Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api. La maggior parte delle colture dipende dall’impollinazione degli insetti: le api hanno un valore fondamentale per la conservazione della biodiversità.
Il fenomeno a cui stiamo assistendo è la diminuzione delle api che impollinano circa un terzo del cibo che mangiamo: stanno scomparendo con un ritmo senza precedenti.
Non è stata individuata un’unica causa della diminuzione del numero di api. Tuttavia sono stati indicati diversi fattori concomitanti, che agiscono in combinazione fra loro o separatamente. L’uso di pesticidi nell’agricoltura intensiva rappresenta la causa maggiore.
Nel 2012, nuove scoperte scientifiche hanno indicato che alcuni insetticidi presentavano rischi elevati per le api, in particolare i neonicotinoidi: tre pesticidi di questa classe di sostanze chimiche – clothianidin, imidacloprid e thiamethoxam – sono state dichiarate pericolose sia per le api mellifere, sia per quelle selvatiche (bombi e api solitarie). Lo ha ribadito l’EFSA (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) dopo un’attenta revisione della letteratura scientifica sul tema (588 studi), avviata nel 2015. Leggi lo studio: Neonicotinoidi: confermati i rischi per le api. Dopo numerose battaglie, sono stati messi al bando.
Recentissima inoltre è la diffusione di un nuovo studio condotto dal team di ricercatori dell’università del Texas, ad Austin secondo cui il glifosato, l’erbicida più usato al mondo, sia molto dannoso per le api: abbatte la popolazione di batteri “buoni” presenti nel loro intestino e le espone ad un altissimo rischio di infezioni e morte. A questo link, è consultabile lo studio ufficiale publicato sul Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America: Glyphosate perturbs the gut microbiota of honey bees. Nonostante la Monsanto stia negando la pericolosità, di fatto lo studio dimostra il contrario.
Quali soluzioni?
L’unica soluzione possibile è rivalutare l’intero paradigma dell’agricoltura intensiva e su questo piano, risulta sicuramente necessario ridurre drasticamente l’uso di sostanze chimiche dannose a fronte delle sempre più numerose evidenze scientifiche che dimostrano la nocività di questi veleni.
Se da una parte quindi la battaglia va combattuta a livello normativo per regolamentare l’uso di sostanze chimiche, dall’altra, si riscontra un sempre maggior interesse a soluzioni tecnologiche che possano rappresentare un’alternativa nel caso in cui non si riuscisse a contenere il fenomeno della riduzione della popolazione degli impollinatori.
Piano Bee: api robotiche
Walmart, multinazionale statunitense, ha presentato un brevetto a marzo per api robot indipendenti che possono impollinare proprio come degli insetti reali. I droni impollinatori sono di fatto delle micro telecamere che non solo rilevano e individuano le colture che hanno bisogno di impollinazione, ma attraverso dei sensori, ne garantiscono il successo. Negli ultimi mesi sono stati archiviati anche altri cinque brevetti da Walmart per droni agricoli extra – uno che potrebbe monitorare la salute in corso di varie colture e l’altro che potrebbe dare la caccia ai parassiti delle piante rimuovendo la necessità di utilizzare pesticidi nocivi.
Walmart non è la prima organizzazione ad aver creato un’ape robot.
Nel 2013, i ricercatori dell’Università di Harvard hanno sperimentato dei micro-robot autonomi chiamati Robo Bees che utilizzano due ali sottili capaci di fare 120 movimenti al secondo per volare. Le api di Harvard riescono ora a posarsi sulle superfici, nuotare sott’acqua, tuffarsi e riemergere ma non possono ancora essere controllate a distanza. Le api robotiche descritte nel brevetto di Walmart invece, avrebbero questa capacità, oltre all’abilità di individuare automaticamente il polline.
Nel 2017 inoltre uno studente del Savannah College of Art and Design della Georgia ha creato un drone di impollinazione che può essere controllato da un qualunque device come uno smartphone.
L’obiettivo di questi studi tecnologici è fornire un riscontro ad uno dei problemi ambientali più gravi del momento: la potenziale estinzione delle api.
“Se l’ape scomparisse dalla terra all’umanità resterebbero quattro anni di vita; niente più api, niente più impollinazione, niente piante, niente alberi, niente esseri umani”.
Questa frase, che seppur con qualche obiezione è stata attribuita ad Albert Einstein, rischia di diventare una tragica profezia. Auspichiamo che si trovino da subito soluzioni che favoriscano il sano ripopolamento delle api.
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