Il sale marino di tutto il mondo risulta essere contaminato dalla plastica: l’aspetto che più preoccupa gli esperti è che che le microplastiche, onnipresenti nell’ambiente, stanno trovando la loro strada nella catena alimentare anche attraverso questo prodotto di uso comune. Studi recenti hanno dimostrato che piccole particelle sono state trovate nel sale marino nel Regno Unito, in Francia e in Spagna, in Cina e negli Stati Uniti. La contaminazione proviene in larga misura, da microfibre e plastica monouso come bottiglie d’acqua che insieme, costituiscono la maggior parte dei rifiuti di plastica. Ogni anno negli oceani, entrano fino a 12,7 milioni di tonnellate di plastica.
Uno studio condotto dal laboratorio di tossicologia acquatica dell’università Putra in Malesia, ha rilevato la presenza di frammenti di microplastiche in 16 marche di sale su 17 esaminate provenienti da 8 paesi del mondo. (Abastract dello studio disponibile a questo link: www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5382780 ). È stato accertato che la maggior parte delle particelle contaminanti sono polimeri plastici, nello specifico polipropilene (40,0%) e polietilene (33,3%). Secondo i ricercatori, dai dati raccolti si può affermare che per il momento non ci sono le condizioni per lanciare un allarme per la salute pubblica in quanto si stima che in un anno un soggetto attraverso il sale assuma “solo” circa 37 microparticelle ma il fenomeno va studiato e monitorato con accuratezza valutando la presenza di particelle ancora più piccole di quelle analizzate in questa ricerca.
Un caso particolare, preso in esame da un altro studio condotto dall’Istituto tedesco per la chimica e la biologia dell’ambiente marino (ICBM), è quello del pregiatissimo Fleur de Sel o Sale della Camargue, definito il “caviale del mare”. L’istituto ha confrontato diversi sali venduti nella grande distribuzione in Germania: in questo tipo di sale, sono state riscontrate quantità di microplastiche in quantità maggiore rispetto al sale ordinario. Secondo i risultati esaminati, il sale marino normale conteneva tra 14 e 59 microgrammi di microplastiche per chilogrammo mentre i campioni di Fleur de Sel ne contenevano tra 140 e 1800 microgrammi.
Sebbene anche in questo caso la ricerca abbia rilevato che il livello di contaminazione sia basso per rappresentare un serio rischio per la salute, lo studio continua a dare motivo di preoccupazione secondo la ricercatrice principale, la dott.ssa Barbara Scholz-Böttche che in una intervista per The Green News ha dichiarato:
“Le microplastiche possono essere trovate negli oceani, nelle specie marine e ora anche nel sale marino senza che noi siamo in grado di prevedere a distanza le conseguenze ecologiche; i risultati dimostrano che solo pochi decenni di utilizzo e una gestione inefficiente dei rifiuti, hanno fatto sì che la plastica contaminasse l’intero globo. La principale soluzione a questo problema è ridurre l’uso di imballaggi in plastica e intensificare la ricerca su alternative ecocompatibili”.
Secondo un recente rapporto PLOS (una organizzazione no-profit di scienziati e medici che lavorano per rendere la letteratura medica e scientifica pubblicamente accessibile) ci sono attualmente più di cinque miliardi di pezzi di plastica galleggianti nei nostri oceani che pesano ben 250.000 tonnellate.
Da una ulteriore indagine condotta da Altroconsumo insieme alle associazioni di consumatori di Austria, Belgio, Danimarca e Spagna sulla presenza di microplastiche su sale, molluschi e crostacei, è risultato che più di due terzi dei campioni totali risultano contaminati. Le analisi hanno riguardato 102 campioni: 35 di cozze, 29 di gamberi e 38 di sale marino. Sul numero totale, 70 contenevano microplastiche (film, granuli e fibre). In 39 casi, in musura significativa. Focalizzandoci sui dati raccolti in merito al sale marino, risulta che la presenza di microplastiche è stata rilevata nel 39% dei campioni mentre tracce (cioè solo alcune specifiche particelle) sono state riscontrate nel 29%.
La domanda fatidica è: la plastica che assumiamo attraverso gli alimenti è dannosa per la nostra salute? Gli esperti per ora non si sbilanciano. L’Efsa (autorità europea per la sicurezza alimentare) precisa attraverso le parole del dott. Peter Hollman, membro del gruppo di lavoro che ha assistito il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM):
“Una potenziale preoccupazione riguarda le elevate concentrazioni di agenti inquinanti quali i policlorobifenili (PCB) e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), che possono accumularsi nelle microplastiche. Potrebbero anche esserci residui di composti utilizzati negli imballaggi, come il bisfenolo A (BPA). Alcuni studi indicano che le microplastiche, dopo il consumo negli alimenti, possono trasferirsi nei tessuti. È quindi importante stimare l’assunzione media.
Sappiamo che le nanoparticelle di sintesi (da diversi tipi di nanomateriali) possono penetrare nelle cellule umane, con potenziali conseguenze per la salute. Ma sono indispensabili ulteriori ricerche e maggiori dati.”
Intervista al Dott. Hollman reperibile integralmente sul sito web ufficiale dell’Efsa: www.efsa.europa.eu/it/press/news/160623
Approfondimento:
A questo link, il nostro articolo sulla normativa in merito alle plastiche monouso e sugli obiettivi di riduzione dell’immissione di plastica nell’ambiente definiti dalla Commissione Europea: www.osservatorioveganok.com/stop-alla-plastica-monouso-nuove-norme-comunitarie
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