Zoologia teologica

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Amare vuol dire amore per la vita, per ogni vita. Secondo l’intenzione del Creatore, ogni essere da lui creato avrebbe dovuto vivere, in seno al suo amore, in una condizione di perfetta armonia. L’offerta originaria della grazia includeva per tutti, uomini e animali, i doni dell’integrità e dell’immortalità. Il rapporto di amore con Dio era […]

Amare vuol dire amore per la vita, per ogni vita.
Secondo l’intenzione del Creatore, ogni essere da lui creato avrebbe dovuto vivere, in seno al suo amore, in una condizione di perfetta armonia.
L’offerta originaria della grazia includeva per tutti, uomini e animali, i doni dell’integrità e dell’immortalità. Il rapporto di amore con Dio era così intimo e tangibile da preservare ogni essere dalla sofferenza e dalla morte. «Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza» (Sap 1,13-14). Questa condizione, perduta a causa del peccato umano, conduce ad uno dei più grandi misteri della vita: il destino di sofferenza e di dolore degli animali e dell’intera creazione, come conseguenza del rifiuto dell’amore di Dio da parte dell’uomo.
Paolo De Benedetti definisce la sofferenza degli animali «quell’enorme problema, che non esiterei a definire come il più grande che la teologia ha da affrontare […], mistero ancora maggiore rispetto al dolore umano».
«Credo – osserva De Benedetti – che il problema della sofferenza nell’animale nel mondo post edenico, intendendo come punto di partenza il mito del paradiso terrestre, abbia questa grave inesplicabilità: le disgrazie, i mali e tutte le sventure, compresa la morte, che vengono all’uomo sono presentate come conseguenza di un peccato, mentre i mali che travolgono gli animali, non sono riconducibili a un peccato da essi commesso. Gli animali non peccano: sono innocenti». Accanto all’antico mistero della sofferenza del giusto c’è, perciò, ancora più misterioso, quello della sofferenza degli animali: gli animali, che non hanno nella loro natura la capacità della malizia, hanno seguito l’uomo nella sua rovina, e continuano a soffrire con lui e da lui. «L’uomo – specifica De Benedetti – è debitore e colpevole verso tutto il creato, perché l’ha trascinato con sé nell’infelicità e nella morte e ha procurato anche a esseri innocenti un destino indegno».
Come osserva il Catechismo degli Adulti della Chiesa Italiana, «il sistema che tiene insieme gli esseri viventi è quanto mai complesso e vulnerabile»; Dio «non ci ha consegnato una materia informe, ma un mondo già buono e bello. […] Purtroppo con il peccato [l’uomo] introduce il disordine, la “schiavitù della corruzione” (Rm 8,21). […] “Per questo è in lutto il paese e chiunque vi abita langue insieme con gli animali della terra e con gli uccelli del cielo” (Os 4,2-3)». Il pensiero cattolico sembra, però, mancare di una visione del mondo unitaria, fatica a percepire l’azione del Dio Creatore come identica all’azione del Dio in Cristo; il concetto di religione finisce per smarrirsi in un antropocentrismo che porta l’uomo ad essere quasi la controparte del creato, invece che un suo elemento. Scrive Damien: «Nel cristianesimo esiste una formidabile carenza di pensiero a questo proposito. Il cristiano ha anzi un handicap: una cultura filosofica arcaica che polarizza la sua attenzione su se stesso a spese dell’ambiente».
Ma i diritti di ogni creatura derivano dal suo esistere, dal riconoscere in essa l’atto di amore di Dio, che crea e sostiene. «Dio è presente in tutte le cose e permea della sua infinitudine ogni finitudine». Ogni creatura vivente possiede un valore intrinseco; è prossimo da rispettare e da amare.
