Aziende italiane nel business degli attrezzi usati per estorcere confessioni.
Un rapporto di Amnesty International curato dalla fondazione di ricerca Omega intitolato "Dalle parole alle azioni". Assieme alle società italiane anche 3 belghe e 2 finlandesi.
Alcune aziende italiane sarebbero implicate in un commercio internazionale di strumenti di tortura che coinvolge diverse società dell’Ue. Lo scrive Amnesty International in un rapporto curato dalla fondazione di ricerca Omega Research Foundation e intitolato "Dalle parole alle azioni", di cui l’Ansa è in possesso. A pagina 34 vengono citate cinque compagnie italiane (Defence System Srl, Access Group srl,Joseph Stifter s.a.s/KG, Armeria Frinchillucci Srl e PSA Srl). Sarebbero coinvolte in un commercio internazionale di arnesi finalizzati alla tortura tra il 2006 ed il 2010. Assieme alle aziende italiane la tabella menziona tre compagnie belghe e due finlandesi.
Gli strumenti di dolore. Nel rapporto si parla di congegni da fissare alle pareti delle celle per immobilizzare i detenuti, serrapollici in metallo e manette e bracciali che producono scariche elettriche da 50.000 volt. Il rapporto sottolinea che queste attività sono proseguite nonostante l’introduzione, nel 2006, di una serie di controlli per proibire il commercio internazionale di materiale di polizia e di sicurezza atto a causare maltrattamenti e torture e per regolamentare il commercio di altro materiale ampiamente usato su scala mondiale per torturare. Ma scappatoie legali consentono ancora di farla franca. Il rapporto sarà formalmente preso in esame domani a Bruxelles, nel corso della riunione del sottocomitato sui Diritti umani del Parlamento europeo.
Le falle legislative. Amnesty International e la Omega Research Foundation chiedono alla Commissione europea e agli Stati membri dell’Unione europea di tappare le falle legislative illustrate nel rapporto e di applicare e rafforzare la normativa esistente. "L’introduzione di controlli sul commercio di "strumenti di tortura", dopo un decennio di campagne di organizzazioni per i diritti umani, ha rappresentato una pietra miliare dal punto di vista legislativo. Ma tre anni dopo la loro entrata in vigore, diversi Stati europei devono ancora applicarli o rafforzarli", ha detto Nicolas Beger, direttore dell’Ufficio di Amnesty International presso l’Unione europea.
Si fa ma non si dice. Brian Wood, direttore del dipartimento di Amnesty International che si occupa di questioni militari, di sicurezza e di polizia, ha aggiunto: "Le nostre ricerche rivelano che dal 2006, nonostante i nuovi controlli, diversi Stati membri tra cui Germania e Repubblica Ceca hanno autorizzato l’esportazione di strumenti per operazioni di polizia e di controllo dei detenuti verso almeno nove Paesi dove Amnesty International ha potuto documentare l’uso per infliggere torture. Inoltre, solo sette Stati membri hanno dato seguito agli obblighi legali di rendere pubbliche le loro esportazioni. Temiamo che qualche stato non li stia prendendo sul serio".
Belgio, Cipro, Finlandia, Italia e Malta avevano dichiarato di non essere a conoscenza di aziende che commercializzassero materiali inclusi nei controlli, ma Amnesty International e Omega Research Foundation hanno individuato aziende in Belgio, Finlandia e Italia, i cui prodotti sono apertamente commercializzati su Internet.
Le scappatoie legali. Quelle esistenti permettono inoltre ad alcune aziende di commercializzare strumenti che non hanno altro scopo se non quello di infliggere torture e maltrattamenti. "Nell’ambito del loro impegno a combattere la tortura ovunque abbia luogo, gli Stati membri devono passare dalle parole ai fatti, imponendo controlli davvero effettivi sul commercio di strumenti di sicurezza e di polizia e assicurando che i loro prodotti non vadano a finire nella cassetta degli attrezzi del torturatore", ha affermato Michael Crowley, ricercatore della Omega Research Foundation.
Alcune conclusioni. Di seguito, ecco alcune delle principali conclusioni del rapporto: tra il 2006 e il 2009, la Repubblica Ceca ha autorizzato l’esportazione di prodotti quali manette, pistole elettriche e spray chimici; la Germania lo ha fatto per ceppi e spray chimici, verso nove Paesi dove le forze di polizia e di sicurezza avevano usato quei prodotti per praticare maltrattamenti e torture; aziende italiane e spagnole hanno messo in vendita manette o bracciali elettrici per detenuti (una scappatoia legale permette tutto questo, nonostante si tratti di prodotti simili alle ‘cinture elettriche’, la cui esportazione e importazione sono proibite in tutta l’Unione europea; nel 2005 l’Ungheria ha annunciato l’intenzione di introdurre l’uso delle ‘cinture elettriche’ nelle stazioni di polizia e nelle prigioni, nonostante la loro esportazione e importazione siano vietate in quanto il loro uso costituisce una forma di maltrattamento o di tortura; solo sette dei 27 stati membri dell’Unione europea hanno reso pubbliche le loro autorizzazioni all’esportazione, nonostante tutti siano legalmente obbligati a farlo; gli Stati membri paiono ancora poco informati sulle attività commerciali in corso al loro interno.
La precisazione della Defence System Srl. Attraverso l’avvocato Sonia Brucoli del foto di Modena, è giunta al nostro sito la seguente precisazione: "L’azienda non ha mai svolto il commercio di cui il rapporto l’accuserebbe ne ha mai negoziato in alcun modo gli strumenti citati tipo congegni da fissare alla pareti, serrapollici in metallo, manette che producono scosse elettriche, pistole e cinture elettriche, spray chimici. Gli unici strumenti commercializzati dalla Defence System srl sono: 1) lo spray a base di peperoncino, sostanza naturale innocua per la salute e l’integrità fisica 2) uno spray dello stesso tipo differente per errogazione del prodotto destinato agli operatori di Polizia Locale; 3) i dissuasorui elettrici – da distinguere nettamente dalle pistole elettriche "Taser", con le quali nulla hanno a che vedere – anch’essi strumenti di autodifesa innocui".
Scappatoie legali consentono alle aziende europee di commercializzare "strumenti di tortura"
Rapporto di Amnesty International e della Omega Research Foundation
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News Inserita da Daria Mazzali Redazione Promiseland.it
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