Non accenna a placarsi la bufera mediatica che in queste ore sta interessando la sfilata di haute couture Schiaparelli, accusata di romanticizzare la caccia e i suoi trofei, facendo passare l’idea che la morte di animali possa essere assoggettata ai capricci della moda. La nuova collezione della maison, “Inferno Couture” (ispirata all’Inferno Dantesco), ha visto infatti sfilare a Parigi diverse modelle di fama internazionale indossando abiti a dir poco discutibili, ornati con teste di animali selvatici dall’aspetto realistico, seppur finte.
Ecco allora personaggi del calibro di Naomi Campbell, Irina Shayk, Shalom Harlow portare in passerella abiti che ornati con teste di lupo, leone e leopardo – che nella Divina Commedia sono l’allegoria di lussuria, orgoglio e avidità – mentre Kylie Jenner, membro della famiglia Kardashian, sedeva in prima fila indossando una testa di leone oversize sulla spalla destra del suo abito.
“È tutto così sbagliato – ha dichiarato tra gli altri il designer tedesco Cyrill Gutsch, fondatore del gruppo di conservazione Parley for the Oceans – Anche se il designer non ha impiegato animali veri per questa collezione, perché mai dovremmo celebrare un riferimento visivo alla caccia e ai suoi trofei? Il danno a questi animali viene fatto diffondendo l’idea che l’uccisione di creature maestose vada bene e questo la rende un’enorme campagna pro-caccia per i professionisti. Inaccettabile.”
“Nessun animale è stato maltrattato”: ma è davvero così?
La risposta dei portavoce del brand a difesa di questa idea non si è fatta attendere: “Nessun animale è stato maltrattato per realizzare questi look“, hanno detto agli 1,8 milioni di follower in un post su Instagram, ma c’è un “ma”. In realtà, le teste sono state realizzate in schiuma e resina, sì, ma anche con lana e finta pelliccia a base di seta, la cui produzione è comunque frutto di sfruttamento e, spessissimo, maltrattamenti. Uno scivolone nello scivolone, dunque, che ha posto la maison – giustamente – ancora più nel mirino, colpevole di una leggerezza inammissibile nel 2023.
Non va dimenticato, infatti, che la conquista di trofei di caccia è tutt’ora un’attività praticata in molte zone del mondo, nonostante rappresenti una minaccia concreta – oltre che una crudeltà inaccettabile – per numerose specie selvatiche. Leoni, rinoceronti, elefanti sono solo alcune delle specie nel mirino dei bracconieri: secondo gli esperti, negli ultimi 50 anni è scomparso quasi il 60% della fauna selvatica a livello globale. Solo per citarne un paio, la popolazione di elefanti della savana africana è diminuita di oltre la metà, mentre il numero di leoni africani è sceso a soli 20.000 in natura negli ultimi 20 anni.
Per fermare questa attività, è stata lanciata una petizione rivolta direttamente alle Nazioni Unite, con lo scopo di di vietare la caccia ai trofei e la loro esportazione: puoi firmare qui.
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