Revisione scientifica dell’articolo (in alcune sue parti) a cura della Dott.ssa Alessandra Cossarini esperta in chimica
La cosmesi vegan è passata da nicchia etica a pilastro emergente dell’industria beauty. Non si tratta più solo di escludere ingredienti animali: parliamo di un approccio sostenibile e innovativo che coniuga performance formulative ed esigenze di consumo responsabile. I numeri confermano la portata del fenomeno: il mercato globale dei cosmetici vegan ha raggiunto un valore stimato di 17,4 miliardi di dollari nel 2022, con proiezioni di crescita fino a circa 24 miliardi entro il 2028.
Ciò equivale a un tasso annuo composto nell’ordine del 6-7%, superiore alla media del settore cosmetico tradizionale. In Europa – area leader con oltre 34% dei ricavi mondiali nel 2022 – e in Nord America la domanda è in forte ascesa ma trend simili si osservano anche in mercati emergenti come Asia e America Latina.
Più significativo ancora, questa crescita non è trainata solo da consumatori strettamente vegani. Le analisi di mercato rivelano che un’ampia fascia di clientela sposa i prodotti vegan per motivazioni etiche, ambientali o dermatologiche, indipendentemente dallo stile alimentare. Una ricerca di Cosmetify del 2019 aveva ad esempio rilevato che il 39% delle donne che acquistano esclusivamente cosmetici vegan non segue una dieta vegana.
Millennials e Gen Z, sensibili a temi come il cruelty-free e la sostenibilità, guidano il cambiamento, ma anche generazioni più mature mostrano una crescente propensione verso prodotti “green & ethical”. In parallelo, l’evoluzione normativa – come i divieti di test su animali in oltre 40 paesi – e le pressioni verso supply chain trasparenti stanno spingendo sempre più aziende ad abbracciare questa filosofia.
In questo contesto, sfatare i luoghi comuni sulla cosmesi vegan diventa cruciale per i professionisti del settore. Di seguito affrontiamo cinque miti frequenti, mostrando – con dati aggiornati e casi concreti – come i cosmetici vegan siano passati da trend di nicchia a nuova normalità del mercato beauty B2B, con implicazioni economiche e tecnologiche di grande rilievo.
Il mercato non è più di nicchia
Mito: “Il mercato dei cosmetici vegan è di nicchia e interessa solo i consumatori vegani.”
Realtà: Le evidenze indicano esattamente il contrario. Il segmento vegan beauty sta crescendo in modo trasversale e sostenuto, coinvolgendo un pubblico ampio e variegato. Questo boom di nuovi prodotti riflette una domanda ben più ampia della sola comunità vegan: come visto, molti consumatori scelgono formule vegan per ragioni di sicurezza, qualità degli ingredienti e responsabilità sociale, pur non essendo vegani nella dieta. Sul fronte geografico e demografico, il trend abbraccia diverse fasce d’età e mercati. In Europa, Regno Unito, Francia e Germania guidano la crescita della cosmetica vegan, contribuendo a fare dell’Europa la regione con il maggior fatturato nel settore la sensibilità etica delle nuove generazioni (Gen Z in primis) e l’influenza di beauty influencer e celebrity hanno normalizzato il concetto di vegan beauty presso il grande pubblico. Ad esempio, nel Regno Unito solo un terzo delle acquirenti di prodotti non testati su animali si definisce vegana, a dimostrazione che l’appeal supera la nicchia ideologica.
Anche i big player del beauty hanno colto questa evoluzione. Colossi come L’Oréal hanno investito nel segmento – tramite linee dedicate o acquisizioni – inserendo di fatto la cosmetica vegan nel portafoglio mainstream.
Parallelamente, retailer e catene distributive hanno aperto spazi specifici: già nel 2018 il gigante inglese Superdrug inaugurava a Londra uno store interamente vegan mentre catene di drugstore e supermercati oggi espongono a scaffale marchi cruelty-free e vegan accanto ai brand tradizionali. Non a caso, la grande distribuzione (ipermercati, supermercati) rappresenta ormai uno dei principali canali di vendita per i cosmetici vegan, segno che questi prodotti sono accessibili su larga scala e non relegati a boutique specializzate.
