Partiamo da un presupposto che fa da sfondo al lavoro che il Network VEGANOK porta avanti da oltre vent’anni: il concetto di “benessere animale” non si può conciliare con quello della privazione della libertà e della vita che è alla base del sistema dell’allevamento, intensivo e non. Anche se la notizia che segue rappresenta un passo avanti, non possiamo considerarla come una vittoria. Il trasporto di animali vivi, che il Regno Unito vieterà dopo la Brexit, è una pratica crudele e mal regolamentata, ma è un solo anello di una lunghissima catena fatta di sfruttamento e sofferenza.
Non esiste un modo giusto per condurre un essere vivente alla morte solo per soddisfare i capricci e i desideri di un altro essere vivente. Cercare di alleviare le sofferenze di migliaia di animali condotti al macello, via nave o su strada, o ridurre al minimo le problematiche legate alla reclusione in un capannone, dal nostro punto di vista non rappresenta in nessun modo la ricerca di un “benessere” per gli animali. Il punto è che una “morte felice” non esiste, tantomeno all’interno di un allevamento. Migliorare le condizioni di trasporto degli animali non cambia il fatto che quel viaggio li stia conducendo al macello, né che continuino a essere considerati beni di consumo.
Fatta questa doverosa premessa, comunichiamo la notizia che segue relativa all’iniziativa portata avanti dal Regno Unito.
La Brexit consentirà al Regno Unito di diventare il primo paese in Europa a vietare l’esportazione di animali vivi per la macellazione e l’ingrasso. Con l’uscita formale dall’Unione Europea, che avverrà il 31 dicembre 2020, il Regno Unito non dovrà più sottostare alle rigide norme dell’UE, che di fatto impediscono qualsiasi modifica a questi viaggi. Parliamo di una pratica che coinvolge ogni anno milioni di animali vivi tra bovini, suini, equini (e un numero impressionante di volatili), trasportati all’interno dell’Unione Europea e verso paesi terzi, in condizioni terribili. Ammassati in spazi angusti per molte ore o addirittura giorni, spesso senza cibo né acqua per tutta la durata del trasporto, gli animali giungono a destinazione già feriti, stressati e sofferenti, per poi essere inevitabilmente macellati. A questo si aggiunge che tantissimi muoiono durante il trasporto, provati da una prolungata situazione di estremo disagio.
L’uscita dall’Unione Europea consentirà al Regno Unito di modificare le leggi sul trasporto di animali vivi, sottraendosi definitivamente alla pratica che ne regola l’esportazione. Secondo i media inglesi, il Primo Ministro britannico Boris Johnson ha più volte affrontato l’argomento in questi mesi, promettendo di sfruttare l’opportunità data dalla Brexit per “difendere il benessere degli animali”. Già in altre occasioni Johnson si era espresso su questo tipo di attività, dichiarando nel 2018 ai microfoni del The Sun: “Non posso credere che questo commercio barbaro sia ancora in corso, ma lo è. Ogni anno questo paese invia migliaia di vitelli vivi all’estero per la macellazione, e alcuni di loro sopportano viaggi da incubo fino al Nord Africa. Sono bloccati insieme nell’oscurità, sono terrorizzati. Scivolano nei loro stessi escrementi, mentre viaggiano per più di 100 ore in condizioni di così estremo disagio che gli attivisti protestano da decenni“.
In arrivo il divieto, ma solo in Inghilterra e Galles
Le nuove norme – secondo quanto dichiarato dal Segretario di Stato per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali, George Eustice – dovrebbero entrare in vigore entro la fine del 2021 e riguarderanno l’Inghilterra, la Scozia e il Galles. Le esportazioni di animali vivi sembrano invece destinate a continuare nell’Irlanda del Nord, che seguirà ancora la legislazione dell’UE sul benessere degli animali, secondo il Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali (Defra). Anche le esportazioni di pollame sembrano destinate a continuare: “La misura sulle esportazioni di animali vivi non avrà alcun impatto sul trasporto di pollame o sulle esportazioni a fini di riproduzione”. Questo perché siamo di fronte a un mercato proficuo: il Regno Unito esporta decine di milioni di pulcini all’anno, in un settore che nel 2018 valeva 139 milioni di sterline.
Il pacchetto di riforme al vaglio nel Regno Unito prevede anche un miglioramento delle norme sul benessere degli animali nei trasporti all’interno del Paese. In generale, l’obiettivo sarà quello di ridurre i tempi di percorrenza massimi, dare più spazio agli animali durante il trasporto, emanare norme più severe sui viaggi a temperature estreme e via mare.
La normativa europea
Al momento in Europa il trasporto di animali vivi è sottoposto al regolamento 1/2005, che ha lo scopo di tutelare gli animali ma che viene applicato in maniera lacunosa dagli stati membri dell’Unione. Il risultato è che, ogni anno, milioni di animali “da allevamento” vengono trasportati vivi in viaggi interminabili, schiacciati l’uno sull’altro in condizioni igieniche scarsissime. In estate, le alte temperature rendono i trasporti ancora più difficili, e gli animali arrivano a destinazione disidratati e sfiniti. Alcuni muoiono già durante il viaggio, mentre per la maggior parte, queste rappresentano le ultime angoscianti ore di vita prima di raggiungere il macello.
Non si contano, poi, le segnalazioni ricevute negli anni dalla Commissione Europea per denunciare violazioni anche gravi del regolamento. Per questo motivo, lo scorso luglio il Parlamento Europeo ha votato a favore dell’istituzione di una Commissione d’inchiesta sul trasporto di animali, per esaminare le responsabilità degli Stati membri dell’Unione nell’attuazione e nell’applicazione del Regolamento CE 1/2005. Un passo importante, che favorirà maggiori controlli sui trasporti in nave e, in un secondo momento, la diminuzione del trasporto di animali vivi. Non bisogna poi dimenticare che la recente strategia “Farm To Fork” prevede una revisione da parte della Commissione Europea delle norme sul trasporto degli animali.
Il benessere animale che non c’è
Alla base del sistema dell’allevamento c’è un pensiero aberrante: rispettare gli animali è “conveniente dal punto di vista commerciale” ma non ha quasi mai niente a che vedere con una questione etica. Nessuna legge interviene per mettere in discussione lo status quo, che consente di considerare miliardi di esseri senzienti come “macchine da produzione” al servizio dell’uomo. Quello che si cerca di modificare è piuttosto la percezione che il consumatore ha di questo sfruttamento: mangiare la carne di “animali felici” tranquillizza le coscienze.
Il prossimo passo deve essere quello di cambiare un sistema alimentare basato sullo sfruttamento, la privazione della libertà e della vita; solo allora potremo parlare finalmente di “vittoria”.
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