Quando un prodotto – alimentare e non – si può realmente definire vegan? In che modo un prodotto vegano è diverso da uno vegetale? Che cosa dire, invece, rispetto agli esperimenti sugli animali in campo cosmetico? Questi sono solo alcuni argomenti affrontati da Sauro Martella – fondatore del Network VEGANOK e presidente al tavolo di lavoro a Bruxelles per creare uno standard vegan condiviso a livello europeo – condotta da Sonia Carella per il gruppo Facebook Vegan Friends Italia.
Di seguito le tematiche affrontate nel video, con i relativi articoli pubblicati su Osservatorio VEGANOK:
Vegan e vegetale hanno lo stesso significato?
Partiamo con un’affermazione certa: mentre tutti i prodotti vegani sono vegetali, non tutti i prodotti vegetali sono anche vegani. Questi due termini sono utilizzati spesso (ed erroneamente) come sinonimi, ma hanno delle accezioni ben diverse. Ecco perché: Vegan e vegetale significano la stessa cosa? Lo standard europeo
Packaging: uno sguardo dal punto di vista vegan
Il consumatore vegano si riconosce subito al supermercato, perché controlla le etichette di tutto quello che mette nel carrello. Ma è sufficiente? Che cosa dire riguardo al packaging dei prodotti? Non tutti lo sanno, ma oggigiorno è molto facile trovare derivati animali anche nei prodotti i cui ingredienti siano 100% vegetali. Lo studio sul packaging sostenibile e vegan friendly è uno dei grandi trend di questi ultimi anni. Per approfondire questo argomento: Packaging e prodotto vegano: l’analisi degli inchiostri e dei materiali
Olio di palma: cosa dice la certificazione VEGANOK?
Il problema dell’olio di palma è in primis ambientale e legato alla diffusissima pratica del “land grab“, l’acquisizione cioè di terre in paesi con una governance difficile per fare spazio ad attività agricole intensive. In un’intervista in occasione del Lucca VeganFest 2018, Dario Dongo – avvocato e giornalista, esperto di diritto agroalimentare – ci aveva raccontato: “Dire olio di palma equivale a dire rapine di terra, violazione dei diritti umani e dislocazione di persone dalle loro terre per fare spazio alle coltivazioni e di conseguenza distruzione della biodiversità e della fauna locale. L’olio di palma non è sostenibile sotto nessun punto di vista. Le nostre scelte hanno un impatto incredibile sulla sopravvivenza del pianeta. Per questo ci dobbiamo battere.” VEGANOK è l’unica certificazione vegan al mondo a vietare l’uso dell’olio di palma nei prodotti alimentari certificati.
Cosmetici vegan e cruelty-free: facciamo un po’ di chiarezza
Se il trend della cosmesi vegan è in ascesa, è forse utile ricordare che l’acquisto di prodotti vegan-friendly – a meno che non siano certificati, come nel caso dei cosmetici che abbiano ottenuto la certificazione BioDizionario Approved – può essere più difficile del previsto. Esistono infatti alcuni ingredienti di origine animale utilizzati comunemente nelle formulazioni cosmetiche, ma come riconoscerli? Il BioDizionario – consultabile gratuitamente online e scaricando l’app – diventa in questo caso uno strumento indispensabile, ma può essere utile anche stilare un elenco dei principali ingredienti di derivazione animale impiegati all’interno della formulazione dei cosmetici. Per saperne di più, leggi questo articolo: Cosmesi: cosa rende make up e prodotti di bellezza non vegan?
Test cosmetici su animali: cosa sta cambiando in Cina?
Prima che alcuni prodotti cosmetici possano essere venduti in Cina, devono essere testati secondo le normative cinesi, che di solito comportano una serie di test sugli animali. Le aziende certificate VEGANOK non autorizzano la vendita in Cina rinunciando spesso – in nome di principi etici – a un mercato florido e in rapida crescita. Attualmente la Cina è uno dei pochi paesi al mondo a richiedere test sugli animali per l’ingresso dei prodotti cosmetici in territorio nazionale. Dal 01 Maggio 2021 però, i requisiti di obbligatorietà in materia di animal testing per i prodotti importati, verranno rimossi: ad annunciarlo in una comunicazione ufficiale, a National Medical Products Administration (NMPA) – che regola i farmaci e i dispositivi medici. Per approfondire: Cosmesi: la Cina verso la fine dei test sugli animali?