In sintesi, il mercato cosmetico vegan ha superato la fase pionieristica per diventare un fenomeno di massa in rapido consolidamento. Per le aziende beauty ciò implica opportunità di crescita significative: saper leggere la diversificazione del target – che spazia dalla giovane attivista attenta al cruelty-free al consumatore maturo in cerca di formule delicate e sostenibili – è fondamentale per sviluppare strategie di marketing e innovazione vincenti in questa nuova arena competitiva.
Performance delle alternative plant-based
Mito: “Le alternative vegetali non sono efficaci quanto le materie prime animali (es. collagene, lanolina, cheratina).”
Realtà: L’innovazione scientifica e tecnologica degli ultimi anni ha smentito questo preconcetto. Oggi i formulatori hanno a disposizione un ampio repertorio di ingredienti vegan ad alte prestazioni, spesso equivalenti se non superiori ai corrispettivi di origine animale in termini di efficacia. Dai laboratori cosmetici e biotech sono emerse soluzioni all’avanguardia che garantiscono risultati paragonabili su idratazione, anti-età, protezione e texture.
Nel settore skincare, un caso emblematico è quello dei sostituti vegetali dei tradizionali attivi anti-età. Il retinolo (derivato della vitamina A di solito ottenuto da fonti animali o di sintesi) può essere efficacemente rimpiazzato dal bakuchiol, un estratto botanico: uno studio clinico pubblicato sul British Journal of Dermatology ha dimostrato che un trattamento a base di bakuchiol allo 0,5% produce una riduzione comparabile di rughe e iperpigmentazione rispetto al retinolo allo 0,5%, con il vantaggio di minori effetti irritativi sulla pelle.
Per il Retinolo ed i suoi derivati sintetici, esistono delle restrizioni da regolamento europeo
del cosmetico (Il Regolamento (CE) n. 1223/2009) per cui si può utilizzare solo a bassissime
concentrazioni per limitare i danni che può fare alla pelle, cosa che invece non riguarda il
bakuchioil.
Questo rende il bakuchiol un’alternativa validissima per fornire benefici anti-age anche a pelli sensibili, confermando che la via “green” non implica compromessi in efficacia. Allo stesso modo, l’acido ialuronico – pilastro dell’idratazione cutanea – un tempo si estraeva dalle creste di gallo, mentre oggi viene prodotto tramite fermentazione batterica di substrati vegetali (ad es. grano o mais) con elevata purezza ed efficienza.
Il risultato è un acido ialuronico bio-ferment identico per struttura e capacità idratante alla versione animale, ma 100% cruelty-free. Anche il collagene in formulazione cosmetica ha subito una rivoluzione: se storicamente si otteneva da tessuti di bovini o pesci, ora esistono sia collagen booster vegetali sia collagene biodesign realizzato in laboratorio. Estratti da alghe, soia e piante ricche di vitamina C stimolano la produzione endogena di collagene migliorando tonicità e compattezza della pelle.
Nel campo hair care e makeup troviamo innovazioni analoghe. La cheratina, proteina chiave per la robustezza di capelli e unghie, era tradizionalmente derivata da piume e corna animali; oggi può essere sostituita da proteine vegetali idrolizzate (soia, grano, quinoa) capaci di aderire al fusto del capello rinforzandolo e conferendo lucentezza.
Questi complessi proteici vegetali, oltre a replicare l’effetto strutturante della cheratina, apportano aminoacidi e nutrienti che migliorano l’idratazione e la flessibilità del capello, risultando dunque un’alternativa funzionale a 360°. Sul versante idratazione e nutrimento cutaneo, ingredienti un tempo insostituibili come la lanolina (cera di lana prodotta dal vello ovino) hanno trovato validi rimpiazzi: oli vegetali ricchi di esteri cerosi e burri naturali di nuova generazione possono eguagliare le proprietà emollienti e filmogene della lanolina. L’olio di jojoba, ad esempio, per struttura chimica simile al sebo umano, viene impiegato al posto della lanolina per ammorbidire e proteggere la pelle, fornendo nutrimento senza effetto grasso.
Un altro caso è lo squalene (emolliente e antiage un tempo estratto dal fegato di squalo): oggi viene quasi interamente rimpiazzato dal squalane vegetale, una forma stabilizzata ottenuta da olive o dalla canna da zucchero, che offre gli stessi benefici cutanei in termini di idratazione profonda e proprietà antiossidanti, senza alcun impatto sulla fauna marina.
