Tai Chi Chuan, l\’arte della morbidezza

Promiseland -

\”Un yin e un yang è detto il Tao. L\’unione appassionata di yin e yang, così come la copula di uomo e donna, costituisce il modello eterno dell\’universo. Se il cielo e la terra non si fossero mescolati, da dove ogni cosa avrebbe potuto ricevere la vita?\” (Ch\’eng Tzu). La coppia yin-yang simboleggia tutte le […]

\”Un yin e un yang è detto il Tao. L\’unione appassionata di yin e yang, così come la copula di uomo e donna, costituisce il modello eterno dell\’universo. Se il cielo e la terra non si fossero mescolati, da dove ogni cosa avrebbe potuto ricevere la vita?\” (Ch\’eng Tzu).
La coppia yin-yang simboleggia tutte le coppie di opposti: freddo-caldo, femmina-maschio, morbido-duro, oscuro-luminoso, … . L\’universo è in movimento perenne tra questi estremi.
E questo passare continuamente da una polarità all\’altra – mai però in contrapposizione ma in reciproca armonia, come due amanti – è anche il fondamento ideale del Tai Chi Chuan (scritto anche, più correttamente, T\’ai Chi Ch\’üan; o, con un\’altra traslitterazione, Tai Ji Quan).
Un\’arte marziale nata in ambienti taoisti, figlia quindi di una filosofia che nella sua opera fondante (il Tao Te Ching di Lao Tzu) ha scritto: \”La cedevolezza prevale sulla forza, la morbidezza batte la durezza\”; \”fra due combattenti vince chi cede\”; \”Vince il nemico chi non dà battaglia. Chi sta al di sotto ben comanda gli uomini. Del non contendere questa è la virtù\”.

Queste sono dunque le idee che stanno alla base di questa arte marziale. Idee certamente di difficile comprensione e attuazione. Almeno finché non proveremo su noi stessi che davvero si può prevalere su chi è più forte semplicemente restando spontanei e morbidi, o che non contrapponendosi a un attacco violento, questo, non trovando un punto su cui sfogarsi, si ritorcerà immancabilmente contro chi lo ha sferrato. Perché lo yang si trasforma incessantemente in yin, e lo yin si trasforma incessantemente in yang.
Detto in un altro modo: nel momento in cui qualcuno attacca un\’altra persona, cioè gli va contro, sbaglia, rompe l\’equilibrio, l\’armonia che non può essere rotta; va contro a un\’altra parte di sé stesso. Rispondere col Tai Chi Chuan non è altro che essere del tutto naturali e spontanei, lasciare che le cose seguano il loro corso naturale: l\’aggressore andrà da solo incontro alla sconfitta, trascinato dal suo stesso gesto.

Altra citazione, molto più vicina a noi nel tempo e nello spazio: \”un\’idea, se potessi mangiare un\’idea avrei fatto la mia rivoluzione\” (Gaber). Il Tai Chi Chuan è questo: mangiarsi l\’idea. Prenderla, mangiarla e digerirla; attuarla; sentirla, oltre che intenderla razionalmente; comprenderla, oltre che capirla.
Perché: \”La conoscenza va usata: la si può trasformare in potere. La comprensione invece è qualcosa di più grande di noi, che non diventa potere: non la si può usare, ma solo accettare\” (Sheckley).
Non quindi solamente capire le tecniche ma anche sperimentarle su di noi e imparare ad ascoltarci; non solamente capire le intenzioni dell\’avversario ma sentirlo, identificandosi con lui, fluendo assieme a lui, comprendendolo. E attraverso la comprensione di sé stessi e degli altri, arrivare a comprendere il tutto.

A cosa serve? Serve per rafforzare e sbloccare la circolazione dell\’energia vitale nel corpo: quindi per la salute. Serve come forma di meditazione in movimento. Serve come arte di combattimento. E poi… in un tempo in cui sono di moda i \’duri\’, e i forti; in cui sono tornati a pretendere di governare (\”Dove è inerte il governo, sano è il popolo; dove il governo è attivo, soffre il popolo\” (Lao Tzu)) quelli il cui credo è: Vincere!; in cui i nuovi messia predicano la competitività, l\’efficienza, il successo e l\’essere primi; allora può essere utile un\’arte che insegni a essere morbidi, a non andare mai \’contro\’ ma sempre \’assieme\’, a seguire l\’avversario dimenticando sé stessi, a rimanere in disparte nei luoghi più infimi e bassi \”come una valle che tutto accoglie\”; in definitiva un\’arte che insegni a perdere: \”Con la durezza, sia noi che il nostro avversario possiamo venir sconfitti o feriti e questa non è certo maestria. Se il mio avversario usa la durezza, io lo neutralizzo con la morbidezza. Se il mio avversario attacca con un movimento rapido, io con calma attendo il suo attacco e lo neutralizzo. … . E per questo io vi dico che chi studia il T\’ai Chi Ch\’üan deve accettare di perdere per vincere\” (Cheng Man Ch\’ing).

\”Perdere, … , senza accettare alcun combattere, alcuna illusoria opposizione, alcuna violenta autoaffermazione egoica. Abbandono come via di fuga e come condizione culturale superiore rispetto alla tensione storica. Abbandono come riconoscimento dell\’armonia tra deriva singolare e gioco cosmico\” (Bifo).
Quindi rinunciare a vincere (perché non c\’è nulla da vincere), arrivando così – incredibile – attraverso la perdita alla vittoria, a prevalere così come la cedevolezza dell\’acqua prevale sulle cose dure. Ma fare Tai Chi Chuan con l\’intento dell\’utilità vuol dire rientrare già nella logica dei summenzionati personaggi; nelle loro (il-)logiche competitive e utilitaristiche.
Si fa Tai Chi Chuan per il puro piacere di farlo; e in questo modo, non ricercando nulla se non, al limite, l\’inutilità e il gioco – miracolo! – arriveremo agli scopi; a qualsiasi scopo, perché \”Il Tao costantemente non agisce, eppure non v\’è nulla che non faccia\” (Lao Tzu).

Ma, soprattutto, si arriva a comprendere che non siamo noi a fare il Tai Chi, esso si genera spontaneamente; o, meglio, forse un giorno, se proseguiremo, arriveremo a essere il Tai Chi, fusi con l\’arte (marziale o no, che importa?).
E, come diceva Don Juan a Castaneda: \”Per me esiste solo il cammino lungo sentieri che hanno un cuore, lungo qualsiasi sentiero che abbia un cuore. Lungo questo io cammino, e la sola prova che vale è attraversarlo in tutta la sua lunghezza. E qui io cammino guardando, guardando, senza fiato\”.
E allora, perché praticare Tai Chi Chuan? Quanto scritto sopra è una delle possibili risposte. Se non è soddisfacente (e non deve esserlo!) l\’unico modo è provare il Tai Chi Chuan. D\’altronde:

\”A che vi serve una filosofia se non la potete scolpire, cantare e danzare?\” (Zolla).

Tratto da: fdo.web.planet.it


Immagini tratte da: www.wudangboxing.com


Alcuni links:

scheele.org

www.mtsu.edu

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