Il problema dell’inquinamento degli oceani è una tema sempre più scottante e occorrono misure urgenti per contenerlo. Uno dei maggiori fattori inquinanti sono le cannucce in plastica, di cui nella stagione estiva si fa abbondante uso. La cannuccia, nel nostro immaginario un oggetto all’apparenza innocuo, in realtà rappresenta per l’ecosistema una sciagura mostruosa, responsabile dell’inquinamento delle spiagge, dei mari e della strage di specie animali.
Cannucce, che non essendo riciclabili, nel migliore dei casi vengono messe nell’indifferenziato e interrate in discarica, nel peggiore ovvero nel classico scenario di stabilimento balneare, vengono buttate a terra o trasportate dal vento dai cestini al mare, dove vengono scambiate per alghe dai pesci, che le ingurgitano con terribili conseguenze per la loro sopravvivenza, o che vanno a compattarsi, spinte dalle correnti, in enormi ammassi di rifiuti galleggianti.
Da tempo sono state lanciate campagne per bannare le cannucce da bar e stabilimenti balneari, così come si è fatto largo ad invenzioni come le cannucce riutilizzabili (in metallo, vetro o plastica dura) o perfino cannucce portatili come FinalStraw (cannuccia pieghevole e lavabile che si può comodamente attaccare al portachiavi), tutte ottime soluzioni che però hanno in comune un problema: il prezzo poco accessibile ne ha svantaggiato la diffusione. Adesso l’Italia, o meglio, la Campania sta dando una bella lezione di civiltà nella lotta alla plastica, utilizzando un prodotto locale e a basso costo, simbolo della cultura culinaria italiana: la pasta.
A Paestum (Salerno), in Cilento, la struttura balneare Dum Dum Republic si è schierata in difesa degli oceani e delle spiagge: 20.000 cannucce in meno sono state sostituite negli ultimi due mesi dal maccherone zito, un tipo di pasta cava all’interno che si presta all’uopo, negli ultimi due mesi. Lo stabilimento stesso, si è fatto promotore di una campagna virale #ZeroCannucce, iniziativa che si inserisce nel più ampio e lungimirante progetto di Turismo Sostenibile #PlasticFree. Il percorso intrapreso dalla struttura balneare del Cilento a difesa degli oceani e a salvaguardia dell’ambiente naturale e delle spiagge è cominciato alcuni anni fa, intensificandosi negli ultimi cinque anni e facendo sì che vincesse il “Premio FABBRICA DELLE IDEE 2018 – STORIE VINCENTI MADE IN CAMPANIA”.
Non solo ziti
La vocazione green del beach club di Paestum Dum Dum Republic, non si ferma al rimpiazzo delle cannucce: importantissimo passo in avanti è anche stato, sempre in questa stagione, l’uso dell’acqua WAMI – Water With a Mission. WAMI è tra le start-up italiane più virtuose in tema di acqua e sostenibilità ambientale e sociale: ogni bottiglia eco-friendly è 100% riciclabile e riutilizzabile e inoltre vengono donati 100 litri di acqua a chi ne ha bisogno ogni litro venduto. In un mondo dove oltre 700 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile WAMI vuole dare ad ognuno di noi l’opportunità di essere parte della soluzione, rendendo pieno di significato un gesto ordinario come bere una bottiglia d’acqua.
L’approvvigionamento di acqua non è solo un problema di ordine igienico e sanitario, in quanto la mancanza di acqua potabile mette a rischio la salute delle persone a causa delle malattie che derivano dal bere acqua contaminata, ma è anche un problema sociale e di genere: cercare acqua, spesso a km di distanza da casa causa la perdita di molto tempo prezioso alle donne ed ai bambini che solitamente si occupano dell’approvvigionamento (senza contare che in zone di tensione e guerriglia, espone chi va a cercare acqua a pericoli di vita enormi, da quello di camminare sopra una mina o essere rapito).
Avere un immediato accesso all’acqua permetterebbe alle donne di dedicare più tempo alla propria famiglia e a mansioni lavorative, e i bambini potrebbero passare più tempo a scuola e in altre attività educative. Investire in acqua potabile non significa solo salvare delle vite, ma anche creare un enorme impatto sullo sviluppo sociale ed economico. In partnership con Lifewater International e Fondazione Acra, WAMI costruisce progetti idrici in villaggi e zone rurali che non hanno accesso idrico e chiunque acquisti una bottiglia d’acqua può già sapere quale progetto sta finanziando visitando, grazie al numero di codice presente su ogni involucro che ne permette la tracciabilità online.
L’acqua WAMI, che nasce a 1600 metri di altitudine nelle Alpi italiane, da una sorgente oligominerale del gruppo San Bernardo, nota per le sue proprietà organolettiche, non è solo impegnata in campo sociale donando acqua a chi ne ha bisogno, ma è anche schierata per la sostenibilità. Il packaging di acqua WAMI è 100% riciclabile, realizzato con il 50% di plastica riciclata r-PET, il massimo consentito per legge in Italia. Inoltre, per assorbire ulteriormente l’impatto ambientale, l’azienda pianta alberi in Italia, per contribuire al riassorbimento della CO2 emessa dal processo produttivo. “Noi di WAMI crediamo nella possibilità di permettere a tutti di cambiare il mondo, ogni giorno”, spiega il fondatore Giacomo Stefanini.