In ambito make-up, l’evoluzione formulativa ha permesso di sviluppare pigmenti e attivi performanti senza ricorrere a derivati animali. Ad esempio, i moderni primer e fondotinta vegan spesso utilizzano polimeri vegetali o di sintesi per replicare l’effetto levigante di ingredienti come la cera d’api o il collagene idrolizzato animale, garantendo la stessa resa estetica (pelle uniforme, idratazione duratura) ma in formule completamente cruelty-free. Anche le formulazioni long-lasting e waterproof sono state raggiunte con ingredienti alternativi: il tradizionale shellac (resina prodotta da insetti) che conferiva film waterproof a mascara e eyeliner può essere sostituito da polimeri di origine vegetale (derivati da cellulosa o alghe) capaci di formare film resistenti all’acqua
In definitiva, grazie a ricerca e sviluppo, “vegan” non è più sinonimo di minor efficacia. Dall’antiage alla cura dei capelli, ogni funzione cosmetica può oggi essere soddisfatta da ingredienti di origine non animale supportati da evidenze scientifiche. Per i brand, conoscere e saper utilizzare queste alternative significa formulare prodotti etici senza rinunce, rispondendo alle richieste di un mercato che esige sia valori che prestazioni.
Competitività economica e accessibilità
Mito: “Un cosmetico vegan non può competere con i brand mainstream in termini di prezzo e disponibilità sul mercato.”
Realtà: Grazie all’espansione della domanda e all’ottimizzazione delle filiere, i cosmetici vegan sono diventati sempre più competitivi e accessibili. Se in passato potevano essere percepiti come prodotti di nicchia costosi e di difficile reperibilità, oggi troviamo opzioni vegan in tutte le fasce di prezzo – dal lusso alla grande distribuzione – e in tutti i canali, spesso allo stesso prezzo dei corrispettivi non vegan. Le economie di scala ottenute con la crescita del settore hanno permesso di ridurre i costi di molte materie prime plant-based, grazie a fornitori specializzati che producono su larga scala estratti, attivi e persino conservanti certificati vegan a costi più contenuti. Ad esempio, ingredienti prima rari come alcuni burri esotici o pigmenti naturali oggi sono disponibili in volumi industriali, abbattendo il differenziale di prezzo rispetto agli equivalenti tradizionali.
Un indicatore chiave dell’avvenuta “democratizzazione” del beauty vegan è la sua presenza nei canali di massa. Oggi la grande distribuzione organizzata (GDO) gioca un ruolo di primo piano: a livello globale, supermercati e ipermercati rappresentano uno dei canali maggioritari per le vendite di cosmetici vegan
Questo significa che creme, shampoo e trucchi etichettati vegan si trovano sugli scaffali delle catene generaliste, segno che i grandi retailer li considerano prodotti mainstream per il pubblico generale. Parallelamente, il canale e-commerce ha ampliato enormemente la disponibilità: piattaforme online e siti diretti di brand vegan permettono di raggiungere consumatori ovunque, spesso con politiche di prezzo aggressive e promozioni analoghe a quelle di marchi convenzionali.
Anche dal lato delle aziende, l’ingresso di gruppi multinazionali e l’emergere di marchi 100% vegan ben finanziati hanno contribuito a contenere i costi unitari. Colossi come L’Oréal hanno lanciato linee vegan o acquisito brand specializzati, integrandoli nelle proprie supply chain efficienti. Ad esempio, la società madre di Urban Decay (L’Oréal) e quella di NYX hanno spinto per rendere numerose referenze vegan senza aumenti di prezzo, grazie all’ottimizzazione dei processi produttivi su vasta scala. Uno studio di settore segnala che tra le principali aziende attive nel mercato cosmetico vegan figurano giganti come L’Oréal SA, Coty Inc. e e.l.f. Cosmetics, a conferma che i grandi player vedono in questo segmento un business core e vi applicano la loro capacità di competere su costi e distribuzione. E.l.f. Cosmetics in particolare è un caso emblematico: brand americano nato nel 2004, ha costruito la propria identità su prodotti di make-up interamente vegan e cruelty-free, mantenendo però una strategia di prezzi low-cost (drugstore price) che le ha permesso di conquistare il mass market. Oggi e.l.f. distribuisce globalmente centinaia di referenze – dal trucco skincare ai pennelli – con un posizionamento di prezzo accessibile, dimostrando che qualità vegan e convenienza possono coesistere.
