Vegano e vegetale: due parole spesso utilizzate come sinonimi che però circoscrivono modi di vita e orizzonti che solo in parte condividono tratti comuni. Nell’ambito dell’alimentazione, né un vegano né chi adotta una dieta vegetale consuma prodotti di derivazione animale: latte e derivati, carne, pesce, uova e miele.
“Il vegano è colui che mangia tutto senza mangiare nessuno” cit.
L’aspetto più interessante di questa massima è che la parola chiave in realtà non è “mangiare”, come si potrebbe pensare in un primo momento ma “nessuno”. È proprio da questa concezione che traiamo le più importanti caratteristiche di questa scelta di vita. La parola “nessuno” conferisce all’animale lo status di “qualcuno”. L’animale, soggetto attivo, non può e non deve essere considerato mero bene di consumo e sfruttato dall’essere umano per scopi utilitaristici (cibo, abbigliamento, ricerca scientifica e spettacolo).
Essere vegan non è dunque solo una scelta alimentare? No, non lo è nel suo profondo e genuino significato. Anche se potrebbe sembrare controintuitvo, essere “vegan” non è una questione legata alla dieta ma è il concretizzarsi di una visione in cui l’interazione tra gli esseri viventi intraspecie ed interspecie non è filtrata da alcun presupposto di superiorità. Il vegano è colui che ha interiorizzato una visione non specista dell’esistenza in una dimensione in cui la specie di appartenenza non rappresenta un privilegio. L’ovvia conseguenza è quella di non consumare derivati animali; non indossare derivati animali; non appoggiare nessuna azione di sfruttamento.
La parola “vegan” quindi ci fornisce una serie di informazioni e non una soltanto, legata al cibo: ci racconta la necessità di introdurre una base etica su cui poggiare tutte le altre scelte.
Chi adotta invece una dieta di tipo vegetale, potrebbe farlo per motivi puramente salutistici o legati al benessere e per questo, non fare proprio il concetto etico di non specismo: salute e benessere sono motivazioni forti ma non necessariamente legate all’aspetto etico di interazione tra uomo e animale. Ad esempio chi decide di adottare un’alimentazione a base vegetale potrebbe decidere anche di indossare derivati animali (pelletteria, lana o seta).
Lo stesso vale per i prodotti consumati: un prodotto è vegetale se è garantita l’assenza di elementi di derivazione animale ma è vegan se oltre ad essere vegetale, rispecchia determinate caratteristiche etiche.
Si evince che la parola “vegetale” non è affatto un sinonimo di “vegan” ma sono termini legati da un rapporto di iperonimia:
Tutti i prodotti vegani sono vegetali ma non tutti i prodotti vegetali sono anche vegani.
La discriminante è il bagaglio etico: un codice di informazioni da condividere trasversalmente e che fornisca indicazioni precise sui parametri attraverso i quali definire la qualità di ciò che acquistiamo e consumiamo. Risulta indispensabile quindi procedere alla definizione di standard e di codici condivisi che possano colmare quei vuoti di linguaggio. Se il non specismo si concretizza nell’essere vegan, unica soluzione possibile alla fine dello sfruttamento animale, allora cosa significa nello specifico essere vegan e quali sono le caratteristiche che rendono un prodotto “vegan”? Questa informazione, essenziale sia lato consumatore che lato produttore, è il nodo nevralgico di tutta la questione attorno alla produzione-acquisto e consumo di prodotti plant-based.
Lo abbiamo chiesto a Sauro Martella, fondatore del Network VEGANOK Società Benefit che presiede, in qualità di presidente in carica, il tavolo di lavoro sulla definizione di linee guida presso l’Organizzazione non governativa SAFE a Bruxelles: un progetto tanto ambizioso quanto necessario, nato con lo scopo di definire uno standard VEGAN riconosciuto a livello europeo. Il progetto vede la collaborazione tra VEGANOK, la Vegan Society ed altre realtà associative europee rigorosamente vegan come Associazione Vegani Italiani Onlus e Vegetik Belgio.
