Spreco alimentare e allevamenti intensivi: la connessione di cui non si parla

Sono 1,2 miliardi le tonnellate di cibo che, ogni anno, vengono sprecate ancora prima che finiscano nella catena di distribuzione: di queste, ben 153 milioni di tonnellate sono carne e derivati animali; 25 milioni di tonnellate sono pesce e crostacei e 449 milioni di tonnellate, frutta e verdura.

Lo spreco alimentare è in gran parte legato agli allevamenti intensivi e alla loro attività: a sottolinearlo è il report The global impact of food loss and waste on farms del WWF. I numeri parlano chiaro, ogni anno si buttano almeno 1,2 miliardi di tonnellate di cibo ancora prima che lasci le aziende agricole o gli allevamenti, contro le 931 milioni di tonnellate sprecate dalla vendita al dettaglio, dai servizi di ristorazione e direttamente dai consumatori. Di questo, 449 milioni di tonnellate di frutta e verdura (il 26% della produzione totale), 153 milioni di tonnellate di carne e derivati animali (il 12% della produzione totale) e 25 milioni di tonnellate di pesce e crostacei (ben il 44% della produzione totale).

Oltre a rappresentare un problema etico importantissimo, lo spreco alimentare ha un impatto ambientale che non può essere sottovalutato. Nello specifico, riguarda:

  • emissioni di gas serra
  • uso dell’acqua
  • eutrofizzazione
  • acidificazione
  • uso del suolo
  • perdita di biodiversità

Parlando di emissioni di gas serra, i dati relativi allo spreco alimentare in fase di produzione superano quelli riportati da altre ricerche, come il report Food Wastage Footprint della FAO del 2013. I prodotti più impattanti sono risultati essere carne e derivati animali (specialmente i latticini), che rappresentano il 40% delle emissioni di CO2 eq. associate allo spreco alimentare globale delle aziende e degli allevamenti, e addirittura il 13% sul totale dello spreco alimentare. Ma non basta, perché questo gruppo di prodotti è stato associato anche a un’alta percentuale di acidificazione ed eutrofizzazione e alla metà dell’uso del suolo associati ai rifiuti alimentari nella fase di produzione. Complessivamente, lo spreco alimentare di carne e derivati nella fase produttiva è legato all’emissione di 2.2 gigatonnellate di CO2, che equivalgono alle emissioni del 75% di tutte le auto guidate negli Stati Uniti e in Europa in un anno. Parliamo del 4% di tutte le emissioni di gas serra antropiche e del 16% delle emissioni agricole.

In termini di uso di risorse idriche, i dati non sono migliori. Il report associa allo spreco alimentare in fase di produzione un totale di 760 km3 di acqua dolce che viene letteralmente prelevata per essere buttata ogni anno: la stessa quantità di acqua che il Rio delle Amazzoni riversa nell’Oceano Atlantico in cinque settimane. Ancora una volta sono i prodotti di origine animale a rappresentare il problema maggiore. Per saperne di più: Impronta idrica dei prodotti animali: quali sono i numeri?

Agricoltura animale e spreco alimentare: qual è la connessione?

Il report del WWF spiega anche in che modo l’allevamento contribuisca allo spreco alimentare: anche se l’esempio riguarda nello specifico l’industria aviaria – che in pochi anni ha visto un incremento enorme della produzione per soddisfare la richiesta di carne di pollo – può essere applicato all’allevamento intensivo in generale.

Certamente la mortalità elevata degli animali è “uno spreco di risorse” enorme: come sappiamo, in allevamento vivono in condizioni di estrema precarietà, che spesso ne causano la morte ben prima di arrivare al macello. Anche i mangimi destinati agli animali possono essere considerati uno spreco: la soia o il mais che li compongono potrebbero invece essere consumati dall’uomo, con un contributo importante alla lotta alla fame nel mondo.

Ancora una volta, la soluzione ai problemi ambientali è da ricercare nel cambiamento del sistema alimentare, dei paradigmi che guidano la produzione e nella scelta di un’alimentazione a base vegetale.

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Crediti foto in apertura: Cnn

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