Il Regno Unito punta i riflettori sul benessere animale: dopo un discorso della Regina Elisabetta su questi temi, il Governo britannico ha stilato un nuovo piano d’azione, l’Animal Sentience Bill, per modificare le leggi attuali. Lo scopo è di modificare il trattamento riservato agli animali nel Paese, ma anche introdurre misure per proteggere il benessere degli animali, in UK e all’estero.
Il progetto è stato reso noto in questi giorni dal Segretario di Stato per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali George Eustice, e tra le novità prevede il riconoscimento degli animali come senzienti per legge e l’introduzione di misure pensate per migliorare le condizioni di vita degli animali.
Per quanto riguarda gli animali da reddito, il Regno Unito prevede di legiferare per porre fine all’esportazione di animali vivi per l’ingrasso e la macellazione; in più, verranno emanate norme per bandire la produzione di foie gras, migliorare le condizioni di trasporto, rivedere l’impiego di gabbie di contenimento per il pollame e gabbie di gestazione per le scrofe negli allevamenti, ma anche per migliorare il benessere degli animali durante la macellazione. L’uscita dall’Unione Europea è, secondo i politici inglesi, l’occasione per fare un passo avanti rispetto agli altri Paesi nella tutela degli animali, perché il Regno Unito si riconosce come “una nazione di amanti degli animali”. Questo è solo l’inizio di una serie di riforme che, nei prossimi anni, vedranno il benessere degli animali – non solo da reddito, ma anche selvatici e domestici – come una priorità nell’agenda politica britannica.
Un vero traguardo?
Una notizia che è stata accolta con entusiasmo dai media internazionali, quasi come una vera e propria rivoluzione. Anche se riconosciamo la scelta del Regno Unito come un passo avanti verso una maggiore tutela degli animali non umani, crediamo che non sia ancora il momento di festeggiare. Di fatto, le nuove norme nel Regno Unito non cambieranno lo status quo, e gli animali continueranno a essere considerati come “macchine da produzione” al servizio dell’uomo, seppure con qualche miglioramento nelle condizioni di vita.
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Ancora una volta, si agisce per modificare la percezione che il consumatore ha dello sfruttamento animale: mangiare la carne di “animali felici” tranquillizza le coscienze e consente di portare avanti un business estremamente redditizio. Andare incontro agli animali e al loro “benessere” significa ancora una volta alleviarne le sofferenze all’interno degli allevamenti, garantire loro uno spazio adeguato e una morte “umana” al momento della macellazione. Eppure parlare di “benessere” negli allevamenti e, ancora peggio, durante la macellazione, dal nostro punto di vista è semplicemente senza senso. Come si può parlare di benessere se il fine ultimo di un qualsiasi trattamento, sia pure esso legale e più rispettoso dell’etologia di un animale, è togliergli la vita perché diventi cibo sulle nostre tavole?
Non esiste benessere laddove continuano a esistere sfruttamento, sofferenza e morte. Ben vengano leggi pensate per alleviare le sofferenze degli animali, specialmente quelli da “reddito” che vivono ammassati gli uni sugli altri, in condizioni igieniche spesso precarie, rinchiusi in capannoni bui, per poi finire al macello. Non dobbiamo e non possiamo, però, considerarle un traguardo. Si tratta di un primo, piccolissimo, passo verso un sistema alimentare finalmente più equo ed etico. Il prossimo deve essere quello di cambiare radicalmente prospettiva, smettendo di considerare giusto, naturale e necessario un sistema alimentare basato sullo sfruttamento, la privazione della libertà e della vita. Solo quando la scelta vegan sarà associata al benessere degli animali, potremo parlare finalmente di “vittoria”.
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