Inoltre, la progressiva normalizzazione del claim “Vegan” ha fatto sì che molte linee di prodotti convenzionali abbiano convertito le proprie formule eliminando gli ultimi derivati animali, senza modificare il prezzo al pubblico. Ad esempio, diversi marchi di largo consumo hanno riformulato rossetti (sostituendo il colorante carminio con alternative sintetiche o vegetali) e mascara (sostituendo cera d’api con cera di girasole o candelilla) mantenendo invariato il costo. Questo perché le alternative oggi disponibili non comportano costi aggiuntivi significativi e, anzi, semplificano spesso la filiera rendendola meno dipendente da materie prime animali soggette a oscillazioni (pensiamo alla produzione di miele o cera d’api, influenzata da fattori ambientali).
In termini di distribuzione, l’accessibilità è ormai paragonabile a qualunque altro segmento cosmetico. Oltre alla GDO e all’online, anche le profumerie selettive e i department store dedicano spazi ai brand vegan. Non è insolito vedere corner specifici o etichette vegan sui prodotti negli store specializzati, così come aumentano le iniziative di marketing rivolte ai professionisti (fiere, esposizioni) focalizzate sulla bellezza sostenibile. Questa omnipresenza facilita l’incontro tra prodotto vegan e consumatore, abbattendo il vecchio stereotipo del “bisogna cercarlo col lanternino e pagarlo caro”.
In conclusione, la cosmesi vegan ha compiuto il salto da proposta di nicchia a opzione mainstream competitiva. Per i brand ciò significa poter competere sul prezzo e sulla distribuzione al pari dei marchi tradizionali: l’argomento “costa troppo” non regge più, e anzi il posizionamento etico può diventare un valore aggiunto senza gravare sul portafoglio del cliente. Investire in linee vegan oggi vuol dire intercettare un pubblico vasto con prodotti reperibili e dal giusto prezzo, capitalizzando su economie di scala e canali maturi.
Conservazione e durata garantite
Mito: “L’assenza di derivati animali penalizza la conservazione e la durata dei prodotti (stabilità, shelf-life).”
Realtà: I moderni cosmetici vegan raggiungono standard di stabilità e conservabilità paragonabili a quelli tradizionali, grazie all’impiego di conservanti efficaci e tecnologie formulative avanzate che non coinvolgono ingredienti di origine animale. L’idea che un prodotto vegan sia più instabile o deperibile è superata dai fatti: l’industria ha sviluppato una gamma di soluzioni vegan-friendly per preservare le formule da contaminazione microbica e ossidazione, assicurando shelf-life lunghe e sicurezza d’uso.
Innanzitutto, va chiarito che la gran parte dei conservanti cosmetici classici (parabeni, formaldeide-releaser, ecc.) sono composti di sintesi che di per sé non derivano da animali. Nel contesto di linee vegan e naturali, però, spesso si opta per conservanti considerati più “green” o di derivazione naturale. Oggi esistono conservanti nature-identical e derivati vegetali pienamente efficaci. Per esempio, l’acido benzoico, presente in natura ma prodotto industrialmente in forma identica è ampiamente usato come antimicrobico nei cosmetici biologici e vegan.
In formulazione, composti come benzoato di sodio o sorbato di potassio (sali di quegli acidi) offrono un ampio spettro di protezione da batteri e funghi senza attingere a sostanze animali, ache se il sorbato di potassio è considerato da alcuni, irritante.
L’acido levulinico sta guadagnando sempre più spazio nelle formulazioni cosmetiche che ne consentono l’impiego. Si tratta di un conservante 100% naturale, ottenuto dalla degradazione della cellulosa, apprezzato per la sua delicatezza ed efficacia nel controllare le colonie di microrganismi senza alterare l’integrità, il colore o il pH degli altri ingredienti. Nell’ambito della ricerca sulle bioplastiche sostenibili, l’industria chimica green sta lavorando a un progetto innovativo per ottimizzarne la produzione, convertendo i sottoprodotti dell’industria dello zucchero in acido levulinico. Questo processo permette di utilizzare esclusivamente derivati di colture non alimentari, riducendo i costi e l’impatto ambientale grazie alla cattura di anidride carbonica attraverso la fotosintesi.
