Oggi è il #WorldMilkDay, giornata mondiale del latte istituita dalla FAO nel 2001. Abbiamo visto come i consumi di questo prodotto siano in calo a livello globale, tanto che un report stilato dal think tank indipendente RethinkX, dichiara apertamente che l’industria lattiero-casearia crollerà entro il 2030. Sempre più persone scelgono di eliminare latte e derivati dalla propria alimentazione, e il 2020 ha accelerato questo passaggio.
Esistono diversi motivi per scegliere di non consumare derivati animali; in questa giornata vogliamo condividere 3 buoni motivi per abbandonare il latte vaccino e scegliere le alternative vegetali.
Non è eticamente accettabile
Molte persone credono che il consumo di latte e latticini sia “migliore” rispetto a quello della carne, perché erroneamente pensano che non comporti lo sfruttamento e la morte degli animali coinvolti; non è così. Esattamente come in qualsiasi allevamento, gli animali vengono privati della libertà per vivere in condizioni di estremo sfruttamento, diventando vere e proprie macchine al servizio dell’uomo.
La vita media di una vacca in natura sarebbe di 20 anni, che in allevamento si riducono inevitabilmente a 4-5 anni. Nel momento in cui mantenere e sfruttare una vacca “da latte” non risulti più vantaggioso per l’allevatore, questa viene mandata al macello. Tutto questo, tenendo ovviamente conto che non esistono animali “da latte”: qualsiasi mammifero, esattamente come l’essere umano, produce latte solo dopo una gravidanza; se la gravidanza non c’è, non c’è nemmeno il latte.
Ecco allora che in questa industria sono coinvolti anche i vitelli: mentre i maschi vengono inviati al macello subito, perché ritenuti inutili nell’industria lattiero-casearia, le femmine rimpiazzano ben presto le madri nella filiera produttiva, in un ciclo continuo. Lo sfruttamento e la morte esistono anche nell’industria lattiero-casearia, e non c’è nessun motivo per considerare i prodotti di questa filiera produttiva “eticamente migliori” rispetto alla carne.
Non è sostenibile a livello ambientale
La produzione di un bicchiere di latte vaccino produce quasi tre volte le emissioni di gas serra di qualsiasi latte non caseario, secondo lo studio dell’Università di Oxford “Reducing food’s environmental impacts through producers and consumers”.
Ecco la differenza:
Il grafico mostra la differenza tra latte vaccino, latte di riso, latte di soia, latte di avena e latte di mandorla in termini di impatto ambientale su tre parametri (colonne): emissioni, utilizzo di terra e utilizzo d’acqua. Produrre un bicchiere di latte vaccino ogni giorno per un anno richiede 650 metri quadrati di terreno, l’equivalente di due campi da tennis: 10 volte di più di quanto non ne richieda la produzione di latte d’avena, che risulta essere annoverato tra i meno impattanti in assoluto. Approfondisci qui: Impatto ambientale: qual è il latte vegetale migliore?
Il latte vaccino è nemico della salute
Da sempre esiste la convinzione che il latte faccia bene. Le evidenze scientifiche più attuali, però, smontano questa convinzione in maniera chiara e puntuale. Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Erica Congiu, biologa nutrizionista Membro del Comitato Scientifico di Associazione Vegani Italiani Onlus. Ecco cosa ci ha spiegato:
Tra le credenze popolari sull’alimentazione più dure a morire, certamente il podio lo merita il latte con i suoi supposti benefici per la salute. Per secoli il latte è stato osannato come alimento “perfetto”, “indispensabile”, “benefico” e “nutriente”. E non è stato un errore. Certamente il latte è un alimento perfetto, indispensabile, benefico e nutriente, a patto che sia quello della propria specie e a patto che lo si assuma per lo scopo per cui è stato creato: soddisfare le esigenze nutrizionali del neonato fino al momento dello svezzamento. Per tali motivi il latte è un alimento altamente specie-specifico, le cui caratteristiche non cambiano solo tra le varie specie ma anche all’interno della stessa specie, a seconda delle necessità del neonato.
