Sapori d’infanzia

Promiseland -

Vecchi sapori dell’infanzia lontana… Il contadino nelle assolate giornate di luglio che mi spiega il “soveccio”, antico uso di far ruotare la semina per non impoverire il terreno. Le pesche sapevano di ‘pesca’, allora; e i pomodori, di ‘pomodoro’. I polli impiegavano lunghi mesi per acquistare la gustosa polpa, che appariva sulla mensa delle grandi […]

Vecchi sapori dell’infanzia lontana… Il contadino nelle assolate giornate di luglio che mi spiega il “soveccio”, antico uso di far ruotare la semina per non impoverire il terreno.

Le pesche sapevano di ‘pesca’, allora; e i pomodori, di ‘pomodoro’. I polli impiegavano lunghi mesi per acquistare la gustosa polpa, che appariva sulla mensa delle grandi festività: Natale, Pasqua, il compleanno della nonna…

Ora tacchini, polli e quaglie hanno lo stesso insipido gusto stopposo.

Io vado a comprare le mie verdure in erboristeria, perche’ solo lì posso ritrovare i sapori della mia infanzia. Privati della faccia abbronzata del contadino, del canto ossessivo delle cicale, dei piedi scalzi delle mie vacanze, le atmosfere non sono più quelle, ma il gusto dei cavoli, dei carciofi, delle pere è inaspettatamente autentico.

Da cosa dipende? E’facilissimo comprenderlo: se le verdure sono coltivate senza concimi chimici, con metodi che rispettano i cicli della terra; se ogni verdura è raccolta nella corretta stagione; se i cibi non subiscono trattamenti di conservazione, preparazioni particolari del tutto innaturali, allora… i prodotti conservano il loro sapore consueto.

Fino a qualche anno fa bisognava cercare a lungo i cibi biologici; si trovavano con una certa fatica. Oggi, almeno al Nord dove io abito, si vanno moltiplicando le erboristerie che vendono, oltre ad erbe misteriose riposte in vasi di ceramica, anche gli alimenti.
Esistono cooperative specializzate; qualcosa si trova perfino nei grandi magazzini.
I costi sono un po’ più alti, è vero. Se, tuttavia, pensiamo a quanti soldi siamo abituati a spendere per migliorare la nostra esistenza, non ci dispiacerà un piccolo sacrificio in più, quando esso significa usare tranquillamente le uova sbattutte o il latte e lo yogurt hanno quel gusto così cremoso che ti permette di immaginare la stalla e i muggiti delle mucche.

Certo, un briciolo di poesia indora il mio mangiare ‘biologico’, ma, quando guardo la pelle ancora fresca alla mia eta’, i colori delle guance, la linea giovanile, non posso che pensare: “n’e’ valsa la pena!”.

Il vero problema dei nostri tempi è che ci siamo del tutto distaccati dalla Natura. Abbiamo dimenticato di farne parte; viviamo al di fuori di essa e la sentiamo a noi estranea.

Questo vuol dire tradire l’essenza della vita. Prima o poi lo pagheremo.
Possiamo ben dire che quasi tutte le nostre malattie ce le procuriamo noi stessi con un comportamento superficiale. A causa dello sviluppo velocissimo della tecnologia, crediamo che una pillola miracolosa possa, a nostro piacimento, ridarci la salute. Ci crediamo onnipotenti. La salute invece è parte d’un delicato equilibrio, al quale dovremmo badare giorno dopo giorno, ora dopo ora.

E’ vero, gli sviluppi tecnologici fanno sperare che i ciechi possano nuovamente vedere, ma la vera salute risiede nel nostro equilibrio, posto in un ‘sito’ recondito della nostra psiche.

Se noi “siamo quel che mangiamo”, come dice il saggio, siamo anche “ciò che pensiamo”. Non sembrino così lontani i due campi.

Riconoscere che la Natura deve essere rispettata, fuori e dentro di noi, vuol dire appunto considerare in armonia, unitaria e reciproca, le parti di noi, che una cultura erronea separa e divarica. Concludo queste cvonsiderazioni affermando che andare dall’erborista a comprare cibi biologici rientra in una diversa concezione del mondo.

di Mirella Floris

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