Multinazionale acquista un’isola per allevare salmoni al largo della Scozia

Mentre in altri Paesi si investe nella ricerca e nella produzione di alternative più etiche e sostenibili all'acquacoltura, una multinazionale scozzese ha acquistato un'isola per 2,5 milioni di sterline per installare un allevamento di salmoni

Mentre il mondo cerca soluzioni più sostenibili per ridurre – se non eliminare del tutto – gli allevamenti intensivi di ogni genere, la multinazionale dell’acquacoltura Mowi ha deciso di espandere la sua produzione acquistando un’isola per allevare salmoni.

La compagnia ha recentemente acquistato l’isola di Sanda, una terra emersa disabitata al largo della costa occidentale scozzese, per installare nuovi allevamenti di salmoni – una scelta che di certo appare controcorrente in questo momento storico.

Allevare salmoni per “salvare” un’isola

L’isola di Sanda, situata all’estremità della penisola di Kintyre, è stata venduta per 2,5 milioni di sterline. L’isola è disabitata – si trovano solo sette case, un faro e una taverna – ma Mowi ha annunciato di volerla trasformare in una destinazione turistica per dare nuova vita all’isola, oltre a voler installare al largo della costa orientale nuovi impianti per l’allevamento di salmoni.

Al momento la multinazionale gestisce 48 allevamenti in Scozia, producendo ogni anno oltre 68.000 tonnellate di salmone, mentre per il nuovo impianto, l’azienda prevede l’utilizzo di enormi recinti galleggianti da 200 metri di circonferenza.

allevamento di salmoni isola di Sanda
Fonte: Mowi Scotland.

Un investimento che fa discutere

La domanda sorge spontanea: ha senso investire milioni di sterline in un progetto che continua a puntare sull’allevamento intensivo, invece di investire in alternative più sostenibili ed etiche?

Gli allevamenti di salmoni sono da tempo al centro di polemiche per il loro impatto ambientale. Tra le principali criticità ci sono l’inquinamento marino dovuto agli escrementi e ai residui chimici, la diffusione di malattie e parassiti tra i pesci e la pressione sugli stock ittici naturali, utilizzati per produrre i mangimi.

Non è un caso che sempre più esperti e attivisti sottolineino la necessità di un cambio di rotta. Nel frattempo, la ricerca sulle alternative non si ferma, e ne è un esempio la produzione di pesce coltivato su cui si investe già in diversi Paesi. Dunque, esistono già soluzioni più sostenibili rispetto all’intensificazione degli allevamenti.

Sostenibilità o greenwashing?

isola di Sanda
Fonte: Mowi Scotland.

Mowi ha inoltre affermato di voler ripristinare la flora autoctona dell’isola, una mossa che potrebbe sembrare un tentativo di bilanciare l’impatto ambientale dell’allevamento.

In un periodo in cui la sostenibilità è sempre più al centro del dibattito, certe scelte appaiono anacronistiche. È ancora sostenibile investire nell’acquacoltura intensiva, oppure è arrivato il momento di cambiare approccio e puntare su un futuro più rispettoso degli ecosistemi marini?

La decisione di Mowi dimostra come il settore ittico continui a privilegiare modelli produttivi tradizionali, mentre il mondo si interroga sulla necessità di un cambiamento radicale. Resta da vedere se questa scelta sarà compatibile con le esigenze del pianeta e delle generazioni future.


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