è stata in grado di documentare l’abbattimento degli animali coinvolti, portando alla luce anomalie sconcertanti. Per prima cosa, scopriamo che i metodi usati sono crudeli e anacronistici, e comprendono la morte per gassificazione; oltre all’orrore che questa scelta suscita di per sé, gli addetti non rispettano le procedure nella maniera corretta, facendo sì che la morte per gli animali arrivi lentamente e tra atroci sofferenze.

In più, l’associazione ha documentato preoccupanti problemi di biosicurezza: non solo “il tetto della struttura appare compromesso, permettendo a volatili e animali selvatici di entrare” dichiarano, ma dalle immagini emerge anche “la presenza di un cane che si muove liberamente nell’allevamento durante le operazioni di abbattimento. Ciò suggerisce che il terreno potrebbe essere contaminato“.

Come se non bastasse, emergono anche problematiche allarmanti relative al presunto “benessere animale”: Essere Animali ha documentato maltrattamenti da parte degli operatori sugli individui che stanno per essere rinchiusi nei container, alcuni dei quali – le immagini parlano chiaro – vengono addirittura presi per le orecchie e lanciati sugli altri.

L’ennesima prova della insostenibilità del sistema allevamenti

Ancora una volta, ci preme puntare i riflettori non solo sulle modalità aberranti in cui la situazione viene gestita, ma anche sulle reali motivazioni che portano a tutto questo: se a fare informazione sull’argomento non sono associazioni animaliste o testate vegan-friendly, a emergere in prima battuta è il danno economico che i focolai di peste suina possono arrecare agli allevatori locali. Nessun accenno agli animali, alle sofferenze che stanno patendo o ai metodi brutali che vengono scelti per disfarsene, come se fossero oggetti.

Nell’ottica del profitto, togliere la vita a migliaia di esseri senzienti – magari anche sani – che già avrebbero vissuto una breve vita di stenti prima del macello, resta ancora il metodo più economico e vantaggioso per arginare una possibile epidemia. Il tutto, lo ricordiamo, coinvolgendo anche santuari di animali nei quali moltissimi maiali hanno trovato rifugio proprio sfuggendo alle atrocità degli allevamenti: tra questi anche l’Associazione Progetto Cuori Liberi di Zinasco, che in queste ore sta coinvolgendo associazioni animaliste e media, per cercare di salvare gli animali dall’ordinanza di abbattimento.

Finora, come ha spiegato una volontaria della struttura, dei 40 suini ospitati soltanto uno, Jimmy, è risultato positivo alla peste suina ed è morto quasi subito. “Non vogliamo abbattere i nostri maiali – spiega – anche perché non sono destinati alla produzione alimentare. Non sono animali “da macello”, ma da compagnia“. Si attende di sapere se l’intervento di LAV, che ha chiesto al Tribunale amministrativo regionale la sospensione del provvedimento che impone l’abbattimento dei maiali, consentirà di effettuare ulteriori accertamenti sulla salute degli animali coinvolti, per scoprire se la malattia li ha effettivamente colpiti.

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