Un discorso su Dio che prescinda dalle sue creature, e dal loro dolore, sembra, perciò, incompiuto. Al fine, quindi, di dare una maggiore dignità agli animali, una maggiore attenzione verso di loro nella catechesi, nelle predicazioni, nelle ore di religione, il 15 dicembre scorso, a Münster, alla presenza della più grande primatologa vivente, e ambasciatrice Onu, Jane Goodall, e con l’appoggio della diocesi, ha aperto i battenti l’Institut für Theologische Zoologie, ossia il primo Istituto di Zoologia Teologica, annesso alla locale Philosophisch-Theologische Hochschule, fondato e diretto dai cappuccini tedeschi Rainer Hagencord e Anton Rotzetter.
Münster, in Westfalia, è una città simbolo per la coesistenza tra cattolici e luterani. I rettori dell’Università si alternano tra fedeli di Roma e protestanti, e si collabora in buona armonia. Qui, dal 1963 al 1966, ha conseguito il dottorato Benedetto XVI, qui ha insegnato il professor Joseph Ratzinger, e solo qui, forse, si poteva aprire un nuovo istituto universitario, quello di Theologische Zoologie, di Zoologia Teologica. (solo il 40% dei tedeschi crede in Dio, ma l’80% è convinto che i loro cani e gatti abbiano un’anima). Questa nuova facoltà è ampiamente approvata dalle alte gerarchie religiose: l’arcivescovo di Amburgo Werner Thissen si è rallegrato per l’apertura del nuovo Istituto e il vescovo di Münster ne ha garantito il sostegno economico.
«Ridare dignità agli animali – afferma il fondatore Rainer Hagencord – è utile per mettere sotto una nuova luce anche noi umani. L’apice, per così dire, della Creazione, non è l’uomo, ma Il Sabbat, il settimo giorno in cui Dio si riposò. Al sesto giorno, creò l’uomo e la donna, e anche gli animali, che noi abbiamo voluto sottoporre e dominare. Ma gli animali – continua il sacerdote e professore – non hanno abbandonato il Paradiso terrestre, né si sono ribellati a Dio. L’uomo non è semplicemente caduto dal Cielo, e non è l’unico essere con un’anima».
Già un secolo e mezzo fa, Victor Hugo, esortava: «Fissa lo sguardo del tuo cane e poi vediamo se oserai affermare che questo animale non ha l’anima» e Celso scriveva: «L’universo non è stato fatto per l’uomo più che per l’aquila o per il lupo: ogni cosa fu creata non nell’interesse di qualche altra cosa, ma per contribuire all’armonia del tutto, affinché il mondo potesse risultare assolutamente perfetto».
«Nei secoli – sottolinea, quindi, Hagencord – la Chiesa ha voluto dimenticare gli animali, ma una loro nuova comprensione, porta anche a una nuova idea di Dio. Non possiamo comprendere il nostro Creatore, se non capiamo e accettiamo gli altri esseri viventi, accanto e tra gli umani».
La famosa zoologa britannica Jane Goodall, grande amica di Hagencord, rileva come gli scimpanzè siano capaci di emozioni, di sentimenti, e come abbiano un’anima e perfino uno spirito religioso. Ma non solo loro: «Guardate negli occhi un cane che muore e vergognatevi di tutta la vostra filosofia», scriveva trent’anni fa Sergio Quinzio, esegeta della Bibbia.
Hagencord è cosciente del pericolo che i suoi studi vengano fraintesi, che la facoltà sia considerata qualcosa di esoterico, e rimanga vittima dei fanatici dell’una e dell’altra parte, di quanti “umanizzano” i loro gatti e cani, e dai fondamentalisti religiosi che lo possono accusare di blasfemia. «Il nostro logo – annota Hagencord – deriva da una incisione medievale in rame che raffigura San Girolamo con un leone che poggia le sua zampe anteriori sullo scrittoio del santo. San Girolamo è il Padre e il Dottore della Chiesa che ha tradotto in latino le Sacre Scritture. Il leone potrebbe perfino rappresentare il mondo animale che al santo chiede di essere ammesso alle dispute filosofiche. Noi ci proponiamo di trasferire nella vita pratica i concetti della Bibbia ma anche di condurre nell’ambito della teologia la biologia evolutiva e del comportamento».
