Ritrovarsi in un giardino

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Un giardino ben curato e ricco di piante è sinonimo di buona salute. Curare il giardino significa curare il Ch’i (energia) protettivo, quello che permette di allontanare le malattie e prevenirle. Per i cinesi, nel Feng Shui (vento e acqua), è assodato che il paesaggio esterno dell’abitazione influisce positivamente o negativamente sugli abitanti: tralicci minacciosi, […]

Un giardino ben curato e ricco di piante è sinonimo di buona salute. Curare il giardino significa curare il Ch’i (energia) protettivo, quello che permette di allontanare le malattie e prevenirle. Per i cinesi, nel Feng Shui (vento e acqua), è assodato che il paesaggio esterno dell’abitazione influisce positivamente o negativamente sugli abitanti: tralicci minacciosi, strade sopraelevate oppure che corrono dritte contro l’ingresso, questi sono tutti elementi che danneggiano soprattutto la salute. Uno dei rimedi più usati per evitare che ciò avvenga è interporre degli elementi protettivi come le piante oppure specchi ottagonali che riportano gli otto trigrammi dell’I Ching (specchi Ba Gua). In ogni caso anche se lo specchio è più potente, esso è anche più difficile da disporre e occorre il consiglio di un qualche esperto. Le piante, organizzate in un piccolo giardino, svolgono egualmente la funzione protettiva aggiungendovi quella di “produzione” di Ch’i benefico.
Per questa ragione sia i cinesi sia i giapponesi, che appartengono alla stessa radice culturale, hanno sempre dato così estrema importanza ai giardini e alla cura delle piante.
Nel classico cinese delle Primavere e degli Autunni si dice: ”Ho un giardino, dove cresce un albero di Ch’i”.
Coloro che non possono permettersi un giardino di grandi dimensioni (il giardino classico cinese deve coprire un’area nove volte la superficie della casa, con laghetti e scorci paesaggistici), possono curare la propria salute-giardino riproducendo in piccolo, i cosiddetti “giardini in miniatura”, molto diffusi nell’area sud-est cinese e vietnamita. Oppure dedicarsi ad un singolo albero con la tecnica dei bonsai, più diffusi nell’area coreana-giapponese.

In ogni caso la disposizione delle piante, delle rocce e dell’acqua (i tre elementi fondamentali del giardino orientale) segue le regole del Feng Shui, avendo cura che l’area centrale rimanga vuota (l’origine del Ch’i), in uno spazio quanto più possibile rettangolare o quadrato, che rappresenta la stabilità. Sempre secondo il Feng Shui si deve rispettare la regola dei quattro animali. A nord c’è la tartaruga nera, la protezione del giardino, le rocce o un rialzo di terra. Ad est il drago verde, la pianta più alta e rigogliosa. Ad ovest, la tigre bianca, le piante più basse che danno fiori e frutti. A sud, la fenice rossa, l’acqua, meglio se è un laghetto con pesci rossi oppure una ciotola che raccoglie acqua piovana, oppure ancora come nei giardini di pietra giapponesi, ghiaia grigia rastrellata in modo da sembrare un torrente. Nel caso non si possa orientare il giardino nei quatto punti cardinali, è sufficiente posizionare bene la tartaruga nera in direzione del pendio o dell’elemento naturale o artificiale che possa ricordare una montagna.
Il giardino non è uno spazio aperto. Muretti e recinzioni, anche di canne o bambù, oppure siepi, ne amplificano gli effetti rompendo le prospettive sfuggenti e conservando il Ch’i all’interno.
Nei giardini orientali la sensibilità verso la natura si esemplifica attraverso l’osservazione delle piante, dei torrenti, delle rocce nel loro ambiente naturale. Significa osservare attentamente come si organizzano gli elementi naturali. Come subiscono l’influenza dei venti, delle piogge soprattutto dove l’influenza umana è distante e inesistente (feng shui si può tradurre anche: luogo riparato dai venti costanti e alla presenza d’acqua). E’ indispensabile quindi inoltrarsi nei luoghi dove la natura è selvaggia e intoccata, osservare attentamente come lei si autorganizza per comprendere i principi di proporzione e di forma e riprodurli quanto più nel loro spirito originario. La base d’ogni interesse per i giardini nasce da una specie di memoria che noi tutti ci portiamo dentro della nostra natura originaria. Il giardino orientale, la sua bellezza, sta in questa capacità di risvegliare una memoria.
L’eremitaggio taoista, il giardino di rocce zen, l’ikebana, il “giardino in miniatura” sono tutti modelli di ricerca di una via spirituale che ha origine nel desiderio di un ritorno alla nostra natura originaria che vediamo riflessa direttamente nel paesaggio non modificato dall’uomo. Un giardino che non esprime questa sensibilità, come vediamo nelle riproduzioni occidentali dei giardini giapponesi, pur avendo gli stessi elementi dei loro omologhi orientali, non potrà darci nessuna emozione particolare, non cura la nostra anima, non esprime nessuna memoria. Non occorre quindi copiare dei modelli, bensì esprimere il nostro amore verso la terra anche con elementi semplici e comportamenti quotidiani coerenti con questa sensibilità.

In natura non esistono concimi chimici, diserbanti od ormoni vegetali. Le foglie secche servono da ammendante e la pacciamatura con le stesse erbacce, che poi non lo sono, mantengono l’equilibrio chimico del terreno che si trova in quel luogo e in quel momento.
Il famoso giardino “all’inglese”, il giardino “pitoresque” della fine del ‘700, non è altro che il giardino cinese, amato e riprodotto dagli inglesi. In quel modo si liberarono dalla schiavitù geometrica del giardino “all’italiana” della fine del quattrocento. Le piante potevano crescere liberamente, le prospettive venivano interrotte, si utilizzavano piante locali come base per inserire nei microclimi e nelle piccole radure piante esotiche e affascinanti. In sostanza ci si rese conto che il giardino era un modo per rinsaldare l’alleanza dell’uomo con la natura e non il suo dominio.
I problemi della salute dell’uomo e della “salute della natura” hanno origine nella negazione dell’identità inscindibile tra uomo e natura. Nella mancata comprensione che i disturbi dell’uno si riflettono sull’altra e viceversa. Negare quest’identità fa parte di una distorsione tutta occidentale, che conduce alla catastrofe ecologica.
Le filosofie orientali, anche nella frenesia dell’era tecnologica, rimangono fedeli al rispetto per gli elementi naturali. Ci insegnano che le battaglie per la conservazione del patrimonio naturale, possono cominciare anche da piccoli gesti. Come l’attenzione verso un giardino.

Testo di Maurizio Rovini

Tratto da: www.traterraecielo.it

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