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Perché i vegani non bevono il latte?

Se ti chiedi perché i vegani non bevono il latte, questo è l’articolo che fa per te: ti spiegheremo quali sono le motivazioni legate a questa scelta, e scopriremo insieme le alternative vegetali migliori.

Capisco la carne, ma il latte e il formaggio..”: se sei vegan, te l’avranno ripetuto decine di volte. Se non lo sei, probabilmente ti sarai chiesto più volte perché i vegani non bevono il latte: in fondo, non comporta sfruttamento per gli animali, fa bene alle ossa e viene prodotto “naturalmente” da qualsiasi mammifero.. o no?

Le motivazioni per dire addio al latte vaccino e ai suoi derivati sono diverse e hanno a che fare con il rispetto per gli animali, la sostenibilità ambientale e la nostra salute. Leggi l’articolo per scoprire perché è arrivato il momento di scegliere le alternative vegetali!

Il latte vaccino non è etico

Ormai da qualche anno, anche grazie al lavoro delle associazioni animaliste, l’industria della carne è stata “smascherata” e i consumatori conoscono lo sfruttamento e la crudeltà che si nascondono dietro a questa produzione. Non così per l’industria lattiero-casearia, che probabilmente è una delle più bugiarde in assoluto: mentre le pubblicità mostrano vacche felici al pascolo, coccolate e quasi grate di donare il proprio latte all’uomo, la realtà è molto diversa. Esattamente come in qualsiasi allevamento, gli animali vengono privati della libertà per vivere in condizioni di estremo sfruttamento, diventando vere e proprie macchine da produzione al servizio dell’uomo.

Le indagini sotto copertura condotte negli anni dalle associazioni animaliste come Animal Equality, Essere Animali e PETA, mostrano maltrattamenti, violenza e sfruttamento come status quo all’interno degli allevamenti intensivi; quello che è peggio, è che il più delle volte si tratta di situazioni perfettamente legali e legalizzate. Quello lattiero-casearia è a tutti gli effetti un sistema produttivo industriale, poco importa se coinvolge milioni di esseri senzienti brutalmente sfruttati e privati della libertà e della vita. Come ogni industria, anche quella del latte si piega alle regole di mercato, e ad esse adegua i propri metodi di produzione.

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Ecco allora che se in natura, la vita media di una vacca sarebbe di 20 anni, in allevamento si riduce inevitabilmente a 4 o 5, complici le condizioni di sfruttamento estremo e le malattie. Nel momento in cui mantenere e sfruttare una vacca “da latte” non risulti più vantaggioso per l’allevatore, questa viene mandata al macello. Tutto questo, tenendo ovviamente conto che non esistono animali “da latte”: qualsiasi mammifero, esattamente come l’essere umano, produce latte solo dopo una gravidanza; se la gravidanza non c’è, non c’è nemmeno il latte. Inoltre, l’idea che una vacca possa esplodere se non viene munta o che questa operazione sia di qualche sollievo per gli animali è semplicemente senza fondamento.

Non dimentichiamo poi che in questa industria sono coinvolti anche i vitelli: mentre i maschi vengono inviati al macello subito, perché ritenuti inutili nell’industria lattiero-casearia, le femmine rimpiazzano ben presto le madri nella filiera produttiva, in un ciclo continuo. Lo sfruttamento e la morte esistono anche nell’industria lattiero-casearia, e non c’è nessun motivo per considerare i prodotti di questa filiera produttiva “eticamente migliori” rispetto alla carne.

Il latte vaccino non è sostenibile

La produzione di un bicchiere di latte vaccino produce quasi tre volte le emissioni di gas serra di qualsiasi latte vegetale, secondo lo studio dell’Università di Oxford “Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers”.

Lo studio evidenzia  la differenza tra la produzione di latte vaccino, latte di riso, latte di soia, latte di avena e latte di mandorla in termini di impatto ambientale su tre parametri : emissioni inquinanti, utilizzo del suolo e utilizzo di risorse idriche. Produrre un bicchiere di latte vaccino ogni giorno per un anno richiede 650 metri quadrati di terreno, l’equivalente di due campi da tennis: 10 volte di più di quanto non ne richieda la produzione di latte d’avena, che risulta essere annoverato tra i meno impattanti in assoluto. 

Il latte di mandorla richiede più acqua da produrre rispetto alla soia o al latte d’avena: 74 litri. Il latte di riso richiede 54 litri di acqua per bicchiere. Tuttavia, si nota facilmente che sia il latte di mandorla che quello di riso richiedono un quantitativo d’acqua irrisorio se paragonato a quello di latte vaccino.

Il latte vaccino è nemico della salute

“Il latte fa bene” è una convinzione dura a morire, tant’è che siamo abituati a consumare latte vaccino fin dalla più tenera età. Le evidenze scientifiche più attuali, però, smontano questa convinzione in maniera chiara e puntuale. La Dott.ssa Erica Congiu, biologa nutrizionista Membro del Comitato Scientifico di Associazione Vegani Italiani Onlus ci ha spiegato che “per secoli il latte è stato osannato come alimento “perfetto”, “indispensabile”, “benefico” e “nutriente”. E non è stato un errore. Certamente il latte è un alimento perfetto, indispensabile, benefico e nutriente, a patto che sia quello della propria specie e a patto che lo si assuma per lo scopo per cui è stato creato: soddisfare le esigenze nutrizionali del neonato fino al momento dello svezzamento. Per tali motivi il latte è un alimento altamente specie-specifico, le cui caratteristiche non cambiano solo tra le varie specie ma anche all’interno della stessa specie, a seconda delle necessità del neonato”.

