USA, lattuga romana contaminata da E. Coli: la colpa è degli allevamenti?

Da tempo negli Stati Uniti si fanno i conti con pandemie da E. Coli, agente patogeno trovato su verdura a foglia verde come la lattuga. La causa della contaminazione è, secondo gli esperti, da ricercare nella vicinanza delle coltivazioni ad allevamenti di bovini.

Da due anni gli Stati Uniti fanno i conti con alcune epidemie da E. Coli legate al consumo di verdura – principalmente lattuga – contaminata, che nel tempo hanno causato 474 malati, 219 ricoveri e 6 morti. Secondo un’inchiesta realizzata recentemente dal quotidiano The Guardian, la causa della diffusione di questo agente patogeno sarebbe da attribuire agli allevamenti di bovini collocati vicino alle zone in cui queste verdure sono coltivate. “Ogni volta che si verifica un’epidemia di E. Coli in qualsiasi prodotto, e si fa un’indagine abbastanza lunga, alla fine si incontra una mucca“, dichiara Richard Raymond, ex sottosegretario del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti.

Questo perché parliamo di un batterio – che nell’uomo può causare diarrea, febbre, crampi addominali, nausea, vomito e complicazioni renali – che si trova naturalmente nel tratto digerente (e quindi nelle deiezioni) di molti animali “da allevamento” ed è quasi sempre presente negli allevamenti di bestiame. I casi più recenti di contaminazione richiamano alcuni episodi degli anni passati, durante i quali le investigazioni della Food and Drug Administration (FDA) hanno portato a riscontrare la presenza di E. Coli del ceppo virulento O157: H7 nei canali di irrigazione adiacenti a una mangiatoia, nonché nell’acqua e nel terreno nelle vicinanze delle coltivazioni.

Secondo gli esperti, la contaminazione può avvenire in modalità diverse: tramite il vento, l’acqua di irrigazione, le attrezzature agricole e i veicoli e perfino attraverso la fauna selvatica. Proprio a questa ultima ipotesi fa riferimento Billy Gatlin, vice presidente esecutivo della California Cattlemen’s Association – che rappresenta gli allevatori della California – sostenendo che: “L’E. Coli O157 esiste nell’ambiente in assenza di bovini. Solo perché un animale nelle vicinanze risulta positivo ai batteri non significa che abbia causato l’epidemia. Forse sia l’animale che il prodotto sono stati contaminati da una terza parte”. L’ipotesi sollevata è che il batterio sia stato trasportato dai maiali selvatici, noti portatori di questo agente patogeno.

Mentre l’inchiesta del Guardian si conclude con una serie di indicazioni per cercare di arginare il problema, tra le quali aumentare la distanza tra gli allevamenti e le coltivazioni, dal nostro punto di vista è necessario andare al nocciolo della questione, sottolineando il ruolo degli allevamenti nel contesto della potenziale diffusione di malattie. Un collegamento già ampiamente discusso in questi mesi parlando della diffusione di malattie e consumo di carne: moltissimi i casi di focolai di Coronavirus all’interno di mattatoi e salumifici che in questi mesi hanno riguardato tante strutture nel mondo, Italia compresa. Il futuro deve essere meat-free non solo per una questione etica, ma anche per i risvolti che strutture legate al consumo di prodotti di origine animale hanno sul nostro impatto ambientale e sulla salute pubblica.

Per approfondire:

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