Dopo mesi di incertezze, ora finalmente il lieto fine: in queste ore il TAR del Lazio si è pronunciato, accogliendo il ricorso presentato dai gestori della Sfattoria degli Ultimi, un rifugio romano che accoglie numerosi animali, specialmente maiali e cinghiali, salvati da morte certa. I circa 100 animali che finora erano stati a rischio abbattimento, sono salvi.
Sfattoria degli Ultimi: cosa è successo
La vicenda ha avuto inizio la scorsa estate, quando oltre 140 animali tra suini e cinghiali – tutti non DPA (non destinati ad uso alimentare) – sono stati condannati a morte da un provvedimento notificato dall’Asl Roma 1, solo perché il terreno in cui vivono rientra nell’area laziale colpita da peste suina. La notizia ha letteralmente fatto il giro d’Italia e non solo, mentre schiere di animalisti e volontari da ogni parte del Paese hanno fatto il possibile per salvare la vita di questi animali, affiancandosi agli instancabili volontari che gestiscono il rifugio.
Tra appelli sui social e sit in di protesta davanti al rifugio, la vicenda ha avuto un’eco mediatica enorme, tra passi avanti e scioccanti dietrofront. Dopo la prima notifica di abbattimento degli animali (che sarebbe dovuta avvenire tramite elettroshock), il TAR del Lazio Sezione terza quater, ha accolto il ricorso delle associazioni, sospendendo momentaneamente il provvedimento.
Un respiro di sollievo momentaneo, però, perché dopo soli tre giorni lo stesso TAR ha stabilito che l’Asl Roma 1 potesse valutare se abbattere o no gli animali presenti nel santuario, a prescindere dalla documentazione che avrebbe dovuto essere presentata ed esaminata per dimostrarne le condizioni di salute. Ovviamente, nessuna delle persone coinvolte nella vicenda si è arresa, nella piena convinzione che gli animali dovessero essere salvati a ogni costo.
E così è stato: valutando il possibile elevato valore culturale ed educativo del rifugio, il TAR ha scelto di annullare l’ordine di abbattimento, giudicandolo oltretutto immotivato. “Questa è la riprova del fatto che quando le persone si muovono assieme, unite e quando c’è amore, possono tutto” dichiarano i portavoce del rifugio. Anche se la vicenda non è conclusa – visto che le istituzioni avranno ancora la possibilità di fare ricorso nei prossimi 60 giorni – la prima, fondamentale battaglia è stata vinta.

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