Scarpe: quali possibili soluzioni al problema etico e ambientale?

L’industria della moda continua ad affrontare un’enorme sfida nel ridurre la sua impronta ambientale e ha la responsabilità di continuare a migliorare le proprie prestazioni. Essendo uno dei settori più creativi e innovativi, ha un interesse vitale nel gettare le basi per un futuro prospero all’altezza delle sfide moderne. Vediamo come sta evolvendo il settore calzaturiero nella direzione di una produzione alternativa.

Il 2019 è stato, fino ad ora, l’anno del vegan anche nella moda. Vale la pena di ricordare che lo stile di vita Vegan non è una dieta, ma una scelta cruelty free a tutto tondo che non riguarda esclusivamente il campo alimentare. Vegan è attenzione a evitare consumi che comportino morte, sofferenza e sfruttamento degli animali: pertanto sono tanti i prodotti cruelty free anche in cosmetica e nella moda. Essere Vegan non significa solo evitare la classica pelliccia, ma è anche e soprattutto rinunciare alle calzature di pelle, ai maglioni di lana, alla seta e al cachemire. All’aspetto etico si aggiunge ovviamente anche il risvolto dell’impatto ambientale: quello calzaturiero è un settore produttivo imponente, il cui impatto è enorme anche solo se si tiene conto che ogni anno nel mondo si producono oltre 20 miliardi di paia di scarpe.

Per approfondire: Scarpe e inquinamento: quanto incidono le calzature sul nostro impatto ambientale?

Parliamo di un settore di grandissimo rilievo anche per l’economia italiana, che sviluppa complessivamente 78 miliardi di euro di fatturato e conta solo nell’industria calzaturiera circa 4.500 aziende e 75.600 addetti (dati anno 2018), un saldo commerciale da sempre attivo e un fatturato annuo complessivo attorno ai 14,3 miliardi di euro. Il settore rappresenta una realtà di estrema rilevanza quali-quantitativa nella nostra economia.

Le soluzioni alternative

Se è vero che la produzione di calzature rappresenta un problema a livello etico e ambientale, è altrettanto vero che soprattutto negli ultimi anni non sono mancate le proposte lanciate per risolvere almeno in parte la questione. Nel mondo del fashion le parole d’ordine sono ormai “riciclo creativo”, “sharing” e “renting”: sempre più consumatori scelgono di abbandonare del tutto o in parte la strada del fast fashion, fatto di molti acquisti a basso e bassissimo costo, per dedicarsi non solo all’acquisto di beni di seconda mano ma anche al noleggio di capi di abbigliamento (e accessori, tra i quali anche le scarpe), quest’ultimo un mercato destinato a raggiungere – secondo gli esperti – un valore di 1,9 miliardi di dollari entro il 2023.

Ma non basta: nonostante negli anni il settore della moda e quello delle calzature in particolare, sia stato piuttosto scettico ad abbracciare la rivoluzione vegana, oggi sono tanti – compresi i grandi retailer della moda pret a porter – a optare per linee cruelty free, proponendo scarpe e accessori vegan cool e accessibili, in grado di risolvere almeno in parte il problema. Sì, perché se da una parte l’impiego di materiali alternativi evita l’uso di quelli di origine animale, dall’altra moltissime aziende cercano di coniugare la sostenibilità etica a quella ambientale, scegliendo materiali cruelty-free ed ecologici.

Ma sono tante e di tante aziende le scarpe sportive vegan di design, impermeabili, traspiranti e leggere, ma anche le scarpe classiche di ineccepibile eleganza, quasi indistinguibili dalle tradizionali scarpe in pelle e cuoio, ma completamente cruelty free. Vinaccioli, fibre del caffè, della mela e della cellulosa, l’irrinunciabile canapa ma anche bioplastiche innovative sono i materiali che spiccano tra le versioni più ecologiche. Un mercato che dà soddisfazioni alle aziende che investono e credono nella possibilità di proporre moda vegan e che potrebbe convincere molti marchi a convertirsi alla produzione di calzature non animali.

Il vegan sta già rivoluzionando il mercato delle calzature, se pensiamo che tra i grandi designer Stella McCartney da sempre ha rinunciato alla pelletteria e ha proposto, con grande successo, calzature e borse di materiali innovativi, rivolti sia al consumatore vegano che al consumatore attento alla sostenibilità ambientale. L’azienda inglese Dr Martens, invece, è l’esempio di come le calzature vegan- friendly possano attirare nuovi clienti: introducendo un modello senza cuoio dell’anfibio 1460 – da sempre il simbolo dell’azienda nel mondo – Dr Martens è stata in grado di aumentare le quote di mercato. I profitti dell’azienda sono infatti arrivati ad aumentare del 70% rispetto all’anno precedente, con un +4% delle vendite derivante proprio da questo nuovo modello di anfibi.

Dr. Martens

Insomma, è chiaro come la scelta di produrre calzature vegan-friendly sia vantaggiosa tanto dal punto di vista etico quanto da quello ambientale, ma in questo particolare momento storico anche le aziende che investono in questo settore possono aumentare il fatturato andando a produrre referenze che interessano una fetta sempre più ampia di consumatori. In questo caso risulta sicuramente una scelta strategica quella di ricorrere a una certificazione vegan, in grado di fornire ai consumatori trasparenza e reali garanzie di qualità, aumentando al contempo la notorietà del brand e la credibilità dell’azienda.

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