Va da sé che ciò che è ottimale per un vitello, non può esserlo per il cucciolo d’uomo. Il latte vaccino ha quasi il triplo delle proteine del latte umano e una quota maggiore di fattori di crescita, che giustificano la crescita rapida e repentina del vitello, che di certo non deve avvenire nel cucciolo di uomo, tantomeno nell’adulto. I bambini che bevono latte vaccino crescono in altezza più velocemente rispetto a coloro che non lo bevono (anche se poi non si registrano differenze significative una volta diventati adulti, semplicemente chi non beve latte vaccino impiega un po’ più di tempo per raggiungere l’altezza geneticamente predeterminata) (1). Il problema è che i fattori di crescita non fanno crescere solo le ossa più velocemente: possono promuovere anche la crescita di tessuti che non si vorrebbe far proliferare, come quello adiposo e tumorale. Per di più il latte vaccino al giorno d’oggi viene munto mentre le vacche sono già nuovamente incinte, quando i loro ormoni riproduttivi sono particolarmente alti (2). Questi ormoni giocano un ruolo nelle varie associazioni individuate con patologie ormoni-sensibili compresa l’acne (3), la diminuita riproduttiva maschile (4) e la pubertà precoce (2).
Le preoccupazioni riguardo al consumo di latte e rischio di tumori, in particolare alla prostata, sono emerse inizialmente in Giappone, osservando come dopo la seconda guerra mondiale l’aumentato consumo di latte,
latticini e altri prodotti di origine animale sia coinciso con un aumento di 25 volte del tasso di tumori alla prostata (5). I primi studi in vitro hanno confermato la correlazione tra consumo di latte e tumore alla prostata (6), ma solo nel 2015 è arrivata una meta- analisi che ha sancito definitivamente una correlazione tra consumo di latte e latticini e rischio di tumore alla prostata, mentre fonti vegetali di calcio non hanno alcuna influenza (7).
E riguardo ai millantati benefici per la salute delle ossa? Nessuna associazione, se non negativa. Una meta-analisi riguardante l’assunzione di latte vaccino e fratture dell’anca dimostra che non c’è alcuna protezione significativa (8). Una recente serie di studi che hanno coinvolto centinaia di migliaia di uomini e donne, seguiti per più di due decadi, hanno dimostrato che il consumo di latte potrebbe aumentare i tassi di frattura alle ossa (9).
Vedi riferimento alle fonti in fondo all’articolo.
E quindi?
Basta fare un giro in qualsiasi supermercato per rendersene conto: il mercato offre una varietà di bevande plant-based derivate da cereali, legumi, noci e semi, che fino a pochi anni fa sembrava impossibile, e che finiscono sempre più spesso anche nei carrelli dei consumatori onnivori.
Tutte queste alternative possono sostituire il latte vaccino in qualsiasi preparazione, e permettono una varietà nutrizionale che il latte vaccino da solo non può certamente soddisfare. E poi sono buonissime!
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Fonti:
1 J M O’Connell 1, M J Dibley, J Sierra, B Wallace, J S Marks, R Yip. Growth of vegetarian children: The Farm Study. Pediatrics. 1989 Sep;84(3):475-81.
2 Maruyama K, Oshima T, Ohyama K. Exposure to exogenous estrogen through intake of commercial milk produced from pregnant cows. Pediatr Int. 2010;5 (1):33–8.
3 Danby FW. Acne and milk, the diet myth, and beyond. J Am Acad Dermatol. 2005;52(2):360–2.
4 Afeiche M, Williams PL, Mendiola J, et al. Dairy food intake in relation to semen quality an reproductive hormone levels among physically active young men. Hum Reprod. 2013;28(8):2265-75.
5 Ganmaa D, Li XM, Qin LQ, Wang PY, Takeda M, Sato A. The experience of Japan as a clue to the etiology of testicular and prostatic cancers. Med Hypotheses. 2003;60(5):724–30.
6 Ganmaa D, Li XM, Wang J, Qin LQ, Wang PY, Sato A. Incidence and mortality of testicular and prostatic cancers in relation to world dietary practices. Int J Cancer. 2002;98(2):262–7.
7 Aune D, Navarro Rosenblatt DA, Chan DS, et al. Dairy products, calcium, and prostate cancer risk: a systematic review and metaanalysis of cohort studies. Am J Clin Nutr. 2015;101(1):87–117.
8 Bischoff-Ferrari HA, Dawson-Hughes B, Baron JA, et al. Milk intake and risk of hip fracture in men and women: a meta-analysis of prospective cohort studies. J Bone Miner Res. 2011;26(4):833–9.
9 Michaëlsson K, Wolk A, Langenskiöld S, et al. Milk intake and risk of mortality and fractures in women and men: cohort studies. BMJ. 2014;349:g6015.
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