studio plant-based

Secondo uno studio, per trasformare il sistema alimentare in “plant-based” bisogna partire da scuole, ospedali e prigioni

Per innescare un cambiamento generalizzato del sistema alimentare in favore di alimenti plant-based, uno studio propone come "super punti di leva" le strutture e istituzioni statali, come scuole, ospedali e prigioni. 

Il metodo migliore per innescare un cambiamento generalizzato del sistema alimentare in favore di un’alimentazione plant-based? Secondo la società di consulenza sulla sostenibilità Systemiq e l’Università di Exeter non c’è dubbio: servire sempre più hamburger, salsicce, filetti e altre alternative vegan in strutture e istituti statali, come scuole, ospedali e prigioni.

Lo studio ha infatti individuato in questi touchpoint uno dei più efficaci “super punti di leva” in grado di generare cambiamenti radicali, a cascata, su tutto il sistema alimentare. Vediamo perché.

Più alternative plant-based in scuole, ospedali e carceri: lo studio

Secondo gli autori dello studio, la chiave per incentivare un passaggio massivo ad un’alimentazione fortemente a trazione plant-based sta nell’approvvigionamento di cibo a strutture pubbliche:  si stima infatti che se le alternative vegane sostituissero anche solo il 20% della carne venduta a livello globale, fino a 8 milioni di chilometri quadrati di terre sfruttate per allevamenti, potrebbero essere ridistribuiti per programmi di recupero e in favore del clima, come dichiama il Professor Tim Lenton dell’Università di Exeter.

“Saremmo in grado di ottenere davvero una riduzione senza precedenti della domanda di uso del suolo, che rappresenta oggi una grande fonte di emissioni a livello globale”, continua Lenton. “Con questa iniziativa potremmo liberare terra su cui rimediare con azioni di rimboschimento, rimboschimento, riforestazione“. Secondo lo studio dell’Università di Exeter e la società Systemiq, il settore alimentare delle strutture pubbliche è uno dei tre super punti di leva che possono aiutarci a vincere la lotta la climate change e generare un processo di “decarbonizzazione”.

Le altre iniziative proposte dallo studio

La ricerca propone, come ulteriore azione in ottica sostenibile, la produzione di almeno il 25% di fertilizzanti utilizzando idrogeno verde con impiego di elettrolizzatori, così da portare il prezzo dell’idrogeno verde a un minimo di 1,50 dollari per chilogrammo e renderlo così un combustibile valido per le navi e, infine, per la produzione di acciaio.

Al contempo, lo studio vorrebbe incitare le case automobilistiche a produrre un certo volume di veicoli elettrici ogni anno per incentivare sempre più una mobilità a emissioni zero. Questo impegno potrebbe a sua volta ridurre nettamente il costo dell’elettricità da fonti rinnovabili e le relative soluzioni di stoccaggio, accelerando lo sviluppo delle batterie agli ioni di litio.

L’obiettivo dello studio

Come scritto nello studio, le tre iniziative proposte da Systemiq e Università di Exeter rappresentano interventi con la potenzialità di creare dei veri punti di svolta positivi, in cui il passaggio a una società più verde, etica e sostenibile diventerebbe inevitabile.

“Mi è sempre stato chiaro che a volte nei sistemi sociali umani si verificano cambiamenti improvvisi, auto-propulsivi e spesso irreversibili“, afferma Lenton. “Dobbiamo trovare e innescare proprio dei punti di non ritorno positivi per evitare quelli negativi, come il climate change”. Il rapporto è stato presentato il 20 gennaio al World Economic Forum di Davos, in Svizzera.


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