L’aspetto affascinante che offrono i bambini fino ai cinque anni è l’assoluta coincidenza dei loro atti con i loro pensieri e la compattezza del linguaggio rispetto alla necessità espressiva.
Si tratta di una limpidezza spettacolare, che non lascia scampo all’opacità del linguaggio adulto, tutto pieno di cautele e di censure.
Dialogare qualche minuto con un bambino porta alla constatazione che la verità non è mai in contrasto con la cautela espressiva, che invece nell’adulto sfocia quasi sempre nel preferire la menzogna o una falsa verità all’impatto netto e vitale della semplice verità.
Ho sentito una bimba che spiegava telefonicamente al nonno che
non sarebbe andata con lui, come pattuito.
“Perché no?” Deve averle chiesto il nonno.
“Perché no.” Ha risposto la bimba. Semplice.
Dal GRILLO PARLANTE DI SABATO 10 LUGLIO
“Sul mondo grava la maledizione del potere” Questa scritta campeggia nel cartello che un distinto signore porta con solennità, sul marciapiede di Viale Giulio Cesare, a Roma.
Sembra guidare un corteo e forse lui stesso ne è convinto, eppure procede da solo, seguito dagli sguardi dei passanti che, come me, si chiedono chi sia e dove sia diretto.
Penso che se al semaforo volta a destra, sicuramente la sua meta è il Vaticano, unico luogo al mondo cui comunicare, oggi, le proprie certezze, con la speranza di avviare una qualche riflessione.
Infatti, gira a destra e il corteo invisibile che lo segue, svanisce con lui oltre l’angolo.
Cerco di immaginare cosa accadrà, quando il distinto signore arriverà a piazza San Pietro col suo cartello.
Verrà avvicinato gentilmente da qualche poliziotto in borghese, qualcuno nel frattempo lo avrà fotografato, qualcun altro avrà avvertito la segreteria di Stato e, forse, con la grazia soffusa del protocollo secolare che regola i comportamenti all’interno della più famosa basilica del mondo, qualche alto prelato comunicherà al Papa, non senza ironia, che un essere umano si è presentato da solo in Piazza San Pietro con un grande cartello con la scritta.
“Sul mondo grava la maledizione del potere.”
Mi sono sempre chiesto che rapporto ci sia tra la rivelazione che una scritta può produrre e l’influenza che una tale rivelazione può avere, di fatto, sulla realtà.
I muri della città sono pieni di scritte indecifrabili fatte dai cosiddetti “taggatori” che ripetono all’infinito le loro tag, che possono essere o le loro firme, o sigle ancor più misteriose.
Poi ci sono i “graffitari” che ricoprono interi vagoni della metropolitana con gigantesche e misteriose parole, forse per offrire un feroce sberleffo all’ossessione pubblicitaria che invece, tenta di conquistarsi una dignità culturale, nella sua opposta ossessione di raggiungere la massima comprensibilità.
Forse queste mani invisibili che nottetempo ricoprono le facciate appena restaurate dei palazzi, vogliono dire al mondo “Noi non capiamo il vostro modo di organizzare la vita, ora tocca a Voi non capire noi.”
Non è la sola sorpresa di questa afosa giornata, in cui la sciagura del buco nell’ozono provocato dalle indomabili follìe industriali, incombe, portando questa deliziosa città a una temperatura di quasi quaranta gradi.
Infatti, a fianco del grande portone accanto alla farmacia, c’è un altro cartello, rettangolare, appoggiato al muro, sulla sommità del quale campeggia un grande fiocco azzurro.
Mi avvicino per leggere più agevolmente la scritta.
“Oggi è nato il mio primo figlio, il suo piccolo corpo, a poche ore dalla nascita è già portentosamente autonomo.
Nel suo petto un minuscolo cuore batte regolarmente e, se vivrà per cento anni, come gli auguro, continuerà a battere per circa tre miliardi di secondi.
Interrompo la lettura pensando “Pochi sanno che cento anni di vita corrispondono a tre miliardi di secondi”.
“Semo tutti miliardari.” Mormora il ragazzo del bar leggendo la frase mentre entra nel bar col suo vassoio pericolante.
Intanto vicino all’edicola dei giornali, seduta su una panchina all’ombra di un glicine, una bambina di circa sei anni sta singhiozzando e accarezza un cucciolo, che le poggia il musetto in grembo.
“Cinzia perché piangi?” Le chiede l’edicolante.
“Mi ha detto la suora che gli animali non vanno in Paradiso. Dice che non hanno l’anima. Ma allora perché si chiamano animali?”
Silvano Agosti
Fonte:
Diario Azzurro n.42 del 13.07.2004
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