Il vino è vegano?
Tecnicamente, tutti i vini sono legittimamente definibili “vegan”. Il problema riguarda il processo di chiarificazione, che viene spesso effettuato utilizzando coadiuvanti tecnologici di origine animale come caseine, gelatine animali, sangue di bue e altre sostanze più specifiche certamente estranee a ciò che può essere realisticamente definito compatibile con la scelta vegan. Bisogna sottolineare che tali agenti chiarificanti non fanno parte degli ingredienti, ma sono invece definibili “coadiuvanti tecnologici” ed è per questo che tale procedura non esclude il vino dagli alimenti utilizzabili dai vegani. Per saperne di più: Vino vegano: cosa significa? Facciamo chiarezza sull’argomento
Un prodotto è vegan se riporta in etichetta “può contenere tracce di latte/uova..”?
La perifrasi “può contenere tracce di …” o “prodotto in uno stabilimento che utilizza anche …” si riferisce alla possibilità di contaminazioni involontarie (cross contamination) con un determinato allergene. Questa dicitura non riguarda gli ingredienti usati volontariamente nella formulazione del prodotto ma indica semplicemente che in fase di stoccaggio, trasporto o lavorazione, è possibile che si verifichi una minima contaminazione. Del resto, è plausibile che un prodotto vegan venga realizzato su linee di produzione in cui si lavorano (in momenti diversi) anche referenze con ingredienti animali: un esempio su tutti, gli stabilimenti di prodotti dolciari o da forno. Leggi anche: “Tracce di…” e prodotto vegan: la normativa
Essere vegani è costoso?
Nonostante la scelta vegan sia sempre più mainstream, non manca chi ancora guardi con scetticismo o incertezza l’alimentazione 100% vegetale, convinto che i vegani si nutrano solo di insalata e verdure grigliate. Oppure, c’è chi crede che un’alimentazione a base vegetale sia fatta soltanto di costosissimi cibi pronti (e poco salutari). La realtà è molto diversa: Carrello vegan: cosa c’è dentro?
Benessere animale: esiste la “carne felice”?
Ormai sempre più aziende che producono carne e derivati animali puntano sulla questione del benessere animale. In etichetta è una dicitura sempre più frequente, che sta a indicare una produzione “etica” dei prodotti di origine animale. Il benessere animale emerge come necessità nel momento in cui è utile a chi produce: gli animali “felici” stanno bene, e per questo producono di più e meglio. Rispettare gli animali è “conveniente dal punto di vista commerciale” e non ha quasi mai niente a che vedere con una questione etica. Il problema sta nel comprendere che il concetto di allevamento (intensivo e non) non può coincidere con quello di benessere animale. La privazione della libertà e lo sfruttamento – anche laddove non ci siano situazioni di illegalità – sono alla base del sistema di allevamento e questo è già di per sé sufficiente per far venir meno il concetto di “benessere”. Leggi anche: Benessere animale: perché è fumo negli occhi?
Milk sounding e meat sounding: a che punto siamo?
Lo scorso ottobre, il Parlamento Europeo ha votato contro l’approvazione di due emendamenti (165 e 171) che riguardano la denominazione delle alternative vegetali ai prodotti a base di carne e sulle denominazioni possibili per i sostituti vegetali delle ref erenze casearie. Purtroppo il parlamento ha accolto l’emendamento 171, che impedisce ogni riferimento ai latticini per quelli vegetali. È stato però respinto il 165: su questo fronte la decisione rappresenta la tutela dell’informazione fornita ai consumatori in etichetta, nonché la scelta di non privare i sostituti della carne del loro valore all’interno del mercato. Per saperne di più: Meat sounding: il Parlamento Europeo ha votato, burger e bistecche vegetali sono salvi e La campagna per chiedere il “no” dell’Europa alla censura sui prodotti vegetali
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