The Economist è un settimanale con articoli di informazione da tutto il mondo che offre autorevoli approfondimenti e opinioni su notizie internazionali, politica, economia, finanza, scienza, tecnologia e analisi sulle correlazioni tra questi ambiti. In questi giorni, la testata sta pubblicando articoli sul tema “The world in 2019“. Il corrispondente John Parker ha identificato nel vegan, la vera rivoluzione del prossimo anno lasciando emergere che sarà l’anno in cui il veganismo si affermerà definitivamente.
Proponiamo la traduzione integrale dell’articolo. A seguire, alcune riflessioni a riguardo.
“L’anno del vegan. Mondo del business e governi seguono la via scelta dai Millenial.
Negli ultimi cinquant’anni, il veganismo è stato una minoranza all’interno di una minoranza. Secondo una ricerca, in America nel 2015, il 3,4% della popolazione si dichiarava vegetariano e solo lo 0,4% del campione intervistato definiva se stesso come “vegano”. Ma il 2019 sarà l’anno in cui il veganismo diventerà mainstream.
L’interesse per questa filosofia di vita in cui le persone non solo rifiutano la carne e i tessuti in pelle ma anche tutti gli altri derivati animali tra cui uova, lana e seta, è in forte aumento specialmente tra i Millenial. Un quarto degli americani tra i 25 e i 34 anni afferma di essere vegano o vegetariano.
Il business del cibo vegan è in piena espansione. McDonald’s ha iniziato a proporre il Mc Vegan Burger. A giugno 2018, le vendite degli alimenti plant-based in America hanno registrato un aumento 10 volte più veloce rispetto alle vendite complessive di tutto il settore alimentare. I colossi del food seguono il trend sia creando delle linee di referenze vegan sia acquisendo sturtup. La Tyson Food, multinazionale della carne, ha una quota del 5% nella Beyond Meat che vende polpette meat free alla catena di ristoranti TGI Friday’s. Anche Big Meat sta aprendo le porte al vegan a quanto sembra.
Presso il distretto scolastico di Los Angeles, il secondo più grande d’America, nell’anno accademico 2018-19, verranno serviti pasti vegan in tutte le scuole. Quest’anno durante il meeting annuale, l’American Medical Association ha invitato le strutture ospedaliere ad offrire più pasti plant-based. La maggior parte dei governi però sembra essere riluttante ad incoraggiare il veganismo. La situazione potrebbe cambiare nel 2019 quando la Commissione Europea inizierà il processo di definizione formale di ciò che in effetti si può considerare vegano (e vegetariano), fornendo una valenza giuridica ai due concetti [ndr: ne abbiamo parlato approfonditamente in questo articolo “Cibo vegetariano, vegano e non: una inizitiva popolare chiede all’Europa l’indicazione obbligatoria in etichetta“].
Le aziende vegan producono sostituti che assomigliano alla carne in aspetto e sapore. Le polpette vegetali proposte da Beyond Meat sfruttano il succo di barbabietola per offrire la sensazione visiva di “sanguinamento”. Quando la “bistecca vegan” della Vivera (azienda olandese) è arrivata sugli scaffali dei supermercati a Giugno, ne sono stati venduti 40.000 pezzi in una settimana. Se la produzione di alternative vegetali alla carne decollasse, potrebbe affermarsi come tecnologia trasformativa in grado di migliorare le diete occidentali sature di proteine, riducendo l’impronta ambientale degli allevamenti e forse riducendo il costo del cibo nei paesi più poveri.”
Articolo originale: The world in 2019: the year of the vegan
Come Osservatorio, concordiamo con l’analisi proposta dall’Economist specialmente per ciò che riguarda la portata del fenomeno: una rivoluzione globale destinata a diventare mainstream; ad entrare cioè a pieno titolo, nelle abitudini consolidate dei consumatori. Come abbiamo più volte approfondito in diversi articoli, in Italia si riscontra la stessa tendenza. Secondo il rapporto 2018 dell’Osservatorio VEGANOK, l’alimentazione 100% vegetale sta diventando il “new normal” anche per i consumatori che non hanno abbracciato la scelta di vita vegana ma che stanno introducendo referenze e alimenti plant-based nella loro routine alimentare.