“#ZeroCannucce è ormai un obiettivo raggiunto al 100%. Adesso vorremmo passare anche a zero bottigliette di plastica – spiega Biancaluna Bifulco, titolare dello stabilimento balneare Dum Dum Republic – Quelle da un litro già non le usiamo perché al tavolo abbiamo solo vetro. Invece per quanto riguarda l’acqua che si consuma durante un’intera giornata, mediamente un cliente compra tre bottigliette, che moltiplicate per mille diventano 3mila bottiglie di plastica che residuano in un solo sabato o in un week end. Da qui parte la scelta di sostenere la start-up Wami, Water With a Mission, nata da un’idea meravigliosa di Giacomo Stefanini, un ragazzo giovanissimo che ha pensato di lanciare questa bottiglia di plastica interamente riciclabile e riutilizzabile con una splendida veste grafica. La società che produce si impegna a donare l’acqua, realizzando pozzi nei paesi che non ne hanno. Un processo trasparente che può essere seguito nel suo percorso attraverso la tracciabilità su internet. Per ogni bottiglia venduta l’inquinamento viene ridotto grazie alla plastica riciclata e agli alberi piantati”.
Un’altra spiaggia è possibile: il Dum Dum Republic segue alla lettera il suo programma “green” evitando il monouso e cercando utilizzare solo materiale biodegradabile, usando piatti in ceramica per il pranzo, stoviglie di acciaio e bottiglie di vetro a tavola, vassoi di legno e asporto riciclabile. Un impegno esemplare che si spera possa essere d’esempio per tanti esercizi pubblici italiani, in spiaggia e non.
A dirla tutta, l’idea di usare ziti e bucatini di pasta al posto di cannucce di plastica non è così nuova: ironicamente si è sviluppata già da alcuni anni fa negli Stati Uniti a partire da un ristorante del Wisconsin, il Frank’s Pizza Palace, con proprietari italiani, e si è poi diffusa in varie città, tra cui Seattle e Malibu, le quali recentemente hanno entrambi messo al bando l’uso delle cannucce di plastica.
Di sicuro non si tratta di una soluzione applicabile in tutti i casi (per esempio in caso di celiachia, o per il fatto di non avere la piegatura verso chi beve, difficili da usare per chi ha disabilità motorie) ma per il momento è la migliore alternativa alla plastica che inquina i mari. E un possibile spunto per future start-up che potrebbero cominciare a realizzare “cloni” delle attuali cannucce con la parte superiore piegata verso chi beve in impasto di pasta (scusate il gioco di parole), a partire da farine gluten free e locali, e magari con coloranti naturali così da renderle ancora più accattivanti.
Certo, non si risolverà del tutto il problema della plastica nei mari (e di tutte le forme di vita che muoiono a causa di essa) ma di sicuro sono piccole ma importanti gocce in un oceano. Che si spera aiutino a renderlo più pulito e vivibile per tutte le creature, animali, vegetali ed umane, che ci vivono intorno.
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Solo con la partecipazione di tutti potremo fare la differenza per la salvaguardia del pianeta.
Sara
dice:Che trovata geniale !
Penso che proverò .
Complimenti a chi ci ha pensato.
Intanto però tutti devono mettersi una mano sulla coscienza e “iniziare a smettere” , ma non di farsi le docce , come ho letto di Pitt e Depp … ma di far male a creature e al pianeta e devono aprire gli occhi !
Go Vegan
Anonimo
dice:Idea bellissima! Io di solito riutilizzo più volte la cannuccia… ma adesso la elimino e vado di pasta!!! Evviva! Mi sentirò più giusta!
Lauren
dice:Ovviamente è un’ottima idea: una minuscola goccia nel mare. Quello che mi manda su tutte le furie è che queste misure non bastano! Mentre noi stiamo a discutere se la cannuccia la preferiamo in cartone riciclato o in pasta, il mare si riempie di plastica, le isole galleggianti di materiale inquinante aumentano la loro superficie. Il sale è contaminato, i pesci sono malati, le barriere coralline distrutte. La UE in merito alla plastica monouso ha fissato il primo obiettivo di riduzione delle plastiche al 2025, anno in cui si prevede dovrà essere eliminato il 90% delle bottiglie di plastica. Agli stati membri spetta attuare norme affinché l’obiettivo sia raggiunto. Ma vi pare abbastanza? Sono misure troppo tiepide. Potremmo rinunciare alla plastica subito: se non domani, dopodomani (in senso figurato ovviamente). E mentre sorseggiamo i nostri bei cocktail con lo zito invece che con la cannuccia in plastica convinti di fare chissà quale gesto rivoluzionario, il mare e il pianeta soffocano. Sono belle iniziative queste, è vero… ma ci distraggono e ci allontanano dalla visione d’insieme. Non facciamoci fuorviare.
Carla
dice:Questo è un mondo in cui studiamo come non usare cannucce per i pesci e poi i pesci li mangiamo in quantità tali da inaridire il mare. Io boh…