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Ci racconta:
“Un prodotto è vegan se risponde a dei requisti etici oltre che tecnici. Un prodotto è vegetale se non contiene nessun elemento di derivazione animale ma è 100% vegan se nella sua produzione, sono stati seguiti dei criteri che abbiano una valenza etica. Questo è possibile soltanto se si condivide uno standard, un insieme di caratteristiche che devono essere presenti contestualmente. Faccio un esempio. Nessun prodotto dovrebbe poter essere definito vegan se l’azienda produttrice effettua o commissiona ad altri esperimenti su animali (vivisezione) nè sul territorio italiano, nè all’estero. Inoltre dovrebbero essere presi in considerazione anche altri elementi come i materiali della confezione, gli inchiostri utilizzati, le colle delle etichette (ci sono ancora produzioni che utilizzano colle animali); considerare ipotetici “coadiuvanti tecnologici” utilizzati ad esempio nel caso di birra e vino nella chiarificazione e verificare che non siano di derivazione animale. Il marchio di garanzia VEGANOK prende già in considerazione tutti questi elementi e vorremmo che uno standard così rigoroso venisse adottato in tutta Europa. Con il board operativo a Bruxelles, abbiamo redatto un documento congiunto che è stato presentato in Commissione Europea. Presto forniremo news sugli sviluppi.”
Come redazione e testata di divulgazione concordiamo con queste parole: la definizione di uno standard è assolutamente necessaria visto che tutti questi elementi non possono essere inseriti in etichetta. Reputiamo che sul termine “vegan” si debba assolutamente agire per addizione. Non si può infatti considerare sufficiente dichiarare l’ASSENZA di componenti di derivazione animale ma occorre chiarire la PRESENZA di requisiti minimi etici: un pacchetto di informazioni che per definizione, devono quindi essere vere contestualmente.
Questa consapevolezza comincia a suscitare sempre più l’interesse dell’industria che in misura sempre maggiore si affida a marchi di garanzia come VEGANOK anche per prodotti naturalmente di origine vegetale: attualmente VEGANOK conta 1138 realtà accreditate e quasi 20.000 referenze conformi.
Perché un’azienda decide di richiedere la conformità al marchio anche per prodotti come passata di pomodoro, ceci in barattolo o fibre tessili di per sé vegetali? Perché la parola vegetale è manchevole dell’informazione etica: ci dice soltanto che il prodotto non contiene derivati animali. Ecco allora che disciplinari di riferimento, possono garantire al consumatore determinati parametri.
Case History: il caso “The impossible burger”.
L’Impossible Burger a base vegetale, è il famosissimo burger che “sanguina”: l’azienda produttrice, la”Impossible Foods”, utilizza un ingrediente speciale per ricreare la texture “carnosa” classica. L’ingrediente, la leghemoglobina di soia, contiene eme, una molecola naturalmente presente nelle piante, al cui interno troviamo ferro. Secondo l’azienda, l’eme svolge un ruolo fondamentale. La Food and Drug Administration statunitense (FDA) ha dato recentemente il via libera al prodotto dopo accurate ricerche sulla componente chiave: inizialmente aveva espresso alcune perplessità, dovute al potenziale allergico del prodotto e alle sue 46 fonti proteiche presenti. Relazione FDA disponibile QUI.
Il lancio di questo prodotto ha puntato tutto sul mercato vegan ma l’azienda ha recentemente comunicato in via ufficiale che in una prima fase, ha testato lo speciale ingrediente, sui ratti: questo, secondo standard riconosciuti ma non ancora definiti da un punto di vista legislativo, rende il prodotto vegetale ma non vegan, per stessa ammissione dell’azienda stessa. Vegetale, non vegan.
