donne vegan

Perché la scelta vegan è più associata al genere femminile?

Sono diversi i motivi per cui le donne sono associate più facilmente alla scelta vegan: qui ti spieghiamo cosa si nasconde dietro a questo stereotipo di genere.

L’idea che la scelta vegan sia una prerogativa delle donne è piuttosto radicata e, talvolta, questa convinzione rispetta anche la realtà: negli Stati Uniti, per esempio, si stima che ben l’80% dei vegani siano o si considerino donne.

Ci sono diverse ragioni che spiegano questa percezione (nonché la sua concretizzazione nella realtà), e tra queste spicca sicuramente la cultura della mascolinità che permea la nostra società: mangiare carne è “una cosa da uomini”, e la sua esclusione dalla dieta è considerata da molti come una scelta non virile. 

Questa idea, ovviamente, affonda le proprie radici in una concezione arcaica della società, in cui non solo esistono ancora “cose da donne” e “cose da uomini”, ma ci sono scelte che possono mettere in dubbio l’appartenenza al genere considerato dominante, ovvero quello maschile.

Il mito della donna “accuditrice” e il suo (presunto) legame con la scelta vegan

Da sempre, nell’immaginario collettivo di una società patriarcale (come la nostra), il ruolo della donna è quello di madre, compagna e accuditrice, all’interno di una struttura in cui la figura dominante è quella maschile. Di conseguenza, è molto più familiare e in qualche modo accettabile, l’idea di una donna che voglia abbracciare la scelta vegan come “accudimento”, nei confronti degli animali e del Pianeta. Una visione anacronistica, che si basa sull’idea dell’uomo cacciatore e della donna responsabile, tra le altre cose, di accudire la prole. 

Non è un caso che anche il marketing legato ai prodotti di origine animale si rivolga, in prima battuta, a un pubblico maschile o che, in qualche modo, faccia propri questi stereotipi di genere. Gruppi di uomini che cucinano hamburger di dimensioni epocali su un barbecue in giardino, stringendo in mano una birra e raccontandosi quelli che – senza dubbio – sono aneddoti e storielle “da uomini”. Oppure, donne giovani e carine nel ruolo che gli viene riconosciuto dalla società: intente a cucinare (carne) per l’uomo o per i figli. In questo caso, raramente la donna consumerà la carne da lei cucinata, preferendo un piatto “healthy”, più adatto al suo essere donna.

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Già nel mondo delle pubblicità, dilaga un sessismo radicato e radicante, che vuole per le donne un’alimentazione “leggera” per cottura, condimenti e tipi di alimenti scelti, e che si contrappone a una dieta “da maschi” dove i protagonisti sono la carne, i grassi e le salse piccanti. Senza parlare di quel tipo di pubblicità, decisamente aberrante, che pone la donna e la carne sullo stesso piano, là dove devono stare: a disposizione dei desideri dell’uomo.

Il punto, ovviamente, è che il consumo di carne e derivati animali dovrebbe essere escluso da chiunque, indipendentemente dal genere di appartenenza, per diversi motivi. Va da sé, però, che in una società del genere la scelta vegan sia più facilmente associata alle donne piuttosto che dagli uomini, ai quali viene implicitamente assegnato il compito di fare e mangiare “cose da uomini”, tra cui anche la carne. 

L’empatia non ha genere

Ci sono innumerevoli riflessioni che si potrebbero fare sull’argomento, sul facile accostamento della scelta vegan come afferente a una minoranza a quello di altre minoranze – come quella femminile o, ancora, quella della comunità lgbtq+ – ma vogliamo limitarci a una riflessione tanto semplice quanto indiscutibile. L’empatia e il rispetto per la vita non hanno genere di appartenenza e lo vediamo facilmente nei bambini: i più piccoli, indistintamente, tendono a rispettare gli animali e a non vederli come una possibile fonte di cibo.

Tutti noi nasciamo con un istinto antispecista che viene meno col tempo, semplicemente a causa del nostro contatto con la società che ci circonda, che ci impone delle regole di comportamento lontane – spesso – dalla moralità individuale. Ne è una dimostrazione quello che la psicologa americana Melanie Joy definisce carnismo, un’ideologia violenta che ci fa considerare normale, naturale e necessario consumare carne, ma che di fatto ci viene imposta.

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Abbattere lo stigma attorno all’alimentazione plant-based

Sicuramente, i fattori culturali giocano un ruolo importante in questo senso, ma è arrivato il momento di liberarci di questi pregiudizi per dare spazio a del sano buon senso. La crisi climatica è legata indissolubilmente al consumo di carne e derivati animali e rigurda tutti, certamente senza distinzioni di genere.

Bisogna normalizzare la scelta vegan, rendendola accessibile a tutti ed eliminando l’idea che lega alla decisione di eliminare carne e derivati animali dalla propria dieta un qualsiasi tipo di femminilizzazione.  Responsabilizzare ed educare al cambiamento, al di là di generalizzazioni e stereotipi, è il primo passo da compiere. E poi, ricordiamo che l’empatia non ha genere, così come non ce l’ha il desiderio di contribuire a salvare il Pianeta partendo dalla propria alimentazione. 

Leggi anche: I bambini hanno meno probabilità di percepire gli animali come cibo: lo studio


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