L’ultima conferenza Stato-Regioni ha rinviato al 23 febbraio le decisioni riguardo il piano di conservazione del lupo nella nostra penisola, che, tra le altre cose, prevede l’abbattimento del 5% della popolazione.
Lo fa sapere Mario Oliverio, presidente della regione Calabria, ringraziando “il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini per aver proposto e ottenuto dal ministro Galletti il rinvio del provvedimento”. “Confermo – conclude Oliverio – la mia contrarietà a misure di abbattimento di questa specie protetta. Si tratta semmai di assumere iniziative diverse a tutela degli allevatori”
“Chiederemo al Governo di eliminare il permesso di abbattimento dei lupi, non che i numeri fossero elevatissimi ma è il principio che non va: eventuali problemi di convivenza tra umani e animali non possono essere risolti solo con la tecnica dell’abbattimento” ha detto il governatore della Puglia, Michele Emiliano, ricordando inoltre che “il lupo è essenziale in molti luoghi a mantenere l’equilibrio dell’ecosistema nei confronti dei cinghiali. Quindi eliminarli incide sull’equilibrio dell’habitat in modo sbagliato”.
Come denunciato dalle diverse associazioni animaliste, infatti, l’abbattimento senza criterio dei lupi porterebbe con sé imprevedibili conseguenze per i branchi ed aumenterebbe il rischio di bracconaggio incontrollato.
“Non passano certo sotto silenzio le ragioni degli allevatori né il complesso di provvedimenti per l’agricoltura – ha sottolineato la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani – ma bisogna anche tenere nel debito conto l’evoluzione della nostra sensibilità ambientale. Per decenni noi e i nostri figli siamo cresciuti nel timore che un animale nobile come il lupo sparisse definitivamente dall’Italia, e ora non è banale cominciare a ripensarlo come a un pericoloso invasore”
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Solo con la partecipazione di tutti potremo fare la differenza per la salvaguardia del pianeta.
Sauro Martella
dice:Solo il fatto di definire “piano di conservazione del lupo” un progetto che ne autorizza l’uccisione, rende l’idea di come l’uomo possa essere allo stesso tempo genialmente crudele e completamente idiota.
Fortunatamente questa follia non ha (per ora) avuto seguito.
Pasquale Felice
dice:L’uomo, la legge, il lupo: una storia solo rinviata.
Ero un giovane lupo quando un giorno, d’improvviso, scorrazzando nella boscaglia dell’appennino abruzzese, me lo vidi di fronte, seduto su un masso, mentre sbranava la colazione. Ci spaventammo tutt’e due, in un primo momento; poi lui ruppe a metà le due fette di pane che stava mangiando, me ne tirò una parte. “Sono salsicce di mia produzione –disse- spero ti piacciano!” Afferrai il boccone al volo, lo divorai in un attimo, erano quattro giorni che non mangiavo nulla: non avevo mai assaggiato una salsiccia, effettivamente era buona! Aveva le sopracciglia folte e i capelli rossi arruffati quel tizio. “Vedi di accontentarti!” disse ancora. Sentii una voce che lo chiamava: “Ruscio!” Scappai pieno di paura, quella volta. La salsiccia mi aveva risvegliato l’appetito, me ne andai in caccia di qualche cinghialetto da latte: tutto il monte, e i monti lì vicino, erano pieni di covate di cinghiali di tutte le taglie. Certo per prenderne uno di una certa taglia occorreva essere in branco, ma per un cinghialetto giovane me la sarei cavata da solo. Mi sarebbe bastato per almeno due settimane. Se poi mi fosse capitato un giovane capriolo avrei potuto dividerlo con tutto il branco: sarebbe stata una festa!
Rividi Ruscio molte volte, dopo quel giorno. Riconoscevo il suo odore, mi accostavo piano piano nel bosco, mugolavo per attirare l’attenzione e farmi riconoscere. “Lupastro!” mi chiamava ogni volta “Sei tornato?”. Il suo sguardo era amichevole, mi sentivo al sicuro vicino a lui. Una volta aveva allungato la mano per toccarmi e io gliel’avevo leccata. Ruscio andava spesso a far legna nel bosco, qualche volta portava il fucile per sparare a un cinghiale appostandosi per ore dentro a una specie di capanno. Io aspettavo in silenzio vicino a lui. Mi dava sempre parte della sua colazione, o quando uccideva una gallina le interiora me le metteva da parte e me le lasciava sopra una pietra piatta al limitare del faggeto. Quando sparava, però, me la davo a gambe: il colpo mi mette terrore ogni volta, nessun rumore è più spaventoso dello sparo del fucile! Poi il giorno dopo però ritornavo, avevo bisogno della presenza di Ruscio, di una sua parola, un suo mugugno. Era nato un legame tra me e quell’uomo, insomma, che non so spiegare, ma di cui avevo bisogno: qualcosa che mi nasceva dentro, insomma, e di cui non riuscivo a fare a meno. Mi bastava un suo sguardo, e mi sentivo contento!
Questa mattina è venuto di nuovo con il fucile in braccio. Vorrà cacciare l’ennesimo cinghiale, ce ne sono così tanti che bastano per uomini e lupi! “Ciao Lupastro!” Ho iniziato a scodinzolare felice. “ Il ministro dell’Ambiente, perché è lui che fa le leggi, ha fatto un’ordinanza. Che era stata rinviata una volta per le proteste della gente; poi è stata approvata lo stesso, quando la gente se n’è dimenticata. Voi lupi siete cresciuti troppo di numero, non si sa bene quanti siete; pure don Giogiò dice che siete nocivi per noi cacciatori, come le volpi, distruggete la nostra fauna! E siete nocivi per gli allevatori, gli mangiate capre e pecore! Dobbiamo ridurvi di numero, dice, prima che ci veniate in casa!”
Non l’avevo mai sentito dire tante parole, però mi piaceva ascoltare la sua voce, anche se non capivo cosa dicesse.
Il colpo mi ha ferito a un fianco, d’improvviso, un unico pallettone, non mi sono accorto neanche dello sparo; so soltanto che brucia da morire.
“Avrei preferito sparare a un cinghiale –diceva Ruscio- ma hanno fatto la legge e prima o poi qualcuno ti avrebbe sparato: non potevo lasciare che lo facesse un altro! Vedrai, ti metterò nel soggiorno sopra la mensola vicino al camino quando sarai imbalsamato e farai un figurone! Stai tranquillo!”
C’è tanta neve qui intorno, quest’anno ne ha fatta veramente tanta. Sono steso per terra e vedo il rosso del mio sangue che bagna la neve candida. Guardo Ruscio per capire dove ho sbagliato, in quale maniera l’ho offeso. Muovo un attimo la coda per fargli capire che mi dispiace, che non lo farò più. Le forze mi stanno abbandonando, mi sento gli occhi di vetro. Vorrei fare un mugolio affettuoso a Ruscio, lui mi parla con dolcezza, ma non mi esce niente dalla bocca. Ecco, sta uscendo soltanto, proprio adesso, l’ultimo fiato.
Pasquale Felice