Attraverso una teologia della dignità degli animali ed il progetto di una zoologia teologica sarà, quindi, possibile ottenere nuove acquisizioni per quanto riguarda questioni centrali della fede cristiana (e non solo), in dialogo con le scienze naturali e con la teoria evoluzionista.
Per cui, dal punto di vista della teologia della creazione, sarà possibile rileggere un’antropologia che non veda più l’uomo come un essere ‘caduto dal cielo’, ma in un’innegabile parentela con gli animali. Sarà possibile il superamento di un antropocentrismo biblicamente insostenibile e di una visione dell’uomo quale coronamento del Creato e unico essere vivente dotato di anima. Tra gli obiettivi della nuova facoltà vi sono, inoltre, una maggiore attenzione a temi politicamente ed ecologicamente sensibili come gli allevamenti intensivi, l’esorbitante consumo di carne, la distruzione dell’ecosistema ed il degrado del cosiddetto terzo mondo. A partire da una spiritualità della creazione che prende le distanze da una pietà intesa come fedeltà immobile a enunciati di verità, si potrà realizzare una pedagogia religiosa che promuova il legame con la natura e lo spontaneo interesse dei bambini per gli animali.
Nell’ultimo giorno, quello che darà inizio ai tempi nuovi, come nel primo, quello in cui ha avuto origine la storia, il destino degli umani andrà, come è già qui sulla terra, assieme a quello degli animali. In mezzo, però, nei millenni della storia, si attua una grave dimenticanza di questa solidarietà, di questa fraternità e sororità tra uomini e animali, di questa certezza finale di un regno di uguale ospitalità, di uguale possibilità di espressione del bene di cui ciascuno è capace. L’auspicio è che questa nuova disciplina teologica possa risvegliare una nuova comprensione della dignità di ogni essere vivente, da secoli dimenticata dalla Chiesa.
1- cfr. CEI, La verità vi farà liberi, LEV, Città del Vaticano 1995, n. 374, 191, 1140, 544, 1141, 544-545.
2- P. DE BENEDETTI, Teologia degli animali, Morcelliana, Brescia 2007, 12, 31, 50. 3- P. DE BENEDETTI, E l’asina disse…, Qiqajon, Magnano (Bi) 1999, 45, 53. Scrive Enzo Bianchi: «Chi mi ha trasmesso la fede cristiana mi raccomandava di esaminarmi con attenzione, prima della confessione, anche a proposito della mancanza di carità verso gli animali», E. BIANCHI (a cura di), Uomini e animali visti dai padri della chiesa, Qiqajon, Torino 1997, 9.
4- cfr. P. DE BENEDETTI, Animali, EMI, Bologna 2007, 53.
5- M. DAMIEN, Un paradiso per gli animali. L’ animale, l’uomo e Dio, Piemme, Casale Monferrato (Al) 1994, 28.
6- J. MOLTMANN, Nella fine – l’inizio. Una piccola teologia della speranza, Queriniana, Brescia 2004, 237.
7- http://altrimondi.gazzetta.it/2010/02/theologische-zoologie-in-westf.htm
8- http://wxre.splinder.com/post/21627861
9- http://www.theologische-zoologie.de/wir_ueber_uns.html
10- http://www.avvenire.it/Cultura/Se%20il%20leone%20va%20in%20paradiso_201007210804260170000.htm

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Un commento “Zoologia teologica”

  • antispecista

    dice:

    purtroppo per me pur avendone coscenza continuo a cibarmene e ne provo profonda vergogna che , tra l’altro , non posso neanche comunicare attorniato come sono da una società di mangiatori di cadaveri .
    p.s. lo sfruttamento degli animali è una grande abominia , forse l’abominia per eccellenza, forse l’unica azione “meritevole” del termine “abominevole”

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