Il latte vaccino, spiega la Dottoressa, ha quasi il triplo delle proteine del latte umano e una quota maggiore di fattori di crescita, che giustificano la crescita rapida e repentina del vitello, che di certo non deve avvenire nel cucciolo di uomo, tantomeno nell’adulto. I bambini che bevono latte vaccino crescono in altezza più velocemente rispetto a coloro che non lo bevono (anche se poi non si registrano differenze significative una volta diventati adulti, semplicemente chi non beve latte vaccino impiega un po’ più di tempo per raggiungere l’altezza geneticamente predeterminata) (1). Il problema è che i fattori di crescita non fanno crescere solo le ossa più velocemente: possono promuovere anche la crescita di tessuti che non si vorrebbe far proliferare, come quello adiposo e tumorale. Per di più, il latte vaccino al giorno d’oggi viene munto mentre le vacche sono già nuovamente incinte, quando i loro ormoni riproduttivi sono particolarmente alti (2). Questi ormoni giocano un ruolo nelle varie associazioni individuate con patologie ormoni-sensibili compresa l’acne (3), la diminuita riproduttiva maschile (4) e la pubertà precoce (2).

Le preoccupazioni riguardo al consumo di latte e rischio di tumori, in particolare alla prostata, sono emerse inizialmente in Giappone, osservando come dopo la seconda guerra mondiale l’aumentato consumo di latte, latticini e altri prodotti di origine animale sia coinciso con un aumento di 25 volte del tasso di tumori alla prostata (5). I primi studi in vitro hanno confermato la correlazione tra consumo di latte e tumore alla prostata (6), ma solo nel 2015 è arrivata una meta- analisi che ha sancito definitivamente una correlazione tra consumo di latte e latticini e rischio di tumore alla prostata, mentre fonti vegetali di calcio non hanno alcuna influenza (7).

E riguardo ai millantati benefici per la salute delle ossa? Nessuna associazione, se non negativa. Una meta-analisi riguardante l’assunzione di latte vaccino e fratture dell’anca dimostra che non c’è alcuna protezione significativa (8). Una recente serie di studi che hanno coinvolto centinaia di migliaia di uomini e donne, seguiti per più di due decadi, hanno dimostrato che il consumo di latte potrebbe aumentare i tassi di frattura alle ossa (9).

E quindi?

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Basta fare un giro in qualsiasi supermercato per rendersene conto: il mercato offre una varietà di bevande plant-based derivate da cereali, legumi, noci e semi, che fino a pochi anni fa sembrava impossibile, e che finiscono sempre più spesso anche nei carrelli dei consumatori onnivori. Dalle bevande più classiche come quelle di soia, riso, avena a quelle a base di canapa, riso nero, anacardi, sorgo, cocco, mandorle, nocciole, noci, arachidi, pistacchi: l’inventiva è il vero motore propulsore di questo settore.

Tutte queste alternative possono sostituire il latte vaccino in qualsiasi preparazione, e permettono una varietà nutrizionale che il latte vaccino da solo non può certamente soddisfare. E poi sono buonissime!

 

Fonti: 

1 J M O’Connell 1, M J Dibley, J Sierra, B Wallace, J S Marks, R Yip. Growth of vegetarian children: The Farm Study. Pediatrics. 1989 Sep;84(3):475-81.

2 Maruyama K, Oshima T, Ohyama K. Exposure to exogenous estrogen through intake of commercial milk produced from pregnant cows. Pediatr Int. 2010;5 (1):33–8.

3 Danby FW. Acne and milk, the diet myth, and beyond. J Am Acad Dermatol. 2005;52(2):360–2.

4 Afeiche M, Williams PL, Mendiola J, et al. Dairy food intake in relation to semen quality an reproductive hormone levels among physically active young men. Hum Reprod. 2013;28(8):2265-75.

5 Ganmaa D, Li XM, Qin LQ, Wang PY, Takeda M, Sato A. The experience of Japan as a clue to the etiology of testicular and prostatic cancers. Med Hypotheses. 2003;60(5):724–30.

6 Ganmaa D, Li XM, Wang J, Qin LQ, Wang PY, Sato A. Incidence and mortality of testicular and prostatic cancers in relation to world dietary practices. Int J Cancer. 2002;98(2):262–7.

7 Aune D, Navarro Rosenblatt DA, Chan DS, et al. Dairy products, calcium, and prostate cancer risk: a systematic review and metaanalysis of cohort studies. Am J Clin Nutr. 2015;101(1):87–117.

8 Bischoff-Ferrari HA, Dawson-Hughes B, Baron JA, et al. Milk intake and risk of hip fracture in men and women: a meta-analysis of prospective cohort studies. J Bone Miner Res. 2011;26(4):833–9.

9 Michaëlsson K, Wolk A, Langenskiöld S, et al. Milk intake and risk of mortality and fractures in women and men: cohort studies. BMJ. 2014;349:g6015.

 


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