Percorri la strada che conduce alla tua Vera Dimora
“Un uomo sta tranquillamente navigando un fiume con la sua barchetta, quando all’improvviso viene colpito da un’altra barca. L’uomo, così disturbato, sente la rabbia salirgli al viso e si prepara all’attacco quando si accorge che l’altra barca…è vuota. Allora la sua collera svanisce. Non è possibile arrabbiarsi con una barca vuota”.
Ebbene, ognuno di noi è una barca vuota. Poiché siamo in balia di impulsi, paure, opinioni che ci manovrano e che determinano in modo automatico il nostro comportamento. I traumi emotivi della nostra infanzia determinano il nostro modo di difenderci dagli attacchi del mondo. In modo quasi sempre inconsapevole. Crediamo di essere in un certo modo, quando invece di noi conosciamo soltanto il frutto di tanti eventi che ci hanno segnato nella vita. Ma non sappiamo chi siamo realmente. Chi si nasconde dietro la spessa cortina di paure, credenze, giudizi che abbiamo messo su per sopravvivere.
Ad esempio, gran parte dei nostri pensieri e delle nostre azioni sono niente più che una ‘prassi’ comune. Non sappiamo neanche noi il perché di certi nostri comportamenti, certi nostri pensieri che crediamo facciano parte della nostra vera natura, ma che invece sono soltanto reazioni automatiche di sopravvivenza.
Quando i maestri illuminati parlano di ‘consapevolezza’ intendono una visione del mondo e di noi stessi che va oltre tutto quello che non è essenziale. “E chi l’ha detto che è così?”. Ecco la domanda da porci e porre sempre.
Quante idee abbiamo riguardo l’educazione, ad esempio, che non sappiamo neanche noi da dove provengano. Quando diciamo ai nostri figli “bisogna mangiare a tavola tutti insieme. E non ci si alza finché non hanno finito tutti!”. Esiste qualcosa di più stupido di una cosa del genere? Qualcuno sa spiegarmi i motivi profondi di tale convinzione? Ben pochi saranno quelli in grado di fornirmi una spiegazione. Perché non c’è, se non forse ricercandola in motivi storici. Ma una ragione vera non c’è. E’ incredibile la quantità di sporcizia, mentale e fisica, che riversiamo sui nostri figli. Lo facciamo ogni volta che, pur animati dalle migliori intenzioni, mettiamo in atto e trasmettiamo così a loro le nostre paure, i nostri limiti, facendoli passare per corretta educazione. Stiamo solo inquadrando la loro natura libera negli schemi che anche a noi ci hanno imposto.
E’ veramente triste vedere come negli anni si riesca a trasformare creature meravigliose e pure in automi socialmente adattati.
Facciamo tutto questo inconsapevolmente, credendo di fare del bene, imponendo atteggiamenti e regole di cui neanche noi sappiamo l’utilità, l’origine, lo scopo. “Non ci si alza da tavola…” Ma perché? Nessuno lo sa. Si parla di rispetto per gli altri commensali. Ma cosa c’entra il rispetto degli altri con l’alzarsi da tavola? Forse non fa bene alla digestione mangiare ed alzarsi di continuo? Ma se i bimbi digeriscono anche i sassi! Forse abbiamo paura che questa abitudine si protragga nel tempo. Ma il piacere della socialità, che ti fa stare a tavola anche dopo aver finito di mangiare, si sviluppa solo più tardi. Questa regola, come tante altre che imponiamo ai figli, non ha alcun senso, se non la nostra comodità di non doversi preoccupare, mentre mangiamo, di sapere dove sono. Riempiamo di “no, questo non si fa, questo non si dice” la loro testa immacolata. Pensiamo a quante limitazioni imponiamo a causa di nostre paure ingiustificate: “Fa freddo. Copriti altrimenti ti buschi un malanno!”. Il bimbo si ammalerà davvero, inizialmente per compiacere i genitori, poi perché questo “consiglio” sarà diventato un programma inconscio. Ogni volta che si presenteranno quelle condizioni, il nostro corpo sarà programmato per ammalarsi.
Così come non esiste una spiegazione vera per il fatto che tante nostre convinzioni debbano essere proprio così.