In crescita, l’interesse e gli investimenti nel settore delle proteine vegetali, vera chiave di volta del cambiamento. La tecnologia alimentare assume un ruolo sempre più importante nella produzione di prodotti sostituti che, sempre più fedelmente, imitano le proteine animali senza l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi.
I numeri del mercato dei prodotti plant-based (fonte, Rapporto Osservatorio VEGANOK 2018 a cura della Dott.ssa Paola Cane esperta di compliance attività produttive e commerciali e responsabile delle ricerche di mercato dell’Osservatorio):
- 7,4 miliardi di euro: mercato globale prodotti plant-based
- 11,90 miliardi di euro: stima mercato globale plant-based al 2022
- 5,2 miliardi di euro: stima mercato globale plant-based sostitutivi della carne al 2020.
I Millenial stanno guidando il cambiamento in termini ideologici oltre che di consumo. Sono coscienti dell’impatto ambientale ed etico della carne e le loro inclinazioni in ambito alimentare tengono in considerazione questi elementi come presupposti fondanti per le loro scelte. É l’ascesa di un consumismo etico e consapevole confermata e dimostrata da diversi studi di settore.
In questo contesto, il passo successivo e necessario, è definire in maniera molto precisa ciò che si intende per “vegan” e cosa significa “vegetale“: il lavoro che va fatto sul linguaggio non è formale ma sostanziale per definire in termini concettuali e giuridici ciò che si indica con questi due termini. Nell’articolo dell’Economist infatti questo aspetto è totalmente trascurato: si usa il termine “vegan” senza distinguo rispetto a “vegetale” o “plant-based”.
Ma perché è così importante agire sui termini? Che responsabilità può avere il linguaggio su ciò che mangiamo?
É fondamentale per permetterci innanzitutto di circoscrivere in maniera corretta i valori del cambiamento in atto. Sì, perché se la metrica di questa “rivoluzione vegetale” è dettata da un risveglio etico, allora comprendere qual è la relazione tra “etica” e “vegan”, significa saper leggere i mutamenti della nostra società.
Molti dei prodotti immessi sul mercato dai grandi colossi industriali sono vegetali, non vegan: garantiscono cioè al consumatore l’assenza di ingredienti di origine animale ma non chiariscono la presenza di requisiti minimi etici:
- Un prodotto può essere considerato vegan se l’azienda produttrice commissiona direttamente o indirettamente esperimenti e test sugli animali?
- Un prodotto è vegan se il packaging contiene colle o inchiostri di origine animale?
- Un prodotto è vegan se si usano, come ne caso di vino e birra, chiarificanti di derivazione animale?
Un esempio chiarificatore: l’americana Impossible Foods ha recentemente immesso sul mercato l’Impossible Burger, il burger vegetale che sanguina grazie ad un ingrediente speciale: la leghemoglobina di soia. Per stessa ammissione dell’azienda il burger è definibile “vegetale” ma non “vegan” perché in una prima fase, ha testato l’ingrediente sui ratti.
Dunque la svolta chiave avverrà nel momento in cui si getteranno delle basi giuridiche a tutela del concetto di vegan. É questo il passaggio chiave. La risposta a questo cambiamento ora deve diventare oggetto del dibattito sul piano legislativo.
Il Network VEGANOK è impegnato proprio su questo fronte. Sauro Martella, fondatore di VEGANOK, è il presidente in carica di un tavolo di lavoro sulla definizione di linee guida presso l’Organizzazione non governativa SAFE a Bruxelles: un progetto tanto ambizioso quanto necessario, nato con lo scopo di definire uno standard “VEGAN” riconosciuto a livello europeo. Daremo notizia degli sviluppi del lavoro presentato in Commissione Europea nei prossimi giorni.
Per concludere:
Il veganismo diventerà mainstream nel 2019? Assolutamente sì se consumo e legislazione saranno in grado di guardare nella stessa direzione verso la definizione di standard condivisi.
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