Se l\’uguaglianza fosse un\’emozione

Promiseland -

Era estate, un pomeriggio d\’estate di molti anni fa, faceva un gran caldo e una madre, in un negozio di animali domestici comprava un criceto bianco dal pelo lungo e morbido e con due occhietti piccoli e neri, vivacissimi. Comprava un criceto per la sua bimba, che ormai si apprestava a compiere cinque anni e […]

Era estate, un pomeriggio d\’estate di molti anni fa, faceva un gran caldo e una madre, in un negozio di animali domestici comprava un criceto bianco dal pelo lungo e morbido e con due occhietti piccoli e neri, vivacissimi. Comprava un criceto per la sua bimba, che ormai si apprestava a compiere cinque anni e non parlava ancora, non oltre un sillabare per quell\’età assai inadeguato.

\”Non ha alcuna patologia\” l\’avevano rassicurata i diversi specialisti consultati \”è un fatto psicologico, vedrà da un giorno all\’altro si metterà a parlare. A volte torna utile regalare al bambino un animale domestico: lo responsabilizza e lo invita a crescere\”.
Quando rientrò a casa con quel cricetino bianco per Anna, la sua bimba, fu subito festa: \”Chi-co, Chi-co\” cominciò a chiamarlo battezzandolo sui due piedi, e volle tenerlo in braccio e cullarlo, tanto per lei era gradita quella piccola presenza nuova e viva in casa sua.

Trascorsi alcuni giorni, Anna aveva organizzato una parte della sua esistenza all\’unisono con il criceto. Al mattino appena alzata andava a tirarlo fuori dalla gabbietta e gli dava da mangiare: Chicco si gonfiava tutto e faceva la scorta di semini nelle ganasce, poi la bimba faceva colazione e lui lentamente, in braccio a lei, esauriva le sue riserve. Insieme giravano per la casa, insieme guardavano la tv, la bimba avanti e il criceto che la seguiva, uno \”spettacolo\” di ammaestramento naturale che non si era mai visto, forse nemmeno in un circo.

Così, una mattina, proprio come i medici avevano preannunciato, Anna parlò. Seduta sul divano, il criceto tra le mani, la bimba gli disse: \”Devo raccontarti il mio segreto\”.

La madre sentì il cuore quasi fermarsi per l\’emozione ma non disse nulla, appartata e silenziosa attendeva l\’evento.

\”Un giorno c\’erano tante formichine\” disse \”tutte in fila, trasportavano a fatica dei pezzi di pane e dei biscotti e seguivano una strada che portava verso il balcone. Io le guardavo, erano tanto carine, riuscivo a vedere le zampette, gli occhi e le antenne, e sapevo che erano contente, perché avevano tante cose da mangiare. Ma arrivò la mamma e si mise a urlare, che schifo, che schifo, diceva e allora prese una cosa bianca e ce la mise sopra e loro si fermarono e non camminarono più. Ora sai il mio segreto, Chicco, quelle formiche erano mie amiche, i biscotti glieli avevo dati io, per colpa mia la mamma le uccise\”.

Il criceto, allora, si sistemò sulla spalla della piccola e si addormentò con il suo segreto.

Passarono i giorni e tutto sembrava andare per il meglio con Anna che ormai parlava di continuo, quasi volesse \”recuperare\” le parole non dette. Ma una mattina la bimba si recò come di consueto a prendere Chicco nella gabbia e diede un urlo agghiacciante: il criceto era duro come una pietra, era morto.

In preda alla disperazione Anna cominciò a gridare così tanto, ma così tanto che si sentiva in tutto il palazzo \”E\’ morto, è morto, aiutatemi\”, diceva \”il mio Chicco, il mio povero Chicco\”.

Accorse prima la mamma, poi uno dopo l\’altro i vicini di casa, attratti dalle urla e spaventati pensando fosse successa una disgrazia.

Entravano, si rendevano conto dell\’accaduto (assai meno grave delle aspettative) e tutti, uno dopo l\’altro, tiravano un sospiro di sollievo e dicevano: \”Non piangere, è un animale\”, oppure \”Adesso te lo ricompriamo, quanto vuoi che costi un criceto?\”.
E Anna allora rispondeva disperata, tra i singhiozzi : \”Che significa è un animale? Che vuol dire quanto costa? Aveva due occhi come i miei, un naso piccolo e una linguetta rosa e quando dormiva sul mio collo sentivo battere un cuoricino uguale al mio\”.

La madre, allora – lei che conosceva il segreto della figlia – tanto il timore che non parlasse più, chiese con dolcezza a tutta quella gente di uscire.

\”Vieni\” disse poi ad Anna \”Ora lo sistemiamo per bene\”.

Nella stanza da letto vuotò la scatola dei gioielli, uno scrigno di velluto rosa che tanto piaceva alla bambina, prese del raso bianco, vi avvolse l\’ animaluccio e lo adagiò nel portagioie, piccino com\’era c\’entrava benissimo. Insieme, madre e figlia, andarono in un prato e lo sotterrarono tra i fiori. Oggi questa bambina, della cui storia, rigorosamente vera, sono venuta a conoscenza casualmente, ha venticinque anni, vive a Napoli e partecipa convinta e con passione a tutte le manifestazioni in favore della pace nel mondo.

Quella sensibilità che manifestava per gli esseri viventi, altro non era che un sentimento innato di eguaglianza, una rara capacità di vedere se stessa in tutte le creature del pianeta: come se la pace o il crollo dell\’ indifferenza verso chi attende l\’abbraccio forte della solidarietà, non fossero un fine da perseguire, ma un\’emozione, una certezza, l\’unica verità incrollabile dell\’animo umano.

Se i popoli diventassero consapevoli che l\’intolleranza, l\’insofferenza, la guerra, la mancanza di misericordia e di compassione non sono soltanto inciviltà, ma anche un\’incredibile, inspiegabile, drammatica incapacità di riconoscere loro stessi negli altri, allora, e forse solo allora, prima di agire con l\’orgoglio e la certezza della verità assoluta, prima di dare per scontate le ragioni di una vendetta, si rifletterebbe quell\’attimo in più, quel frammento di vita che dovrebbe fare dell\’uomo un essere migliore.

Articolo di: Manuela Petescia

Tratto da Il Giornale del Molise-11 Febbraio 2003

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