Altre molecole adottate includono l’alcool benzilico (presente naturalmente in oli essenziali di gelsomino, ad esempio) e l’acido deidroacetico: combinazioni di questi ingredienti, approvate dagli enti di certificazione eco-bio, garantiscono la conservazione di creme e lozioni water-based. Prodotti innovativi sul mercato sfruttano anche peptidi e fermentati vegetali con proprietà antimicrobiche – ad esempio estratti fermentati di ravanello o l’antimicrobico derivato dalla fermentazione del cocco – integrandoli nei sistemi conservanti. In sostanza, i formulatori oggi dispongono di un toolbox completo di conservanti “vegan compliant” che coprono tutte le esigenze formulative, dalle emulsioni alle soluzioni acquose, assicurando la sicurezza microbiologica del prodotto per tutto il suo ciclo di vita.
Oltre ai conservanti, sono state affinate le tecnologie di stabilizzazione delle formule. L’assenza di ingredienti animali non preclude infatti l’uso di antiossidanti, regolatori di pH e agenti chelanti indispensabili per prevenire l’irrancidimento e il degrado dei principi attivi. Vitamina E di origine vegetale, estratti ricchi di polifenoli (rosmarino, tè verde) e chelanti sintetici biodegradabili come il gluconato di sodio vengono utilizzati per proteggere gli oli vegetali dall’ossidazione e mantenere stabili le emulsioni, con efficacia sovrapponibile ai sistemi tradizionali. Un esempio interessante di innovazione è l’impiego di fermentazioni mirate: alcune materie prime fermentate sviluppano metaboliti che agiscono da stabilizzanti naturali (acidi organici, peptidi antimicrobici) contribuendo alla conservazione “intrinseca” del prodotto.
Un altro ambito cruciale è il packaging: i brand vegan e clean beauty adottano spesso soluzioni di confezionamento che prolungano la durata delle formule in maniera del tutto naturale. L’uso di flaconi airless (a vuoto d’aria) è un caso emblematico: eliminando il contatto continuo con l’aria, questi contenitori impediscono l’ossidazione e la contaminazione batterica ogni volta che si dosa il prodotto, potendo estendere la shelf-life di diversi mesi rispetto a un vaso tradizionale aperto.
Molte creme viso vegan ad esempio sono vendute in dispenser airless proprio per garantire freschezza e attività fino all’ultima goccia, senza necessità di carichi conservanti eccessivi. Anche i packaging opachi o con trattamenti anti-UV proteggono i contenuti (soprattutto se ricchi di estratti vegetali fotosensibili) dalla degradazione luminosa. Inoltre, stanno emergendo imballaggi attivi con rivestimenti naturali antimicrobici: tecnologie a base di particelle d’argento o estratti botanici integrati nel materiale di confezionamento possono ridurre la crescita microbica residua, allungando ulteriormente la vita del prodotto
Tali innovazioni, pienamente compatibili con lo standard vegan, mostrano un ulteriore livello di attenzione alla stabilità.
Nel complesso, le soluzioni tecnico-formulative per garantire durata e stabilità ai cosmetici vegan sono molteplici e consolidate. Alcuni produttori formulano addirittura prodotti auto-conservanti, cioè sistemi in cui il mix di ingredienti (bassa attività dell’acqua, pH acido, presenza di alcool naturali) rende l’ambiente ostile ai microbi senza bisogno di conservanti aggiunti – strategia usata in alcune maschere in polvere o sieri anidri. Altri puntano su prodotti waterless (es. shampoo solidi, oli anidri) che per loro natura hanno minori problemi di conservazione. Tutto questo per dire che un cosmetico vegan ben progettato non ha nulla da invidiare a un cosmetico convenzionale in termini di sicurezza e durata nel tempo. I falsi miti di instabilità appartengono al passato: oggi i professionisti formulisti hanno gli strumenti per creare linee 100% vegan stabili, sicure e longeve, in piena conformità alle moderne esigenze di qualità.
Esperienza sensoriale ricca e sofisticata
Mito: “I prodotti vegan offrono un’esperienza sensoriale inferiore: niente profumazioni accattivanti, texture piacevoli o colori vivaci.”
