Fino a qualche anno fa, “latte vegetale” era sinonimo di latte di soia e, con un po’ di fortuna, qualche variante aromatizzata. Oggi, però, il latte plant-based è uno dei simboli della rivoluzione vegetale dei consumi a cui stiamo assistendo, che ha avuto il suo picco nel 2020 ma che è destinata ad accelerare e consolidarsi nei prossimi anni. Per questo, il 22 agosto si celebra la Giornata Internazionale del Latte Vegetale, istituita nel 2017 da Robbie Lockie, co-fondatore di Plant Based News.
Negli ultimi anni la propensione di acquisto è cambiata: anche i consumatori non dichiaratamente vegani si stanno orientando verso alternative vegane e sono sempre più numerosi i “dual buyers”, coloro che mettono nel carrello sia latte che bevande di origine vegetale. Mentre i consumi di latte vaccino continuano a calare a livello globale, in questa giornata “milk free” ti spieghiamo perché dovresti bere il latte vegetale invece di quello animale.
Il latte vegetale è etico
Nel 2021, il latte vegetale è la scelta più etica che abbiamo a disposizione. Tantissime persone non sanno cosa si nasconde dietro alla produzione del latte vaccino, ma sicuramente non c’è niente di “umano” o accettabile nel suo consumo. Chi pensa che sia “migliore” rispetto a quello della carne, non sa che anche l’industria lattiero-casearia sfrutta e uccide gli animali, esattamente come qualsiasi altra in cui si producono alimenti di origine animale.
Come in ogni tipo di allevamento, gli animali vengono privati della libertà per vivere in condizioni di estremo sfruttamento, diventando vere e proprie macchine al servizio dell’uomo. In natura, una vacca vivrebbe in media 20 anni, ma in allevamento sopravvive al massimo 4 o 5: nel momento in cui la produzione cala (fisiologicamente o per le condizioni di estremo sfruttamento), l’allevatore non ottiene più nessun vantaggio nella sua presenza in allevamento. Per questo, l’animale viene mandato al macello.
Tutto questo, tenendo ovviamente conto che non esistono animali “da latte”: qualsiasi mammifero, esattamente come l’essere umano, produce latte solo dopo una gravidanza; se la gravidanza non c’è, non c’è nemmeno il latte. Ecco allora che in questa industria sono coinvolti anche i vitelli: mentre i maschi vengono inviati al macello subito, perché ritenuti inutili nell’industria lattiero-casearia, le femmine rimpiazzano le madri nella filiera produttiva, in un ciclo continuo.
Il latte vegetale è sostenibile
Non c’è paragone tra la quantità di gas serra, consumo di acqua e uso del suolo necessari per produrre un bicchiere di latte vegetale, a confronto di un bicchiere di latte vaccino. A dirlo, è lo studio dell’Università di Oxford “Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers”.
Ecco la differenza:
Il grafico mostra la differenza tra latte vaccino, latte di riso, latte di soia, latte di avena e latte di mandorla in termini di impatto ambientale su tre parametri (colonne): emissioni, utilizzo di terra e utilizzo d’acqua. Produrre un bicchiere di latte vaccino ogni giorno per un anno richiede 650 metri quadrati di terreno, l’equivalente di due campi da tennis: 10 volte di più di quanto non ne richieda la produzione di latte d’avena, che risulta essere annoverato tra i meno impattanti in assoluto. Approfondisci qui: Impatto ambientale: qual è il latte vegetale migliore?
Esistono infinite varietà di latte vegetale
Ormai è sotto gli occhi di tutti: in ogni supermercato esiste una scaffalatura interamente dedicata al latte vegetale, in infinite varianti. Una sorta di “paradiso dei vegani” (e non solo!), che possono scegliere tra decine di prodotti diversi, in base ai propri gusti e alle necessità.
Dalle bevande più classiche come quelle di soia, riso, avena a quelle a base di canapa, riso nero, anacardi, sorgo, cocco, mandorle, nocciole, arachidi, pistacchi: l’inventiva è il vero motore propulsore di questo settore. Ci sono aziende al lavoro anche per creare il latte di patate, considerato il più sostenibile di sempre, e perfino Nestlé è entrata a gamba tesa nel mercato con il lancio del suo latte di piselli a marchio Wunda.
Insomma, perché scegliere il solito latte vaccino, quando di latte vegetale è pieno il mondo?
Focus on: si può dire “latte vegetale”?
Sì, “latte vegetale” si può e si deve dire, almeno nel linguaggio quotidiano. La questione del milk sounding è stata ampiamente discussa a livello europeo e riguarda solo ciò che può essere scritto sul pack del prodotto: è una questione di etichettatura.
Va benissimo parlare di “bevande vegetali”, ma non dobbiamo delegittimare i prodotti alternativi a quelli animali con denominazioni che, in qualche modo, ne compromettono l’affermazione. Sappiamo che il latte vegetale può essere usato come sostituto del latte vaccino in moltissime occasioni, e privarlo del suo nome equivale a privarlo della sua posizione all’interno del mercato alimentare.
Ricordiamo le parole non solo definiscono il mondo, ma lo creano!
Per approfondire:
Milk sounding: l’Europa salva i nomi dei prodotti vegetali, nessuna censura in etichetta
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