Perché mi sono dilungato un po’ con questa storia delle regole? Perché se ci ‘divertiamo’ ad ascoltare quante stupidaggini cerchiamo di propinare ai nostri figli, potremo capire che siamo in balia di una falsa immagine di noi stessi, perché facciamo e diciamo cose che in fondo non ci appartengono, non sono realmente valide per noi. Perché dovremmo abituarci a giustificare, a spiegare i nostri divieti. Facendolo, ci accorgeremo che molti sono solo retaggi di un’educazione senza senso, di una tradizione che ci ostiniamo a perpetuare senza sapere neanche il perché. Quando siamo consapevoli e cominciamo a chiederci il motivo reale delle cose, molte regole vengono abbandonate. Questo non c’entra niente con l’essere anticonformisti. L’anticonformista è qualcuno prigioniero delle regole come chiunque altro. E’ qualcuno che va contro qualcosa, e quindi dipende da essa. Essere anticonformisti significa essere imprigionati in un’idea.
Chi è consapevole non va contro nessuno,
va semplicemente con se stesso.
La mente è brava a costruire false immagini di sé. Un ego basato su errate concezioni della realtà. In realtà ogni nostra idea è una prigione. E ognuno di noi è libero di scegliere in quale prigione vivere. E spesso viviamo in molte prigioni contemporaneamente. E’ libertà questa?
Spesso la stessa nostra idea di libertà (perché la mente costruisce gabbie dorate molto ingannevoli) è la prigione più difficile da cui evadere. Ma come siamo noi stessi ad entrarci, così possiamo uscirne, poiché abbiamo da sempre la chiave. Solo che preferiamo la certezza di una comoda cella, anche se buia e maleodorante, alla libertà della consapevolezza. Ma quale certezza esiste fuori di noi? La via del cuore non ha certezze se non se stessa.
Quando ci accorgiamo di quanto siamo imprigionati in falsi schemi, conviene armarsi di una buona dose di autoironia ed autocritica ed affrontare il mondo dei nostri limiti, delle nostre paure, delle nostre false convinzioni. Tutto ciò che ci limita, abbiamo visto, è riconducibile alla paura di essere noi stessi. La stessa paura di morire è riconducibile alla paura di non aver vissuto, quindi di non essere stati ciò che dovevamo essere.
Noi siamo barche vuote, che credono di vivere ma che vengono vissute. L’immagine della barca vuota può aiutarci non poco nelle difficoltà dei rapporti fra persone. Se affrontiamo l’altro pensandolo come una barca vuota, senza un conducente, sarà molto difficile prendersela per eventuali insulti, giudizi, poiché non ci sarà nessuno che fa realmente queste cose. Saranno tutte reazioni automatiche dovute a traumi passati, a paure irrisolte. Saranno solo reazioni inconsapevoli. In realtà non c’è nessuno che ci offende. Chi ci tratta male lo fa perché non è consapevole. E’ assente a se stesso. Ciò che dice e che fa non gli appartiene veramente.
Proprio come facciamo noi! Usiamo parole o azioni che provengono dalla mancanza di consapevolezza. E’ solo una reazione, una strategia difensiva che gli permette di sopravvivere. Una risposta automatica ad un’azione esterna. Quindi non può farci reagire a sua volta. Poiché non ha reale valore. E’ vuota. E noi possiamo facilmente passarci sopra. Nel caso questo provocasse una nostra reazione interiore, dovremmo chiederci quale trauma, quale nostra paura ci sta dietro. Niente può determinare una nostra reazione a meno che non sia qualcosa che riporta alla luce una esperienza traumatica del nostro passato.
Quindi tutto può essere motivo di riflessione. Senza giudizio. Ma solo la consapevolezza che una certa emozione esiste, e capire perché è per noi così importante, così automatica. L’unico modo di uscire dall’automatismo e di arrivare a noi stessi è l’essere consapevoli. La consapevolezza che nessuno può ferirti, e che, in realtà, non c’è nessuno che può essere ferito, ci conduce a due modalità di affrontare situazioni e persone che ci causano dolore e la vita in generale.
La prima è il perdono. Perdono, in senso egoistico, significa lasciare andare la paura di essere feriti. Significa integrare il proprio dolore nella compassione dell’altro. Il perdono è un processo di profonda crescita, poiché ci permette di liberarci dalle catene del passato, cioè di eliminare il dolore dalle esperienze che ci hanno fatto male, per farne vivere solo la parte positiva, quella che rappresenta la parte buona di ogni situazione e che ci permette di capire qualcosa di noi e di crescere.