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Paola Cane, consulente aziendale, esperta di compliance attività produttive e commerciali, responsabile delle ricerche e delle indagini di mercato per l’Osservatorio VEGANOK, ci racconta il suo punto di vista:
“I due concetti, vegan e vegetale, possono essere complementari ma le motivazioni che spingono ad abbracciare la scelta di vita vegana o limitarsi ad una scelta di consumi vegetali possono essere molto diverse. In questo momento, la crescita della popolazione vegan nel mondo, la maggiore visibilità mediatica e culturale della filosofia vegan possono aver inciso anche sulla sensibilizzazione di consumatori che, pur non essendo vegani, si avvicinano con interesse al mondo plant based. Questo, a mio avviso non è sufficiente per predire un aumento della popolazione vegana proporzionale alla crescita dei consumi dei prodotti vegani ma ci indica che la ricerca di prodotti rispettosi della vita e dell’ambiente sta diventando main stream e non più relegata ad una nicchia. Per comprendere il significato del termine vegan occorre ricordare che vegan non è una dieta, né un regime alimentare ma è una scelta di vita che fonda le proprie motivazioni si ragioni etiche, alla compassione e al riconoscimento dei diritti degli animali. Si tratta di bisogno diffuso che induce le aziende a sviluppare prodotti più etici e sostenibili: un circolo virtuoso a vantaggio di tutti.”
Se dal punto di vista dei consumi il claim “vegan” fornisce delle garanzie e delle informazioni aggiuntive e preziose sul prodotto plant-based, diverso è l’ambito medico scientifico dove invece è importante scindere l’aspetto etico da quello tecnico su cui si basa l’evidenza scientifica.
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Sabina Bietolini, PhD, biologa nutrizionista, membro del Comitato Ordinatore del Master 2° livello Nutrizione Vegetale, Università della Tuscia e membro del Comitato Scientifico di AssoVegan Associazione Vegani Italiani Onlus, conclude:
“È importante che nel mondo scientifico si mantenga la definizione “nutrizione 100% vegetale” anziché vegan, in quanto il termine vegan ha risvolti etici ed ecologici, che non sono di stretta competenza di un nutrizionista o di un medico. Ciò a dire che la dieta plant-based può essere seguita da chiunque, non solo da chi ha scelto vegan, alla luce degli effetti preventivi e di riduzione del rischio in diverse patologie croniche che la letteratura scientifica attribuisce a tale alimentazione. Restringere l’applicazione e la scelta di una dieta 100% vegetale solo a chi sceglie vegan sottrae opportunità di prevenzione e benessere alle persone, che non definendosi vegan, si allontanano da tale schema dietetico, a scapito della propria salute, ma anche di quella di animali e pianeta Terra. Peraltro, i professionisti non sono chiamati a prendere posizione su scelte etiche, quali sono le diete vegetariane e vegan, ma devono invece occuparsi degli aspetti medico-scientifici di una emergente scelta 100% vegetale, non potendo più ignorare il fenomeno, né risultando professionale screditarlo a priori o sconsigliarlo, considerando che le persone di scienza non dovrebbero mai esprimere il proprio parere o la propria opinione nel corso della professione.”
Abbiamo voluto esaminare il rapporto tra vegan e vegetale partendo dalla questione legata al linguaggio perché crediamo fermamente che le nostre scelte dipendano dalla capacità di poter interiorizzare in maniera consapevole le sfumature della realtà in costante cambiamento: un tipo di consapevolezza a cui si approda solo se si riesce a dare voce alle proprie esigenze e alle proprie inclinazioni. Le parole sono gli strumenti di cui disponiamo per descrivere il mondo (interiore ed esteriore). Circoscrivere i significati quindi non è solo una mera questione linguistica: non è la forma ma la sostanza. Comprendere a fondo un fenomeno, saperlo leggere, interpretarlo e farlo proprio dipende in primis dalle parole che utilizziamo per descriverlo. Con questa riflessione, vi auguriamo un buon VEGAN World Day.
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