UE: stop all’allevamento in gabbia entro il 2027. Una vittoria, ma non un traguardo

La decisione, approvata a larga maggioranza, potrebbe portare alla completa abolizione delle gabbie negli allevamenti di tutti i Paesi dell'UE. Il punto è che migliorare le condizioni di sfruttamento degli animali non è un traguardo, ma solo il primo passo.

L’allevamento in gabbia potrebbe essere vietato entro il 2027: il Parlamento Europeo ha adottato la scorsa settimana – con 558 voti favorevoli, 37 contrari e 85 astenuti – la risoluzione che potrebbe rappresentare una svolta storica per l’Europa, mettendo fine alle gabbie di contenimento negli allevamenti. “Potrebbe” perché non si tratta di una decisione definitiva, visto che dovranno esprimersi sulla questione altre istituzioni comunitarie, ma sicuramente un punto di partenza importante. L’invito per la Commissione Europea a legiferare rispetto a questo tema, trae certamente ispirazione dall’iniziativa End the Cage Age”; quest’ultima, lo scorso ottobre, ha permesso di presentare alla Commissione Europea circa 1,4 milioni di firme di altrettanti cittadini, per dire basta alle gabbie negli allevamenti.

I deputati europei chiedono anche alla Commissione di intervenire per vietare l’alimentazione forzata e crudele di anatre e oche per la produzione di foie gras, nonché di anticipare la revisione della legislazione UE sul benessere degli animali, prevista per il 2023. In linea con queste richieste, c’è anche quella di controllare che i prodotti immessi sul mercato dell’UE siano conformi ai futuri standard senza gabbie.

 

Per quanto riguarda la questione dell’allevamento in gabbia, per il momento si parla di una transizione graduale, che sarà basata su un approccio per specie che tenga conto delle caratteristiche di ogni animale, adattando i sistemi di stabulazione alle loro caratteristiche etologiche. Il cambiamento prevedrà un sostegno economico per gli allevatori, in modo che possano adeguare la propria attività alle nuove leggi dell’Unione. In generale, la prospettiva è quella di un’Europa più “green”, con l’adozione di pratiche agricole più sostenibili sostenute da incentivi e programmi finanziari. Per saperne di più: UE: 252 milioni di euro per promuovere carne e latticini, accanto a politiche “green” per ridurne il consumo

La fine dell’allevamento in gabbia non basta

Di recente abbiamo visto come l’Emilia-Romagna sarà la prima Regione in Italia a eliminare le gabbie di contenimento negli allevamenti intensivi. La transizione interesserà moltissime strutture, dal momento che è qui che si concentra buona parte degli allevamenti italiani. Tra le innovazioni proposte c’è l’impegno “a mettere in campo politiche e strumenti  a supporto della transizione ad allevamenti senza gabbie e rispettosi del benessere animale da elaborare attraverso il coinvolgimento degli allevatori dell’Emilia-Romagna”.  In più, la Giunta si impegna a proseguire con le iniziative già messe in atto per il benessere animale, nonché a trasmettere questa risoluzione al Governo italiano.

Premesso che accogliamo la notizia con entusiasmo, e che apprezziamo la sempre maggiore attenzione a questo argomento, vogliamo sottolineare che la fine dell’allevamento in gabbia non è un traguardo. Da sempre, come persone e come Network, crediamo che il welfarismo – la ricerca di condizioni migliori per gli animali continuando a sfruttarli, privandoli della libertà e poi della vita – non sia la strada giusta. Pensiamo che le condizioni di vita di milioni di esseri viventi non siano negoziabili. Non si può parlare di “benessere” in riferimento a una brevissima vita – spesso di stenti – all’interno di un allevamento, che ha come ultima tappa il macello.

Gli allevamenti intensivi non sono sempre esistiti, rappresentano solo la massima espressione dello specismo mai raggiunta nella storia dell’uomo. Da qualche tempo è aumentata l’attenzione dei consumatori verso le condizioni di vita degli animali negli allevamenti, e la risposta dei produttori è arrivata tramite etichette che certificano il (presunto) benessere negli allevamenti. Si agisce solo per modificare la percezione che il consumatore ha dello sfruttamento animale, non per eliminarlo: mangiare la carne di “animali felici” tranquillizza le coscienze e consente di portare avanti un business estremamente redditizio.

Per arrivare a un sistema alimentare etico e sostenibile, la fine dell’allevamento in gabbia deve essere solo un passaggio intermedio verso la liberazione animale.


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