Tesi psicosomatica o tesi farmacologica?

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LA TESI PSICOSOMATICA: L\’ascolto è l\’unica terapia Sempre più spesso, a una diagnosi di depressione fa seguito una prescrizione farmacologica. È un errore grave. Lo spiega Eugenio Borgna, psichiatra e direttore del Servizio Psichiatrico dell\’Ospedale di Novara. Professor Borgna, a sentire le statistiche la depressione è un fenomeno in crescita vertiginosa. Corrisponde al vero? Guardi, […]

LA TESI PSICOSOMATICA: L\’ascolto è l\’unica terapia

Sempre più spesso, a una diagnosi di depressione fa seguito una prescrizione farmacologica. È un errore grave. Lo spiega Eugenio Borgna, psichiatra e direttore del Servizio Psichiatrico dell\’Ospedale di Novara.
Professor Borgna, a sentire le statistiche la depressione è un fenomeno in crescita vertiginosa. Corrisponde al vero?
Guardi, tra i pazienti psichiatrici il 25-30% soffre di depressione. Mentre, secondo i dati che provengono dai gabinetti medici del servizio sanitario di base, i depressi costituiscono il 60% della clientela. Basta confrontare questi due dati per capire come, in realtà, i veri depressi, quelli cioé con un quadro ormai cronico, siano decisamente meno di quanto non ci si aspetti.
Questa sproposizione sembra suggerire che le cure farmacologiche sono sono prescritte a sproposito…
Spesso sì, tanto più che, anche nei casi gravi, lo psicofarmaco non è certo la soluzione.
Per quali motivi?

Innanzi tutto perché, come tutti i farmaci, anche gli antidepressivi possono avere pesanti effetti collaterali. I più subdoli sono quelli dei triciclici, classe di psicofarmaci assai diffusa. Possono indurre disturbi cardiaci e ipotensione… ma non solo a livello circolatorio.
Vale a dire?
Tutti gli antidepressivi, inclusi gli inibitori delle monoaminossidasi, causano un \”calo di tensione\” anche da un punto di vista emozionale. In altre parole, spengono qualsiasi slancio verso la vita. Una vera e propria contraddizione in termini rispetto al proposito di ogni terapia intelligente contro la depressione. È come se la molecola anestetizzasse tutto il mondo emotivo del paziente, abbattendolo ancora di più nella situazione dalla quale vuole uscire.
Inoltre, nei depressi in cui è concomitante uno stato d\’ansia, gli antidepressivi hanno l\’effetto di sollecitarla, mettendo così ulteriormente a rischio la stabilità di chi li assume.
Cosa dovrebbe fare una persona alla quale sia stata diagnosticata una depressione?
È fondamentale che il paziente sappia che qualsiasi forma depressiva, se curata nel modo giusto, guarisce. La depressione non dovrebbe neppure cronicizzarsi: se avviene, nella maggior parte dei casi la responsabilità è del medico, che ha la mano troppo facile nel fare il farmaco. Ed é, viceversa, restio ad ascoltare, l\’unica via veramente terapeutica nella relazione tra il depresso e il suo psichiatra.
Qual\’é l\’atteggiamento mentale per affrontare meglio il difficile percorso verso la guarigione?
Spesso il depresso si colpevolizza, sentendosi da meno degli altri o, peggio, un peso. Nulla di più sbagliato. La depressione è una sofferenza del tutto involontaria. E come tale va accettata: lasciando che scorra sui propri binari, senza inutili sensi di colpa e senza forzature verso la guarigione, arriverà più facilmente al capolinea.

LA TESI FARMACOLOGICA: La pillola è un \”salvavita\”

La psichiatria classica sceglie lo psicofarmaco come intervento primario e decisivo nei confronti di tutti i malati. Con quali modalità e prospettive? Ne parliamo con Gianlorenzo Masaraki, medico psichiatra.
Nella cura della depressione l\’approccio più diffuso è senz\’altro quello farmacologico. È una strada consigliabile?
A mio parere sì. Molte forme depressive, soprattutto quelle gravi, costringono il paziente a letto per mesi. Oggi nessuno si può permettere di restare improduttivo così a lungo, con il rischio di non riuscire a reinserirsi, poi, nel lavoro, nella vita di sempre. Il farmaco è in grado, in un arco di tempo ragionevole, di modificare l\’umore, evitando lunghi periodi di inattività. È comunque il trattamento di prima scelta, tanto che il CUF (Commissione unica per il farmaco) ha definito gli antidepressivi come farmaci \”salvavita\”, al pari dei cardiocinetici.
A che si deve questa definizione?
Al fatto che cancellano le pulsioni suicide, abbastanza frequenti nei malati di depressione. Un ruolo che si amplifica in tutta la sua portata nella cura degli anziani: consente di recuperarli per tempo. Prima che l\’inerzia e il rifiuto verso il cibo abbiano la meglio su un organismo già debole.
Che fine fanno l\’ascolto e la psicoterapia?
Naturalmente, i medici più attenti e preparati combinano la psicoterapia alla prescrizione farmacologica. Ma il farmaco deve venire prima, almeno nei casi gravi: difficilmente un paziente in queste condizioni è disponibile subito al dialogo necessario per una psicoterapia. E la psicoterapia inoltre deve essere sempre una libera scelta del paziente, non può essere prescritta.
Gli antidepressivi possono avere effetti collaterali. Come affrontarli e controbilanciarli?
Gli antidepressivi serotoninergici hanno effetti collaterali quasi nulli, irrilevanti. In realtà, si fa un gran parlare degli effetti collaterali del farmaco, ma sarebbe bene porre attenzione prima di tutto a quelli della depressione in se stessa. Come la possibilità di malnutrizione o l\’insufficienza renale da disidratazione e le difficoltà motorie cui incorrono i pazienti gravi.

LE CIFRE DEL MERCATO
* Il mercato degli antidepressivi è pari a 7 miliardi di dollari l\’anno
* È prevista una crescita del 50% nei prossimi 5 anni
* 27 milioni di confezioni vendute
* In USA viene prescritto un farmaco all\’80% dei pazienti depressi

Fonte: www.oasiblu.com

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