“Una vegana per il mondo…”

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di Donatella Malfitano “Non è sempre facile essere vegani quando si viaggia in certe parti del mondo. Haiti, dove mi sono recata per la mia ultima missione (di appoggio al Governo nell’organizzazione delle ultime elezioni presidenziali e legislative), è uno di questi. L’alimentazione è sostanzialmente a base di carne e pesce e, a meno che […]

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di Donatella Malfitano
“Non è sempre facile essere vegani quando si viaggia in certe parti del mondo.
Haiti, dove mi sono recata per la mia ultima missione (di appoggio al Governo nell’organizzazione delle ultime elezioni presidenziali e legislative), è uno di questi.
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L’alimentazione è sostanzialmente a base di carne e pesce e, a meno che non ci si trovi in un ristorante (possibilmente straniero) o in un grande hotel pluri-stellato, trovare una minima alternativa non è facile. Nei supermercati invece c’è l’imbarazzo della scelta, ma a prezzi elevatissimi visto che tutto, o quasi, è importato.
Speravo che lontano dalla capitale, passando qualche giorno di lavoro in posti un po’ più remoti, sarei riuscita a cavarmela, magari trovando qualche semplice piatto locale a base di una crema di fagioli buonissima che, assieme al riso, era diventata il mio pranzo quotidiano a Porta au Prince, dove avevo trovato un buon ristorante locale non lontano dall’ufficio. Buonissima e a buon prezzo!
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In Africa, nei viaggi fuori dalla capitale, anche nei posto più poveri sono quasi sempre riuscita a cavarmela con un po’ di riso e magari patate e banane fritte. Ma i miei colleghi haitiani mi avevano avvisato: portati qualcosa da mangiare che non troverai nulla! E avevano ragione!
Nella mia prima missione a sud, all’ora di pranzo avevo passato ore tra bar e hotel sperando di trovare qualcosa da mettere nello stomaco, ma tutto quello che proponevano era carne, carne, carne e qualche volta pesce e il riso solo come accompagnamento dei primi due.
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Eppure, nel corso degli anni, l’essere vegana in questi paesi mi è risultato sempre meno difficile. Un po’ perché, come dicevo, a parte certi posti e usanze culinarie locali e i periodi iniziali (in cui non sapevo dove mangiare e spesso tornavo a casa con tanta fame), se avevo un’abitazione mia, riuscivo sempre a trovare qualcosa di buono e fresco al mercato locale e a mangiare bene, un po’ perché anche dire di essere vegana è diventato più comprensibile.
Al mio arrivo in Mali, nel 2013, dovendo passare le prime due settimane in un hotel prima di trovare una sistemazione definitiva, al ristorante chiedevo se avevano qualche alternativa a base di vegetali e i camerieri non solo si prodigavano ma anche mi chiedevano il perché della mia scelta. Una volta spiegata, più di una volta mi sono sentita rispondere che in fondo era una scelta sensata e che anche loro avrebbero dovuto iniziare a pensare in qualche modo agli animali. Certo, tra il dire e il mettere in opera ne passa parecchio. Ma per me, già l’aver saputo ascoltare, senza preconcetti o pregiudizi, è sempre stato un segno positivo, di un’apertura che spesso non conosco quando rientro in Italia.
Rispetto alle prime missioni nella Bosnia Erzegovina del dopoguerra, in cui essere vegetariana (al tempo) significava non solo essere una mosca bianca ma anche tornare a casa con qualche chilo in meno, o in paesi come il Pakistan, dove dopo qualche mese non sopportavo quasi più la vista delle pur deliziose daal (le lenticchie stufate speziate) – mio piatto giornaliero – , ora quello che è cambiato è che anche nel mio ambiente di lavoro incontro sempre più colleghi vegani.
E a mangiare ci si arrangia meglio ma anche si condivide e se ne parla di più.
E a parlarne, incontro sempre più gente, di varia nazionalità, che è interessata, e che ne vuole sapere.