Realtà: L’evoluzione del mercato ha dimostrato che i cosmetici vegan possono regalare esperienze sensoriali di alto livello, equiparabili (se non superiori) a quelle dei prodotti tradizionali. Fragranze complesse, texture lussuose e colori brillanti sono pienamente raggiungibili con ingredienti di origine non animale, grazie alla creatività dei formulatori e a nuovi ingredienti sviluppati ad hoc. Oggi molte linee vegan sono apprezzate proprio per la loro sensorialità: sanno coniugare etica e piacere d’uso, sfatando l’idea che “naturale/vegan” sia sinonimo di banale o poco accattivante.
Fragranze: Nel mondo delle profumazioni, la paletta di materie prime di un chimico profumiere moderno è quasi interamente vegan. Gli elementi classici di origine animale (come muschio zibet dal gatto zibetto, muschio di cervo o ambra grigia dalle balene) sono stati da tempo rimpiazzati da alternative sintetiche o vegetali che ne replicano l’aroma con grande fedeltà. Attraverso un sapiente lavoro di chimica dei profumi, molecole come il civetone (sostituto sintetico del secrezione di zibetto) o muschi bianchi di sintesi riproducono quelle note calde e sensuali un tempo ottenute con cruelty. Allo stesso modo, l’ambra grigia – preziosa nota marina – viene sostituita da accordi a base di Ambroxan e altri composti di sintesi, garantendo profondità olfattiva senza impiego di derivati animali
Texture: La sensazione al tatto e all’applicazione di un cosmetico è frutto di emulsionanti, oli, cere e polimeri – ingredienti per la gran parte rimpiazzabili con opzioni non animali senza perdere in qualità. Oggi i laboratori formulativi dispongono di emollienti e texturizzanti vegetali in grado di ricreare qualsiasi texture: dalle creme corpose e ricche effetto “burro” alle lozioni leggere effetto “siero”, fino ai gel e mousse impalpabili. Per esempio, la cera d’api (che dona struttura a balsami labbra, creme e mascara) può essere sostituita egregiamente dalla cera di candelilla ricavata dall’omonimo arbusto desertico. Questa cera vegetale ha un punto di fusione e consistenza simili alla cera d’api, fornendo quella texture cremosa e densa che conferisce stabilità e adesività ai prodotti, il tutto arricchito da naturali proprietà emollienti
Non a caso, la cera candelilla è diventata un must nei rossetti e balsami vegan per garantire tenuta e scorrevolezza pari ai prodotti tradizionali. Analogamente, per sostituire la setosità data da alcuni siliconi o lanolina, i formulisti impiegano burri vegetali (karité, cupuaçu, mango) e oli esterificati che lasciano la pelle vellutata senza untuosità. Nuovi agenti gelificanti di origine naturale (come l’agar agar dalle alghe o le gomme xanthan e di cellulosa) consentono di ottenere gel e sospensioni stabili, offrendo texture gradevoli e fresche al pari di quelle create con gelatine animali.
In prodotti come i sieri e gel crema, l’agar e i biopolimeri vegetali rimpiazzano la gelatina (di origine bovina/suina) assicurando la stessa piacevole consistenza. Inoltre, l’utilizzo di microemulsioni e nuove tecniche di formulazione (es. gel-to-milk che da gel diventano latte a contatto con acqua) arricchisce l’esperienza d’uso dei prodotti vegan, mostrando un terreno fertile di innovazione sensoriale. Oggi troviamo mousse detergenti vegan soffici e dense, maschere in tessuto 100% vegetale intrise di sieri profumati, oli secchi che si assorbono senza residuo: tutte esperienze tattili e olfattive curate nei minimi dettagli per gratificare il consumatore più esigente. In sostanza, “vegan” non significa affatto rinunciare alla piacevolezza: al contrario, molti brand sottolineano che le loro formule green sono anche più gradevoli, grazie all’assenza di alcuni ingredienti occlusivi o pesanti di origine animale.