“L’odio non cessa con l’odio, in nessun tempo; l’odio cessa con l’amore: questa è la legge eterna.” (Buddha)
La seconda modalità è la comprensione profonda che tutto ciò che ci capita è responsabilità nostra. Noi abbiamo il potere di interpretare la realtà, e quindi di decidere quale impatto avrà su di noi qualsiasi evento. Noi abbiamo la responsabilità di soffrire come di gioire. Abbiamo la responsabilità del nostro atteggiamento verso la vita. Tutto ciò che ci accade lo abbiamo in qualche modo voluto. E’ difficile accettare questo, ma quando ne diventiamo consapevoli, riacquistiamo il potere sulla nostra vita. Troviamo la libertà di essere noi stessi. E la capacità di amare.
Essere responsabili significa anche accettare il rischio di essere noi stessi fino in fondo. Vive solo colui che rischia, che affronta l’ignoto. Che lascia la riva, getta gli ormeggi e si getta nell’oceano. Abbandona le false certezze per inseguire la vita. Poiché niente è più certo del fatto che tutto è in perenne mutamento, ed è vivo solo ciò che cambia. Chi cerca certezze di solito ha solo paura di vivere e si crea una solida prigione per fuggire da se stesso.
Le navi stanno sicure nel porto.
Ma non sono state costruite per questo
Spesso abbiamo parlato dell’importanza di considerare questo momento come l’unica cosa reale. Quando parliamo di eterno presente, parliamo di consapevolezza. La consapevolezza è il segreto dell’eterno presente. Quando si parla del fatto che esiste solo l’adesso, questo istante, non ci riferiamo al momento cronometrico, alla successione di secondi scandita dalle lancette dell’orologio, ma all’adesso soggettivo, cioè al tempo in cui siamo consapevoli. E’ sempre adesso se siamo consapevoli.
L’ADESSO è tutto il tempo in cui
siamo realmente PRESENTI a noi stessi.
L’adesso è il punto in cui l’eternità si fa tangibile, entra nel mondo ordinario.
Tutto il resto è il tempo illusorio.
C’è abbastanza spazio in te per contenere questo eterno presente? Per contenere l’infinito?
Sei abbastanza vuoto da poter accogliere le tue paure, i tuoi difetti, le paure e i difetti altrui, e magari trarne un insegnamento, farci una risata e continuare la danza?
L’eternità è il tempo in cui danzi,
in cui giochi senza scopo alcuno.
Puoi creare abbastanza profondità in te per essere totalmente te stesso in ogni tuo gesto, sentirti pieno di gioia per il fatto che tutto l’universo ti sostiene?
Puoi sentire questo quando svolgi le cosiddette attività ordinarie?
Niente è ordinario per chi è consapevole, per chi è presente a se stesso.
Tutto è normalmente straordinario.
David Ciolli – tratto dall’ e-book “Diventa chi sei. Guida pratimagica alla ricerca di sè”
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Solo con la partecipazione di tutti potremo fare la differenza per la salvaguardia del pianeta.
Barbara Primo
dice:Tanti spunti di riflessione tutti in una volta: ho letto il tuo articolo tutto d’un fiato. Riparto dalla prima riga per gustarmelo meglio… E quanto ci possono far cambiare riflessioni come queste!
Vesna
dice:Wow…ma c’è qualcuno che mi ha letto dentro? 🙂 Questa è stata la mia esclamazione quando ho letto questo articolo. Questa giornata non poteva iniziare in miglior modo! Mi piace sapere che non sono l’unica a vedere la vita in questo modo. Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, quando da quattordicenne smarrita e confusa nell’oceano della vita cercavo un senso più profondo a ciò che mi propinava la socità quotidiana e trovavo conforto nei libri di Anthony De Mello. Davvero un articolo spettacolare. Purtroppo non trovo l’aggettivo adatto per descrivere la mia gioia interiore dopo questa lettura. Mi piacerebbe davvero incontrare persone che la pensano così…
david
dice:Grazie. Se venite alla sagra del Seitan ci vediamo…
Ciaooooooo
Giuliana Brini
dice:Bellissimo…scava nelle nostre paure e nei nostri limiti…fa molto riflettere….è una scuola di vita da non dimenticare!!