In Ciad, nel 2010, condividevo le miei giornate lavorative e i miei pasti giornalieri con un mio collega (e ora caro amico) algerino. I posti, nella capitale N’djamena, erano limitatissimi e quindi ci trovavamo quasi sempre nello stesso ristorante. Un giorno mi chiese il perché delle mie solite scelte sul menù ed io molto semplicemente glielo spiegai. Il giorno successivo mi disse che la cosa che lo aveva colpito maggiormente fosse la parola “cadavere” che avevo usato per indicare cosa avesse lui nel piatto. Non avevo alcuna intenzione di essere scioccante o insistentemente convincente. Non volevo convincere nessuno, volevo solo spiegare, rispondendo alla sua domanda. Da quel giorno il mio amico ha smesso di mangiare animali. Mi aveva detto di sentirsi sempre stanco, il che non aiutava in un posto piuttosto difficile da vivere, con temperature costantemente sopra i 40 – 45 gradi e con pochi posti freschi in cui rifugiarsi. Dopo aver preso quella decisione, però, mi confessò di sentirsi diverso, di stare meglio, con più forze e con il morale più alto, tanto che avevo deciso di passare a prenderlo, nel pomeriggio dopo il lavoro, e portarlo con me a fare un po’ di sport. Lui intanto si sentiva sempre meglio e sempre più forte. Da quel giorno il mio amico è diventato vegetariano e non smette ancora di ringraziarmi (per quanto sia piuttosto io a dover ringraziare lui, ad aver ascoltato e aver preso una decisione che va anche controcorrente nella sua cultura). Mi chiedo ancora se sia il primo arabo musulmano vegetariano! Non solo, ma quando si avvicina la fine del Ramadan, da anni lo vedo ormai in prima linea, a informare amici e conoscenti sulla crudeltà e l’inutilità dello sterminio di tanti montoni, per una festa religiosa.
I commenti positivi a quanto scrive sono ancor più confortanti, segno forse che qualcosa, almeno nei giovani, può cambiare o che almeno l’argomento fa riflettere. D’altra parte anche Mahmat, il mio fedele autista e uomo di fiducia in Ciad, dopo un anno passato assieme a me, a salvare e vaccinare gatti e a prendermi cura di un cagnetta randagia (per cui però avevo intenzionalmente voluto che diventasse compito quotidiano di Mahmat andare a comprare da mangiare al mercato per poi portarglielo…) all’arrivo del Ramadan mi aveva confessato di non avere più avuto il coraggio di uccidere la capra.
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In Mali, quando sono stata chiamata a tenere delle conferenze all’Assemblea Nazionale su “Ambiente, animali e le emergenze del nostro pianeta”, l’argomento – per quanto non sempre trattabile nei “nostri” termini, ha suscitato un grande interesse e stimolato un dibattito che non mi aspettavo. Così come nelle scuole, dove avevo iniziato un progetto di educazione sugli stessi argomenti. I giorni successivi agli eventi, in entrambi i casi, associazioni, scuole e genitori degli alunni erano venuti a chiedere di poter ricevere ancora questo tipo di formazioni e informazioni.
E’ una mia riflessione. Ma nel corso degli anni, di questo mio lavoro in giro per il mondo, le cose, lentamente sono cambiate. L’attenzione all’ambiente, ai suoi abitanti (anche animali) è inevitabilmente di attualità, per quando in certi posti del mondo a volte si debba trattare certi argomenti secondo un’altra prospettiva, per quanta apertura e interesse abbia comunque riscontrato.
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Nel mio essere vegana durante le mie missioni mi sento meno sola (!) e incontro un po’ più colleghi che hanno fatto questa scelta, o che comunque sono interessati a conoscerne le ragioni alla base. E io, per quanto posso, continuerò, nel mio piccolo a informare e sensibilizzare (oltre che, inevitabilmente, a iniziare qualche progetto…)”.

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3 commenti su ““Una vegana per il mondo…””

  • Chiara

    dice:

    Ciao Donatella, leggere il tuo articolo mi ha dato molta speranza visto che sono una ventenne vegana che sta studiando scienze politiche e sogna in futuro di lavorare con un ONG o comunque fare missioni di questo tipo come stai facendo tu. Mi conforti parecchio e soprattutto mi rendi ancora più curiosa a ció che riguarda il tuo lavoro. Che tipo di missioni fai di preciso in questi posti? Mi farebbe tantissimo piacere magari poter avere il tuo indirizzo email. Intanto ti lasciò il mio sarei felicissima se tu mi scrivessi. [email protected] Grazie mille ancora!

  • Chiara

    dice:

    Grazie ancora, è bello capire quanto potenti siano le nostre scelte giornaliere e quanto possiamo influire il mondo positivamente.

  • Donatella Malfitano

    dice:

    Grazie Chiara.
    Faccio missioni di cosiddette di “democratizzazione” (assistenza elettorale) e umanitarie (oltre a progetti miei su animali e ambiente). Intanto in bocca al lupo per i tuoi studi! Appena mi è possibile ti scrivo.

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