Tassa sulla carne per tagliare i costi sanitari, per la salute e per l’ambiente

Uno studio dell'Università di Oxford annuncia che tassare la carne rossa e processata potrebbe salvare 220.000 vite entro il 2020.

Sulla base di prove che collegano il consumo di carne – in particolare di varietà rosse e trasformate – con malattie cardiache, cancro, diabete e ictus, i ricercatori ritengono che aumentando il prezzo della carne si potrebbero prevenire moltissime morti su base annuale.

Lo studio dell’Università di Oxford dal titolo “Health-motivated taxes on red and processed meat: A modelling study on optimal tax levels and associated health impacts” è stato pubblicato sulla rivista scientifica Plos One e viene introdotto con questa premessa:

“Il consumo di carne rossa e lavorata è stato associato ad un aumento della mortalità per malattie croniche e, di conseguenza, è stato classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità come cancerogeno (carne processata) e probabilmente cancerogeno (carne rossa) per l’uomo. Una risposta politica è quella di regolare il consumo di carne rossa e trasformata in modo simile ad altri agenti cancerogeni e alimenti di problemi di salute pubblica. Sono stati calcolati i livelli di tassazione economicamente ottimali per 149 regioni mondiali che potrebbero coprire i costi sanitari associati alla cattiva salute della popolazione derivante dal consumo di carne rossa e trasformata. Gli impatti sulla salute sono stati stimati utilizzando un quadro di valutazione del rischio comparativo globale e le risposte economiche sono state stimate utilizzando dati internazionali sui costi sanitari, i prezzi e l’elasticità dei prezzi.”

Le malattie legate alla carne costano da un punto di vista sanitario, 285 miliardi di dollari. È stato rilevato che una tassa del 20% sulle carni rosse non trasformate e una tassa del 110% sui prodotti trasformati più dannosi in tutti i paesi ad alto reddito, taglierebbe i decessi annuali di 220.000 e raccoglierebbe $ 170 miliardi.

Il conseguente aumento dei prezzi diminuirebbe anche il consumo di carne di due porzioni alla settimana contro la porzione giornaliera attualmente consumata nelle nazioni ricche e del 16% a livello globale. Ciò porterebbe a un risparmio di $ 41 miliardi sui costi sanitari annuali. I rialzi dei prezzi sono significativi ma necessari, osservano i ricercatori, i quali ritengono che i governi di tutto il mondo dovrebbero seriamente prendere in considerazione l’introduzione di tasse sulla carne per la salute dei loro cittadini, nonché a beneficio dell’economia.

Il consumo di carne rossa e lavorata supera i livelli raccomandati nella maggior parte dei paesi ad alto e medio reddito”, ha detto il ricercatore capo Dr. Marco Springmann in una nota. “Questo ha un impatto significativo non solo sulla salute personale, ma anche sui sistemi sanitari, finanziati dai contribuenti e sull’economia, che sta perdendo la sua forza lavoro a causa della cattiva salute e dell’assistenza ai familiari che si ammalano “. Ha proseguito: “Spero che i governi considerino l’introduzione di una tassa sanitaria sulle carni rosse e trasformate come parte di una serie di misure per rendere i processi decisionali sani e sostenibili più facili per i consumatori”.

Ha aggiunto che mentre capisce che nessuno vuole che i governi dettino ciò che le persone possono e non possono mangiare, l’introduzione di un contributo sanitario “invierebbe un segnale potente ai consumatori” e allevierebbe una certa pressione dai sistemi sanitari.

Il World Cancer Fund sostiene fortemente l’idea delle tasse globali sulla carne: “Questa ricerca, esaminando i potenziali effetti di una tassa sulla carne, dimostra che potrebbe aiutare a ridurre il consumo di carne, analogamente a come funziona una tassa sulle bevande zuccherate, oltre a compensare i costi sistema sanitario e migliorare la sostenibilità ambientale. “

Un consumo ridotto di carne lavorata, secondo lo studio, avrebbe ovviamente ripercussioni positive sul cambiamento climatico in termini di emissioni globali di gas serra: si assisterebbe ad una diminuzione di oltre cento milioni di tonnellate, principalmente a causa di un minore consumo di carne bovina. A questo proposito, riteniamo opportuno citare un altro importante studio recente pubblicato dall’Università di Oxford secondo cui passare a una dieta a base vegetale, dimezzare gli sprechi alimentari e migliorare le pratiche agricole esistenti può nutrire una popolazione mondiale stimata a 10 miliardi di persone entro il 2050. Secondo questa ricerca, di cui abbiamo parlato in questo approfondimento, i cambiamenti climatici non possono essere sufficientemente mitigati senza cambiamenti a livello di alimentazione, verso diete plant- based. Adottare un regime alimentare vegetale o “flexitarian”potrebbe ridurre di oltre la metà le emissioni di gas serra e ridurre da un decimo ad un quarto anche altri impatti ambientali.

In Italia, non appena diffusa la notizia sulla meat tax, è immediatamente partito il teatrino dei detrattori che annunciano i loro “no” a dispetto di ciò che viene dimostrato nello studio; secondo Coldiretti infatti “è inaccettabile la proposta di una tassa per scoraggiare gli acquisti in un momento di difficoltà economica.” Con i soliti slogan che inneggiano alla “qualità dei prodotti del Belpaese”, si perde sempre di vista il nodo nevralgico della questione: la ricerca scientifica non deve piegarsi alle esigenze di mercato. Sì, perché se non bastano le raccomandazioni dell’OMS pubblicate nel 2015, moltissimi sono gli studi che collegano patologie al consumo di carne.

Ecco alcune evidenze:

Consumo di carne processata e cancro al seno: riconosciuto il legame 

Antibiotico resistenza e consumo di carne, pesce, latte e uova: uno studio conferma il legame 

Proteine animali e patologie croniche


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