Colori: Un’altra area in cui la cosmesi vegan ha compiuto passi da gigante è quella delle palette colori per make-up. Un timore diffuso era che eliminando coloranti come il carminio (rosso dagli insetti) o il guanina (brillantezza da scaglie di pesce) si dovesse accettare un range cromatico smorzato. La realtà è che oggi esistono pigmenti minerali e vegetali e coloranti di sintesi che coprono l’intero spettro dei colori con intensità e resa paragonabili ai pigmenti animali. Ad esempio, per ottenere rossi vibranti nei rossetti e nei fard, i produttori utilizzano miscele di pigmenti minerali (ossidi di ferro rossi) e pigmenti organici sintetici approvati, che garantiscono tonalità accese e stabilità alla luce. Inoltre, estratti tintori da frutti e piante – come la barbabietola, l’hibiscus, la curcuma – vengono raffinati per fornire nuance dal rosa al corallo e all’arancio utilizzabili in formulazioni trucco. Studi di formulazione hanno confermato che questi coloranti vegetali possono essere altrettanto efficaci nel creare colori intensi e duraturi: in pratica, si possono ottenere rossetti e ombretti dalle tonalità vivide e di lunga tenuta senza ricorrere a un solo coleottero.
La brillantezza madreperlata che un tempo si otteneva con la guanina dalle scaglie di pesce oggi viene data da mica minerale o perle sintetiche: i nuovi pigmenti perlescenti vegan a base di mica sintetica offrono riflessi cangianti e luminosità in ombretti e smalti, con il vantaggio di eliminare anche questioni etiche legate allo sfruttamento minerario della mica naturale. Anche per le tinte capelli e altri prodotti colorati, la ricerca sta proponendo alternative green: ad esempio coloranti diretti per capelli privi di derivati animali e makeup artistico vegan-friendly con colori neon ottenuti da chimica organica.
Infine, l’esperienza complessiva (dalla vista all’olfatto al tatto) offerta dai prodotti vegan di nuova generazione può persino diventare un punto di distinzione sul mercato. Molti brand comunicano attivamente queste qualità: packaging eleganti con grafiche ispirate alla natura, texture inusuali (olio che si trasforma in latte, polvere che diventa mousse) e fragranze naturali sofisticate contribuiscono a creare un’aura di premium experience. Si pensi alle linee spa-grade vegan che uniscono aromaterapia (oli essenziali puri) a formulazioni clean – il consumatore percepisce un valore aggiunto sensoriale collegato proprio alla naturalità del prodotto. In sostanza, sfatato il mito della “monotonia sensoriale”, la cosmesi vegan sta dimostrando che etica e piacere possono procedere insieme. Offrire profumi avvolgenti, texture setose e colori glamour senza ingredienti animali è non solo possibile, ma è già realtà per molti marchi all’avanguardia. Ciò permette ai brand vegan di intercettare anche i consumatori più esigenti, quelli che scelgono un prodotto innanzitutto per la sua lussuosa user experience, aggiungendo poi la soddisfazione di un acquisto consapevole.
Prospettive future e vantaggi strategici
La rivoluzione vegan in atto nel settore beauty evidenzia come sostenibilità, etica e innovazione possano convergere senza penalizzare la crescita di mercato – anzi, alimentandola. I cinque miti analizzati erano retaggi di un’epoca in cui il vegan era una nicchia sperimentale; oggi, alla luce di dati e risultati concreti, possiamo affermare che la cosmetica vegan possiede tutte le carte in regola per diventare uno standard del futuro prossimo.
La cosmesi vegan si inserisce perfettamente nei macro-trend globali di sostenibilità ed economia etica: abbracciarla consente alle aziende di migliorare il proprio posizionamento ESG (ambientale, sociale, di governance) e di allinearsi agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, elementi sempre più valutati anche da investitori e stakeholder B2B. Dal punto di vista del branding e del marketing, proporre linee vegan rafforza la brand image in termini di trasparenza e responsabilità, qualità molto apprezzate dai consumatori odierni.
Le prospettive future vedono la bellezza vegan integrarsi sempre più con altri driver chiave: l’eco-design (packaging riciclabile e ricaricabile), la personalizzazione (prodotti su misura, anch’essi possibili in versione vegan), la tecnologia digitale (tracciabilità blockchain degli ingredienti cruelty-free). Si può prevedere che, man mano che queste convergenze avanzano, i confini tra “cosmetico vegan” e “cosmetico convenzionale” diventeranno via via meno netti: in altre parole, il vegan diverrà una baseline standard attesa dal consumatore, parte integrante di ciò che definisce un prodotto di qualità. Già in alcuni mercati, soprattutto in Europa, si assiste a questa normalizzazione: il claim vegan è sempre più comune sulle confezioni e le certificazioni come VEGANOK e BIODIZIONARIO aiutano i consumatori a riconoscere rapidamente i prodotti idonei.
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